No Muos! Proseguire la battaglia
in una prospettiva anticapitalistica
A proposito di alcune sterili polemiche
Pdac Sicilia
La manifestazione No Muos del 9 agosto ha fatto registrare un passo avanti rispetto alla radicalizzazione della lotta, così come abbiamo già scritto in un breve commento a caldo su facebook, nel quale abbiamo parlato di “giornata storica”. Infatti, rispetto alle precedenti uscite, che si erano risolte in cortei rituali, stavolta i manifestanti hanno puntato la base americana e, per niente intimoriti dalla polizia in assetto antisommossa, hanno resistito alle cariche per poi aprirsi dei varchi nelle recinzioni. Alcune centinaia di attivisti, fra cui i nostri militanti, sono entrati all'interno della base della marina militare statunitense, e questo è un dato molto significativo, al di là del fatto che parte dei manifestanti sia restata all'esterno della base oppure sia entrata dopo avere a lungo tergiversato.
Nel nostro commento a caldo, tuttavia, abbiamo fatto notare anche altri aspetti della vicenda, che ci hanno indotto a parlare di una grande occasione sciupata. Infatti, dopo una discussione fra alcuni attivisti del movimento, riconducibili all'area “anarchica”, e la digos (discussione che qualche nostro detrattore, nell'ansia di attaccarci aprioristicamente, aveva persino negato in un primo tempo), senza che ci sia stato alcun confronto fra le forze occupanti, i manifestanti presenti nella base sono usciti fuori in massa. La nostra critica non è risultata gradita ad alcuni attivisti (alcuni dei quali, come da loro ammesso, non presenti alla manifestazione), così come a qualche gruppo dell'area anarchica o stalinista, che anziché confrontarsi politicamente si è lasciato andare a invettive nei nostri confronti.
Tralasciando gli insulti, ci limitiamo di seguito a discutere le questioni politiche emerse, come è nel nostro costume. Innanzitutto la discussione riguarda l'aspetto tattico, e da questo punto di vista ci sono due posizioni in campo: quella di chi evidentemente sostiene che non c'erano le condizioni per restare nella base (ma non spiega il perché) e quella di chi – come i nostri militanti presenti in loco e diversi altri attivisti – riteneva che invece ci potessero essere le condizioni per provare a proseguire l'azione (tanto più se si considera che non facilmente potrà capitare un'occasione analoga). Una posizione quest'ultima, ripetiamo, condivisa da parecchi compagni di diverse collocazioni politiche, nonostante qualcuno sostenga falsamente il contrario, così come chiunque può facilmente verificare (basta vedere i commenti che circolano su facebook).
E' evidente che le nostre posizioni non intendevano minimamente offendere né i niscemesi né il movimento, come qualche gruppetto denigratore in cerca di visibilità ha provato a sostenere strumentalmente. Al contrario, l'amarezza e la rabbia (che noi abbiamo espresso attraverso quel breve commento a caldo) di compagni che a un certo punto hanno constatato la ritirata collettiva dall'interno della base, in una condizione oggettiva che ritenevano favorevole data la larghissima superiorità numerica rispetto alle forze del disordine, dà la misura di quanto grande fosse la loro carica e la loro volontà di portare avanti la lotta.
Il confronto, anche duro, ci può stare fra forze che condividono il medesimo obiettivo, e cioè l'assoluta necessità di fermare il muos: quello che non ci può stare è il provare a zittire le voci discordanti con gli insulti e svincolandosi dal confronto dialettico, ergendosi a depositari del monopolio della verità e della lotta.
Al problema tattico si aggiunge poi il problema del metodo, emerso dal fatto che – come abbiamo avuto già modo di dire – la decisione di uscire dalla base americana è stata presa senza che prima ci sia stato un confronto largo e immediato fra gli attivisti presenti in quel momento nella base. In questo modo, in una circostanza decisiva, si è bypassato quel confronto democratico che contraddistingue la prassi organizzativa del movimento.
