Partito di Alternativa Comunista

Elly Schlein: un nuovo maquillage per la solita borghesia

Elly Schlein: un nuovo maquillage per la solita borghesia

 


 

di Fabiana Stefanoni

 

Prima di commentare la vittoria di Elly Schlein alle primarie del Pd ci sembra utile partire da un vecchio proverbio: l’abito non fa il monaco. Non lo fa, aggiungiamo, soprattutto se chi lo indossa è un noto furfante che da tempo ha dato prova delle peggiori nefandezze. Nel caso del Pd ci sembra che in molti stiano prendendo degli abbagli. Davvero è lecito pensare che basti un nuovo vestito per cambiare la natura del partito che più di tutti in questi anni ha applicato con maggior ferocia, quando è stato al governo, le politiche anti-operaie dei banchieri e dei padroni? Ma procediamo con ordine e analizziamo i fatti.

 

Una nuova fase nel Pd?

Tra gli argomenti che vengono più utilizzati per incensare l’elezione di Elly Schlein c’è quello in base a cui si aprirebbe ora una «nuova fase nel Pd». Il Pd, nonostante la sua lontana provenienza da un partito operaio stalinista (il Pci, da cui sono nati i Ds che si sono poi fusi con quel che restava della Democrazia cristiana, dando appunto vita al Pd), da decenni è un partito completamente borghese. Scriviamo completamente non a caso: è forse il partito che più di tutti, quando è stato al governo, ha applicato le politiche più aggressive a vantaggio della borghesia. Basti ricordare la famigerata riforma Fornero delle pensioni ai tempi del governo Monti (una riforma molto peggiore di quella contro cui stanno lottando le lavoratrici e i lavoratori francesi) o la cosiddetta Buona scuola (che ha trasformato le scuole in aziende, introducendo quell’alternanza scuola-lavoro che ha provocato ben tre vittime tra gli studenti). Senza contare le politiche di privatizzazione, le leggi anti-sciopero (tra cui la legge 146/90, una delle peggiori nel mondo, che vieta lo sciopero prolungato nei settori considerati «essenziali» e nel pubblico impiego), le misure draconiane ai danni dei lavoratori del pubblico impiego, i decreti razzisti (dalla Turco-Napolitano ai Decreti Minniti, fino all’applicazione dei Decreti Salvini ai tempi del governo Conte2), la precarizzazione del lavoro (Pacchetto Treu), le politiche di guerra. Alcune di queste misure, sia detto di passata, sono state varate dai governi Prodi con il sostegno di Rifondazione comunista.
L’elenco delle nefandezze a firma Pd è molto lungo e non è necessario entrare nei dettagli per comprendere quanto lontano dalla classe operaia e dalle sue rivendicazioni sia questo partito. È sufficiente andare davanti a una fabbrica e parlare con le operaie e gli operai: il ricordo degli attacchi dei governi del Pd è ben vivo in molti lavoratori.
Anzi, è proprio la consapevolezza delle politiche anti-operaie del Pd che ha fatto sì che ampi settori della classe operaia abbiano riposto, errando, la loro fiducia elettorale in partiti di destra (populisti) a base piccolo-borghese: meno legati in forma diretta – proprio per la loro base piccolo-borghese - del Pd agli interessi della grande borghesia italiana, Lega, M5s e FdI hanno costruito le loro fortune elettorali mimando un’opposizione (di facciata) alle politiche di austerity a firma Pd. Se, in tema pensioni, «Quota 100» della Lega è parsa buona cosa ad ampi settori della classe lavoratrice non è certo per meriti della Lega, ma piuttosto per demeriti del Pd: dovendo scegliere tra la padella («Quota 100») e la brace (la legge Fornero), tanti operai hanno optato per la padella.
Dopo questo promemoria, arriviamo al dunque. Qual è la vera ragione di questo cambiamento al vertice? Il Pd ha perso gran parte del suo peso elettorale. Tanti suoi ex elettori, direttamente colpiti dalla crisi e dalle politiche lacrime e sangue portate avanti da quel partito, hanno smesso di votarlo. Effettivamente, il partito ha bisogno di simulare una «svolta» per recuperare voti.
Ma si tratta davvero di una «nuova fase»? Come le fasi lunari non cambiano la luna, così questo o quel portavoce non può cambiare la natura del Pd. Piuttosto – facciamo una facile previsione – presto sarà la nuova segretaria ad abbandonare le chiacchiere iniziali per meglio rappresentare la natura di classe (borghese) del Pd. Accreditare l’idea che un assassino possa diventare un filantropo solo perché cambia vestito significa alimentare illusioni pericolose, destinate a portare acqua al mulino della grande borghesia italiana.

