Vicenza
Acciaierie Valbruna
ovvero: come i padroni sfruttano la crisi
volantino diffuso dal Pdac di Vicenza
Le Acciaierie
Valbruna, circa 1.500 dipendenti in tre stabilimenti e una produzione di oltre
170.000 tonnellate di acciai speciali ad alta qualità fino ad oggi ha potuto
superare, quasi indenne, la crisi internazionale strutturale dell’economia
capitalista. Questo forse anche grazie al fatto che copre i mercati di nicchia
con prodotti ad elevata qualità.
La crisi economica
però, come la guerra, se è un momento tragico per i lavoratori e le masse
popolari, per alcuni può diventare l’occasione in cui aumentare i propri
profitti, proprio approfittando della situazione che la crisi stessa crea.
Nello stabilimento
Valbruna di Vicenza sono occupati poco meno di mille lavoratori e l’azienda,
negli ultimi mesi, ha assunto almeno una quindicina di lavoratori attraverso
un’agenzia di lavoro interinale. L’ultima assunzione risale a metà gennaio.
Nonostante queste
assunzioni, i primi di febbraio l’azienda ha contattato i componenti della Rsu
per comunicare 52 mobilità, o meglio 42 mobilità e dieci licenziamenti.
Per le 42 mobilità
si tratta di accompagnare alla pensione quanti ne sono vicini tanto che
l’azienda avrebbe comunicato la disponibilità di pagare per tre anni dodici
mensilità di 950 euro il primo anno, 800 il secondo e circa altrettanto per il
terzo anno. Tale volontà non è stata presentata come un diktat, ma cercando
l’accordo con il lavoratore.
Ad oggi, mentre
scriviamo, solo diciotto lavoratori avrebbero espresso il proprio
interessamento anche perché la perdita economica, soprattutto per i nuclei
familiari monoreddito, è considerevole dato che verrebbero a mancare, oltre a
circa un terzo dello stipendio, la tredicesima e il premio di produzione annuale.
Ma ciò che viene
introdotto qui, di fronte alla legge Fornero che dilata fino a 67 anni l’età
per la pensione, è un meccanismo che permette al padrone di liberarsi in modo
concordato, “volontariamente”, dei lavoratori più anziani, e quindi più
stanchi e meno efficienti, a favore di nuove assunzioni di lavoratori giovani
che assicurano forze fresche al lavoro, senza alcun costo aggiuntivo, anzi.
Le nuove assunzioni
infatti in caso di assunzione a tempo indeterminato di disoccupati da almeno 24
mesi, danno diritto all’azienda a uno sconto del 50% sui contributi
previdenziali e assistenziali per 36 mesi. Se poi i lavoratori vengono assunti
con contratti interinali, e di conseguenza con diritti ridotti, i costi per
l’azienda si riducono ancora. Così l’azienda, con costi ridottissimi, può
permettersi di spingere alla pensione i più anziani, sostituendoli con
lavoratori giovani.
Le complicità delle burocrazie di Cgil Cisl e Uil con i padroni.
Più difficile la
situazione per i dieci licenziamenti. A fine febbraio, la notizia, non è ancora
passata in nessun giornale o notiziario locale. Della cosa sanno solo i
lavoratori, i dieci della “squadra minuto mantenimento” (il reparto confino
all’interno dell’azienda dove sono finiti quelli che, a parere dell’azienda, non
si sono comportati “come dovevano”, e che ora, sempre secondo l’azienda,
“devono uscire”) e tutti gli altri lavoratori che sono stati informati, con
varie assemblee, da Fim Fiom e Uilm.
Pur essendo la
trattativa sindacale ancora in corso diversi elementi si sono, però, già
delineati.
Il primo: la
subalternità delle burocrazie sindacali dei sindacati concertativi che si sono
preoccupati di non disturbare l’azienda con cattiva pubblicità su quanto sta
avvenendo a danno dei lavoratori. Nessuna conferenza stampa o comunicato che renda pubblica l’intenzione ad
opporsi alle intenzioni del padrone.
Sperano,
evidentemente, di riuscire a far sì che padrone e operai trovino un accordo su
di una cifra di buona uscita per il licenziamento consensuale.
Una procedura che
ha fatto infuriare alcuni dei dieci lavoratori interessati che hanno denunciato
in assemblea come Cgil, Cisl e Uil li
abbiano venduti per quattro denari. Un sindacato che lavori per un accordo
privato tra azienda e lavoratore dimostra tutta la sua subalternità al potere
padronale e dimostra la sua inutilità e pericolosità per i lavoratori.
Inutilità perché questo lavoro sembra più quello di un legale, che cerca cioè
come nel suo ruolo, di limitare il danno; pericolosità perché i lavoratori non
hanno un’organizzazione che li difenda e che risponda a loro ma, al contrario,
chi dovrebbe essere dalla loro parte è più preoccupato di apparire ossequioso e
attento alle necessità padronali anziché a quelle dei lavoratori.
La necessità della lotta e dell’unità di classe per respingere l’attacco padronale
I lavoratori hanno
bisogno di un sindacato di lotta, un sindacato che si impegni per organizzare
una risposta adeguata, un blocco della produzione e il rigetto dell’arroganza
padronale.
Il licenziamento
non è materia contrattabile da un sindacato ed è per questo che alcuni
lavoratori delusi, in aperto contrasto con l’atteggiamento di Cgil Cisl e Uil,
stanno valutando di restituire la loro tessera sindacale.
Una occasione
improcrastinabile questa, per i lavoratori di organizzarsi, in un sindacato di
lotta.
La sezione
di Vicenza del Partito di Alternativa Comunista esprime solidarietà e vicinanza
ai lavoratori delle acciaierie Valbruna e invita i lavoratori a non retrocedere
e a non dividersi. E’ urgente la costruzione di momenti di lotta e di
coordinamento fra le varie lotte del Paese perché quello che sta accadendo in
Valbruna è una parte di un attacco generale che il padronato sta conducendo da
tempo a tutta la classe lavoratrice, un attacco che nel momento in cui è
sferrato si serve abbondantemente della complicità delle burocrazie sindacali
dei sindacati concertativi (Cisl e Uil in testa, ma anche Cgil e Fiom) e di
chi, all’interno delle fabbriche e dei posti di lavoro, accetta di vendere i
propri compagni di lavoro per qualche privilegio.