Sulle accuse nei nostri confronti da parte di gruppi stalinisti e anarchici
E' paradossale che siamo stati accusati di “opportunismo” da un gruppetto (il Pcm) che si richiama allo stalinismo (che notoriamente in quanto a opportunismo non ha bisogno di lezioni da nessuno, avendo da sempre collaborato con la borghesia nell'estinzione del conflitto sociale in ogni parte del mondo)! Visto che, da marxisti, facciamo al contrario di altri un uso preciso del linguaggio, sarebbe interessante chiedere a questi epigoni di Stalin su quale base è possibile lanciare un'accusa del genere a una forza comunista rivoluzionaria, la Lit-Quarta internazionale, che in Italia, col Pdac, come in tanti altri Paesi del mondo combatte notoriamente coi suoi militanti una guerra antisistema nelle piazze, nei movimenti e nelle organizzazioni sindacali (e che solo per fare qualche esempio negli ultimi mesi è stata alla testa delle enormi mobilitazioni popolari in Paesi come il Brasile e la Turchia).
In un comunicato sconnesso, relativamente alla manifestazione del 9 agosto, questi maostalinisti hanno scritto che nonostante le trattative di alcuni attivisti con la digos loro non avevano “nessuna intenzione di tornare indietro” (!), retromarcia che poi invece anche loro hanno fatto come tutti gli altri, e su cui non ritengono di doversi pronunciare con chiarezza. Restando al contrario nell'ambiguità, se si considera che loro stessi scrivono (confermando quanto da noi sostenuto), come le forze dell'ordine borghese fossero numericamente molto inferiori rispetto ai manifestanti al punto da “desistere”. Constatazione evidente che tuttavia il gruppetto neostalinista si sente in dovere di corroborare con un riferimento ai “giornali borghesi”.
E va aggiunto che, al contrario dei nostri militanti, che avevano fatto presente nell'immediatezza l'opportunità di restare a presidiare la base e la necessità di un confronto fra le forze presenti, purtroppo senza ottenere riscontro, non ci risulta che i maostalinisti abbiano fatto altrettanto, nonostante scrivano che non avessero intenzione di uscire! Ciliegina sulla torta, a conclusione di questo festival della confusione, la loro deduzione della perfetta riuscita della manifestazione dalla “contentezza nelle facce di tutti”!
Non crediamo ci sia molto da commentare davanti a una simile gigantesca ingenuità: non bisogna essere estremamente ferrati per comprendere come l'analisi di questi sedicenti “marxisti” risulti ben poco marxista. E' chiaro infatti a una lettura materialista, che il bilancio di un'azione politica non può essere fatto semplicemente attraverso riscontri emotivi (su una parte più o meno consistente degli attivisti e dell'opinione pubblica), ma dev'essere effettuato tenendo in considerazione il livello di avanzamento che quell'azione fa compiere alla lotta. In tal senso, ribadiamo, pur registrando dei passi avanti non si può omettere di rilevare anche ciò che a nostro avviso non ha funzionato. E questo proprio in funzione della necessità di fornire un contributo all'importantissima battaglia che si sta portando avanti tutti insieme, una battaglia che non riguarda solo i niscemesi e il popolo siciliano, ma che deve interessare chiunque.
Reazioni piccate ci sono pervenute anche dal fronte degli anarchici, evidentemente infastiditi dal nostro riferimento a qualche personaggio della loro area che, come noto, ha discusso con la digos all'interno della base. La Federazione Anarchica Siciliana, nello specifico, è uscita giorni fa con un testo ambiguo, i cui riferimenti alla questura hanno fatto storcere il naso persino a compagni che si riconoscono sinceramente nella tradizione anarchica (che notoriamente rifugge dall'approccio alle “istituzioni” borghesi). Sappiamo bene che la prassi burocratica prevede che in occasione di manifestazioni siano individuati dei referenti organizzativi: fa effetto tuttavia notare che fra tanti attivisti del movimento, questa responsabilità “istituzionale” se la sia accollata – anche se su delega - proprio un “anarchico”. Ciò avrebbe potuto anche essere un vantaggio per il movimento, qualora tale scelta avesse avuto lo scopo di escludere aprioristicamente qualsivoglia trattativa con la digos (come dovrebbe essere nello spirito anarchico).