 

Perché proprio Elly Schlein?

Ma perché ampi settori di apparato del Pd – da Boccia a Orlando, da Franceschini a Zingaretti – hanno deciso di sostenere la Schlein, con il plauso della grande borghesia (e con l’endorsement dei grandi organi di stampa e mediatici, pensiamo solo alla campagna imbastita da La7 a favore di Elly Schlein)? La risposta è semplice: Elly Schlein non solo è affidabile nella rappresentanza degli interessi borghesi, ma può fare il suo lavoro anti-operaio in modo particolarmente efficace, occultandolo sotto una veste «di sinistra».
Già in passato abbiamo scritto un articolo (1) nel quale analizzavamo l’operato di Elly Sclein ai tempi della coalizione «Coraggiosa» (prima del reingresso nel Pd): la Schlein ha partecipato con convinzione alla costruzione dell’Europa dei banchieri, facendo al massimo qualche pulce, ma senza mettere in discussione le politiche della Troika (Commissione europea, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale) e facendosi, anzi, attiva promotrice nel Parlamento europeo del Regolamento di Dublino, funzionale a cacciare gli immigrati dall’Italia al fine di distribuirli in altri Paesi. La Schlein, che oggi, dopo la tragedia di Crotone, afferma di voler «superare i trattati di Dublino», dimentica di precisare che lei stessa li ha approvati (2).
Soprattutto, la Schlein ha dato prova di affidabilità alla borghesia nostrana nei recenti anni di governo dell’Emilia Romagna, uno dei territori più ricchi del Paese, dove risiedono alcune delle più grandi e redditizie industrie - dalla Ferrari alla Lamborghini, dalla Barilla ai colossi della ceramica e della chimica (solo per fare qualche esempio) – e dove anche il capitale finanziario ha una sua collocazione strategica (si pensi a Intesa San Paolo, Credito emiliano, ecc).
Dal febbraio 2020 all’ottobre 2022 è stata vicepresidente della Regione, gestendo in prima persona le politiche borghesi: finanziamenti alla sanità privata (che ha fatto miliardi durante le fasi più acute della pandemia), massacro economico di ampi settori sociali (proletari e piccolo-borghesi) durante il cosiddetto lock down, riduzione dei finanziamenti ai centri anti-violenza, privatizzazioni del trasporto pubblico, licenziamenti di massa. Nel 2020, durante il governo della «femminista» Schlein, in Emilia Romagna si sono persi 68 mila posti di lavoro (senza contare il lavoro non contrattualizzato), di cui 52 mila donne (3). Sempre durante il suo mandato, ha regalato centinaia di migliaia di euro alle scuole private - in gran parte confessionali - dell’Emilia Romagna (un finanziamento di due milioni ripartito tra 174 istituti statali e… ben 57 scuole private paritarie!). Per non parlare, come dicevamo all’inizio, di quanto si è arricchita la sanità privata (Aoip) in questi anni di amministrazione Bonaccini-Schlein… (4)
Elly Schlein è più che fidata per i capitalisti italiani. Le sue origini familiari di cui tanto si parla – cioè il fatto di provenire da una famiglia benestante – contano ben poco: ciò che conta, per padroni e banchieri, è l’affidabilità politica della nuova segretaria del Pd.
È per questo che importanti settori della borghesia italiana hanno iniziato a puntare sulla carta Schlein: una donna in grado di intercettare con un linguaggio nuovo l’elettorato più giovane, mimando una «svolta a sinistra». Certo, il capitalismo italiano non è un monolite. Tra i suoi settori ci sono talvolta interessi contrapposti e anche il Pd non è omogeneo: ci sono al suo interno correnti differenti, ognuna delle quali rappresenta un legame, più o meno diretto, con questo o quel settore della borghesia. Qualche padrone avrebbe preferito Bonaccini, meno propenso ad assecondare, nel linguaggio, settori di movimento come il Friday for future, i collettivi femministi e lgbt+, ecc. Ma i settori più scaltri della grande borghesia nostrana sono consapevoli del fatto che solo l’illusione del «rinnovamento del Pd» potrà favorire una ripresa elettorale del partito che più di tutti è in grado di portare avanti politiche borghesi in un clima di relativa pace sociale. E per questo guardano con speranza alla nuova gestione Schlein.

