SARDEGNA: IL REFERENDUM-TRAPPOLA SCONFITTO DALL’ASTENSIONE
La risposta delle masse popolari sarde ad una contesa tra schieramenti politici borghesi
Domenica 5 ottobre in Sardegna si è tenuta una consultazione referendaria (proposta dai partiti del centro-destra) che prevedeva tre quesiti abrogativi.
- Abrogazione dell’Articolo 3 della Legge Regionale del 17 Ottobre 1997 n° 29, riguardante l’istituzione del servizio idrico integrato, individuazione e organizzazione degli ambiti territoriali ottimali in attuazione della Legge del 5 Gennaio 1994 n° 36;
- Abrogazione dell’Articolo 15 della Legge Regionale del 17 Ottobre 1997 n° 29, riguardante l’istituzione del servizio idrico integrato, individuazione e organizzazione degli ambiti territoriali ottimali in attuazione della Legge del 5 Gennaio 1994 n° 36;
- Abrogazione della Legge Regionale del 25 Novembre 2004 n° 8, riguardante le norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale.
I primi due quesiti riguardavano la stessa legge e rimandavano alla questione della gestione idrica in Sardegna. In questo caso si voleva costringere, nei fatti, a scegliere tra una gestione centralizzata ma pessima e mal condotta (quella della società “Abbanoa S.p.A.” ) e una gestione forse ancora più miope e suicida, quella “regionalizzata”, senza una programmazione credibile, nelle mani di “baroni” irresponsabili e caratterizzata da localismi egoistici. Insomma, se la gestione Abbanoa in sé è stata ed è qualcosa di assolutamente disastroso, questo non significa che la soluzione giusta sia quella di far prevalere interessi di bottega su altri interessi di bottega.
Il terzo quesito proponeva invece di abrogare la cosiddetta “legge salvacoste”, provvedimento della giunta guidata da Soru, che riguarda la speculazione edilizia nel territorio costiero dell’isola (legge che secondo le destre avrebbe paralizzato il turismo). Anche su quest’altra questione di grande importanza i promotori della consultazione avrebbero voluto obbligarci a decidere su due piedi: SI o NO!
Noi affermiamo al contrario che se si vuole una vera gestione pubblica, controllata e non mercificante dell’acqua e coste libere da speculazioni edilizie questi argomenti vadano affrontati responsabilmente, con un percorso ragionato e non improvvisato che coinvolga realmente ed in prima persona i lavoratori sardi, primi ad essere colpiti ed ingannati da una classe politica corrotta ed incapace.
Per questi motivi il Partito di Alternativa Comunista, avendo già denunciato localmente il carattere di mera lotta politico-burocratica del referendum, saluta la giusta scelta dei lavoratori e delle masse popolari sarde di boicottare la consultazione, con la contrapposizione dell’astensionismo di massa al dilettantismo dei politicanti borghesi, e invita gli stessi soggetti sociali ad unirsi per essere essi stessi protagonisti delle scelte riguardanti la Sardegna, nel loro unico interesse.
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