Ma forse sono proprio i nostri “anarchici”, nonostante gli assurdi rimproveri mossi nei nostri confronti, a essere interessati prioritariamente a piantare nel movimento delle “bandierine”. Se così non fosse non si spiegherebbero, nonostante l'ostentata allergia a “partiti” e “bandiere”, i loro appelli a “spezzoni rosso-neri” in occasione ad esempio della grande manifestazione no muos del 30 marzo (si veda l'appello postato sul loro sito il giorno 11 marzo). Insomma, predicano di abbassare le bandiere e scrivono pubblicamente (nel comunicato in cui provano ad attaccarci) di partecipare alle iniziative no muos “a titolo individuale” (magari per essere formalmente in linea – alla faccia dell'anarchia! - con la carta di intenti no muos che così recita all'articolo 7) salvo poi fare appelli a “spezzoni rosso-neri”! Se le “avanguardie” sono nefaste ai movimenti, così come questi ciarlatani dell'antisistema sostengono, ci chiediamo quale effetto devastante possa avere la loro di presenza.
Dopo avere provato ad aggirare le questioni da noi poste, il testo della Fas riproponeva il solito ritornello qualunquistico (fatto proprio oggi anche dai grillini) contro i “partiti”, non distinguendo – o facendo finta di non distinguere – i partiti di sistema da un'organizzazione, la nostra, che il sistema notoriamente lo combatte in tutti i Paesi del mondo in cui è presente con le sue sezioni, dal Brasile alla Turchia, dalla Spagna all'Italia.
A giudicare dalla reazioni scomposte nei nostri confronti, deduciamo che probabilmente nell'area della sinistra “radicale” alcuni gruppi vivono con disagio lo sviluppo, da alcuni mesi anche in Sicilia, di una forza rivoluzionaria internazionalista che dice le cose per come stanno.
Un'analisi anticapitalista
Una critica che i nostri militanti hanno sempre posto al movimento no muos, anche all'interno dei comitati di base territoriali in cui operano, è l'assenza di una chiara prospettiva anticapitalista. Nella carta d'intenti del coordinamento regionale dei comitati no muos, infatti, è completamente assente il riferimento all'anticapitalismo. La battaglia contro il muos è una battaglia di proporzioni enormi, nella quale convergono la lotta alle guerre imperialiste, alla militarizzazione del territorio e alla devastazione ambientale. L'imperialismo, le guerre, il saccheggio dell'ambiente sono il naturale prodotto del sistema capitalista, motivo per cui dalla nostra prospettiva è impossibile portare avanti una battaglia contro queste piaghe senza mettere in discussione il sistema che le produce.
Un simile macroscopico errore di lettura – cioè l'eliminazione della prospettiva anticapitalista ‑ ha creato in questi mesi di lotta i paradossi che noi abbiamo chiaramente denunciato. Per esempio, la presenza all'interno del movimento no muos di personaggi riconducibili a quelle forze del centrosinistra borghese, e persino di destra, corresponsabili nelle politiche di conservazione del sistema.
In tal senso, i compagni del Pdac di Agrigento sono stati fra i promotori di una battaglia finalizzata all'inclusione dell'antifascismo nella piattaforma no muos, denunciando la presenza in diversi comitati di personaggi e forze politiche riconducibili ad ambienti di estrema destra. Rivendicazione che poi ha trovato l'approvazione della maggioranza del movimento e che ha portato all'inclusione dell'antifascismo nella carta d'intenti varata nel novembre scorso.
Abbiamo denunciato altresì la tendenza di certi settori del movimento a giocarsi la carta autonomista sbandierando lo statuto speciale della Sicilia (come se costruire il Muos in Calabria piuttosto che dalle nostre parti potesse essere accettabile), e soprattutto la propensione, diffusa all'interno del movimento, a cercare sponde istituzionali, sul Pd (principale partito di riferimento delle banche), ma anche su altre forze politiche di sistema, come ad esempio il M5s. Lo stesso M5s che, a partire da ricette neoliberiste declinate in chiave nazionalista, continua a illudere le persone rispetto alla riformabilità del sistema capitalista attraverso la semplice lotta alla “casta politica” (ma non ai poteri forti che le sta alle spalle!), sdoganando nel frattempo i neofascisti e riproducendo gli attacchi ai migranti sulla falsariga del modello leghista.