 

Grande confusione a sinistra

Se i capitalisti italiani hanno le idee chiare in merito agli interessi di classe che la Schlein rappresenta – appunto i loro interessi di classe – non altrettanto chiara la faccenda risulta alle organizzazioni politiche della sinistra italiana. Una precisazione è necessaria: per sinistra non intendiamo qui quei partiti che si collocano sui seggi di sinistra nel Parlamento italiano. Lì, tra i banchi di sinistra di quello che Rosa Luxemburg efficacemente definiva il «pollaio della democrazia borghese», troviamo i principali rappresentanti dei padroni e dei banchieri. Col termine sinistra vogliamo riferirci alle organizzazioni che mantengono, almeno nel programma proclamato e nei simboli, un certo legame con il proletariato e la classe operaia (indipendentemente dal carattere riformista di quel programma). Escludiamo, quindi, dal novero della sinistra tutto il Pd.
Fatta questa precisazione, dicevamo che a sinistra c’è grande confusione sotto il cielo. Citiamo qui solo due esempi (ma diversi altri, purtroppo, se ne potrebbero fare): Rifondazione Comunista e l’organizzazione sedicente trotskista Scr.
Il segretario del Prc, Acerbo, all’indomani della vittoria della Schlein alle primarie ha emesso un comunicato dal titolo ­«Congratulazioni alla Schlein» (5), nel quale si augura che «la sua vittoria rappresenti una svolta rispetto al solito Pd neoliberista e guerrafondaio che abbiamo conosciuto dal 2008 ad oggi». Acerbo ha bisogno di qualche lezione sull’abc del marxismo: ciò che connota il carattere di classe di un partito non è la fraseologia di chi lo dirige, ma le politiche che attua concretamente nella società. Un partito, come il Pd, legato mani e piedi agli interessi delle grandi banche e del grande capitale industriale non cambia la sua natura per un’operazione di maquillage ai vertici. Che il partito che in questi anni ha gestito direttamente le politiche più feroci di attacco alla classe operaia possa cessare di essere «neoliberista e guerrafondaio» è un tema che ha più a che fare con la fantascienza che con l’analisi politica. Che settori di massa si possano illudere per un’opzione borghese non stupisce: abbiamo recentemente assistito all’illusione di ampi settori operai nei confronti della reazionaria Meloni, che ha raccolto un grande sostegno elettorale nelle fabbriche e nei quartieri poveri. Ma che siano i dirigenti dei partiti di sinistra ad alimentare questa illusione è particolarmente grave.
Come dicevamo, anche un partito che si autoproclama trotskista – salvo poi sostenere governi borghesi, come per anni ha fatto con quello venezuelano e come continua a fare con quello cubano; o salvo dichiarare la propria neutralità tra l’oppressore russo e le masse ucraine aggredite militarmente – sta alimentando questa lettura di una «Schlein riformista». In un articolo (6), uno dei principali dirigenti di Scr, Claudio Bellotti, sostiene che «Elly Schlein apre una nuova fase nella storia del Partito democratico», definendola come rappresentante di una «sinistra riformista», benché di un «riformismo timido» (sic!). Parlare di «riformismo timido» in relazione al Pd è l’espressione della mancanza totale di un’analisi di classe anche in certe organizzazioni che si auto-definiscono marxiste e «rivoluzionarie». Nel caso specifico, questo articolo di Scr conferma quello che abbiamo già scritto in altri articoli (7). Pur richiamandosi a parole al marxismo (e al trotskismo) ne dimenticano la lezione fondamentale, cioè il fatto che i marxisti, come ci hanno spiegato tutti i grandi rivoluzionari della storia, non accompagnano le masse nelle loro illusioni: al contrario, il loro compito è proprio quello di contrastare queste illusioni. Tanto più se, come in questo caso, settori di massa si illudono sulla possibilità di uno «spostamento a sinistra» del principale partito della borghesia italiana (quello «spostamento a sinistra» che, secondo Bellotti, potrebbe essere una «strada obbligata per tutta una fase»… sic!). Il povero Trotsky si rivolta nella tomba… (8).