E' risaputo come il Pd (così come gli altri partiti di sistema) ha sostenuto e sostiene le politiche belliche e le missioni militari italiane all'estero, oltre alle politiche di rapina sociale verso le masse popolari. Alcuni suoi caporioni locali (ad esempio il gettonato Ferrandelli), fingendo di dimenticarlo, e forti anche della dimenticanza o disinformazione di ampi settori popolari, vogliono fare credere oggi che si oppongono al Muos di Niscemi. Nella migliore delle ipotesi – concedendo loro di essere davvero contro il Muostro e di non stare recitando – questi sindaci o deputati regionali rivelano a questo punto una doppia morale, del tipo “la guerra sì, ma non a casa mia”.
Alcuni settori delle forze di movimento, che giustamente si oppongono al Muos, sono caduti nel tranello di questi politicanti, assecondando le logiche istituzionali, al punto da meravigliarsi del dietrofront del governatore Crocetta. Retromarcia che noi avevamo previsto da tempo, non perché siamo dotati della sfera di cristallo, ma soltanto perché partiamo da un'analisi di classe della realtà. E a partire da questa prospettiva risulta chiaro che i politicanti (indipendentemente dalle momentanee collocazioni partitiche, molto sensibili al vento del trasformismo) costituiscono i terminali delle politiche capitalistiche, ovverosia stanno al loro posto col preciso compito di eseguire i diktat padronali. Questo spiega ampiamente l'apparente incoerenza di Crocetta, che – dopo le promesse da marinaio - negli ultimi tempi è arrivato addirittura ad attaccare vergognosamente il movimento no muos parlando di “infiltrazioni mafiose” all'interno di esso!
Ed è paradossale che qualche attivista aduso alle sponde istituzionali, essendo a corto di argomenti, ci abbia accusato in questi giorni di voler piantare le “bandiere” (!) nel movimento no muos, o che qualcun altro ci abbia attaccato spiegandoci che il marxismo sarebbe ormai “superato” (senza ovviamente specificare perché e da cosa).
L'assenza di una prospettiva anticapitalista, la mancata collocazione della lotta al muos nel quadro di una più ampia guerra al sistema e ai suoi apologeti (inclusi gli stessi politicanti e partiti che oggi a livello locale fanno la recita contro il muos), impedisce a nostro avviso al movimento di fare il definitivo salto di qualità (fermo restando i passi avanti compiuti, e riscontrabili ad esempio nei blocchi dei mezzi in entrata alla base messi in atto negli ultimi mesi). Respingiamo l'approccio tipicamente riformista, secondo cui, per usare una celebre espressione del suo ideatore, “lo scopo è nulla, il movimento è tutto”. Secondo noi, al contrario, il movimento dev'essere orientato a un chiaro scopo, e questo scopo è fare la guerra al sistema capitalista.
L'illusione rispetto a presunte scorciatoie, come ad esempio la delega a “rappresentanti” istituzionali, per la risoluzione delle gravissime problematiche generate dal sistema, senza mettere quest'ultimo in discussione, unitamente all'assenza reale di un raccordo concreto e duraturo con le altre lotte presenti sul territorio, rischia di condurre la lotta no muos, come è stato in passato per altri movimenti, a un vicolo cieco. Le critiche che abbiamo mosso, mai “pretestuose” e sempre declinate in maniera costruttiva, sono finalizzate proprio ad evitare quel tipo di epilogo, con le ricadute nefaste che ciò potrebbe comportare.
Proseguire la battaglia da una prospettiva anticapitalista!
In conclusione, ribadiamo che la lotta no muos non può essere portata avanti prescindendo da una prospettiva anticapitalista, che metta da parte le pratiche pacifiste così come la continua ricerca di interlocutori “istituzionali”. In contrasto al luogo comune secondo cui “l'unione fa la forza”, riteniamo che la forza sia fatta sì dall'unione, ma attorno a una piattaforma rivendicativa di tipo chiaramente anticapitalista. Altrimenti è un'unione debole ed esposta al rischio del naufragio.
In quest'ottica riteniamo indispensabile che il movimento no muos raccordi la propria azione a quella promossa sul territorio regionale e nazionale dalle altre realtà in lotta. Non è più concepibile che ogni movimento porti avanti la propria battaglia parziale e settoriale, e crediamo che le lotte al sistema siano tutte degne di essere combattute e sostenute, senza chiudersi in recinti localistici. Il recente avvicinamento al movimento no tav è stato un passo avanti ma ancora insufficiente.
A chi ci ha paradossalmente accusato di non essere sempre presenti alle iniziate no muos ci limitiamo a dire che il Pdac, nonostante abbia iniziato a svilupparsi in Sicilia solo da alcuni mesi e di conseguenza disponga ancora di esigue forze militanti, ha supportato coi suoi militanti ogni lotta presente sul territorio, perché per noi le lotte vanno sostenute tutte. Potremmo chiedere a questi movimentisti che ci hanno attaccato dove si trovavano nei mesi trascorsi quando a mobilitarsi erano gli studenti e i lavoratori della scuola, gli operai, i lavoratori della Gesip nell'autunno caldo di Palermo, i migranti (rispetto ai quali noi in prima persona abbiamo promosso iniziative di lotta in Sicilia in tempi recenti) ma non intendiamo inseguirli sul loro terreno né è nostra intenzione alimentare polemiche che per quello che ci riguarda sono già state eccessive ed è bene che vengano messe da parte. Proprio in funzione della difficile lotta che dobbiamo portare avanti insieme, contro il Muos come contro ogni altra forma di sfruttamento delle persone e dei territori portato avanti con crescente prepotenza dal padronato.
Il supporto alle altre lotte e mobilitazioni, secondo noi, va fatto attraverso un raccordo concreto e continuativo con le altre realtà in lotta. In questo senso, come Pdac, abbiamo sostenuto attivamente nei mesi trascorsi la costruzione del coordinamento delle lotte No Austerity, che costituisce il primo tentativo concreto di unificare le vertenze dal basso, secondo una logica radicalmente diversa da quella che sovente ha condotto alla creazione di contenitori calati dall'alto e autoconvocati da burocrati in cerca di visibilità (ultimo esempio in tal senso il coordinamento “No debito” di Cremaschi, supportato da alcune sigle riconducibili alla sinistra centrista, che lungi dall'essere un coordinamento delle vertenze in lotta si risolveva in un carrozzone con mire elettoralistiche, così come abbiamo spiegato in diverse nostre analisi).
Il coordinamento No Austerity strada facendo ha conosciuto un'importante crescita, con l'aggregazione – attorno a una piattaforma anticapitalista - di compagni attivi nelle più avanzate realtà di lotta presenti sul territorio italiano: vi partecipano infatti lavoratori della Jabil Nokia (che hanno portato avanti per mesi l'occupazione della fabbrica), della Esselunga di Pioltello, del San Raffaele, della Irisbus di Avellino, della Ri-Maflow, della Ferrari di Maranello, così come i lavoratori della Ikea, protagonisti della lotta più radicale sviluppatasi in Italia negli ultimi mesi, e assieme a loro diversi coordinamenti di studenti e migranti. Come Pdac ci siamo impegnati e ci impegneremo a promuovere lo sviluppo di questo coordinamento, cui invitiamo anche il movimento no muos ad aderire, contro ogni tentativo di boicottaggio promosso da burocrati dei sindacati collaborazionisti e politicanti delle forze della sinistra riformista e centrista. E ci impegneremo in ogni luogo a lavorare al raccordo delle lotte attorno a una piattaforma anticapitalista, senza mai nascondere le nostre posizioni e con la massima disponibilità a un confronto politico proficuo e sereno.
No Muos! Ora e sempre !