 

L’unica «buona notizia»

C’è un’unica – se così si può dire – buona notizia nella vittoria della Schlein. È il fatto che qualsiasi rappresentante della borghesia non può fare a meno, oggi, al fine di ottenere consenso, di richiamarsi alle tematiche poste dai movimenti di massa di questi anni: ambiente, diritti delle donne, delle persone lgbt+ e degli altri settori oppressi. Le grandi mobilitazioni dei giovani a difesa dell’ambiente, delle donne contro il maschilismo, delle persone lgbt+ per una sessualità libera costringono persino le direzioni dei partiti borghesi liberali a mettere al centro della loro retorica le questioni ambientali e di genere.
Ma la «buona notizia» si ferma qui. Sappiamo bene che nessun partito borghese, per quanto diretto da una donna lgbt che rivendica le mobilitazioni del Friday for future, potrà mai dare risposte reali alle rivendicazioni di questi movimenti. Anzi, li ha già traditi nelle politiche di governo – nazionali e locali – a difesa degli interessi di classe del grande capitale.
Il «nuovo modello di sviluppo» di cui parla la Schlein è un modello capitalistico, destinato a continuare l’opera di distruzione del pianeta a cui stiamo assistendo in questi anni. Regalare miliardi di soldi pubblici alle industrie «green» - che spesso sono quelle che in passato hanno inquinato più di tutte – non servirà a cambiare le cose. L’industria automobilistica, dopo aver inquinato per decenni, si sfrega le mani al pensiero degli enormi vantaggi economici che ricaverà dai finanziamenti per la produzione di auto elettriche. Salvo poi verificare, probabilmente, tra un po’ che in un contesto capitalistico non ci sono le condizioni per una reale diffusione di questo tipo di veicolo. 
Similmente, sul tema dei diritti delle donne, delle persone lgbt+, degli immigrati, sappiamo bene che i capitalisti non hanno nessuna intenzione di rinunciare ai vantaggi economici che ricavano dallo sfruttamento dei settori oppressi della classe lavoratrice: le donne proletarie continueranno a subire violenze (e femminicidi) nelle loro case senza supporto economico e psicologico reale, le persone lgbt+ continueranno a vivere discriminazioni nei luoghi di lavoro e di studio.
Dopo la strage di Crotone si sta parlando molto della ferocia di un sistema che lascia morire in mare donne, uomini e bambini ostacolando persino i salvataggi. Il governo Meloni è un governo brutale e criminale, ma non dobbiamo dimenticare che negli scorsi anni migliaia e migliaia di immigrati sono morti nel Mar Mediterraneo all’ombra dei governi del Pd e con il beneplacito dell’Unione Europea. Quell’Unione Europea a cui la Schlein oggi si richiama promettendo una «svolta» rispetto alla gestione Minniti e alla Bossi Fini… salvo poi ribadire che il permesso di soggiorno dovrà essere «basato sul lavoro».
Solo un programma operaio e di classe potrà creare le condizioni per un reale cambiamento delle condizioni dell’ambiente, delle donne, delle persone lgbt+, delle immigrate e degli immigrati. Solo l’esproprio del grande capitale industriale e finanziario e la costruzione di un’economia collettiva – cioè socialista – potranno garantire le condizioni per una produzione rispettosa dell’ambiente, per l’indipendenza economica e la tutela delle donne e delle persone lgbt+, per una reale accoglienza di tutte e tutti gli immigrati.
Questo è il compito urgente della classe operaia, che ha bisogno di costruire una direzione rivoluzionaria e combattiva, non di alimentare illusioni sui partiti della borghesia.

 

Note

(1)www.partitodialternativacomunista.org/politica/nazionale/a-chi-giova-il-coraggio-di-elly-schlein-la-famiglia-allargata-di-zingaretti-e-dei-benetton

(2)https://www.basilicata24.it/2018/09/regolamento-dublino-la-riforma-sistema-piu-efficace-rispettoso-dei-diritti-fondamentali-dei-richiedenti-asilo-58758/

(3) https://www.dire.it/10-03-2021/610628-in-emilia-romagna-il-60-dei-posti-di-lavoro-persi-sono-di-donne/

(4)https://salute.regione.emilia-romagna.it/notizie/regione/2022/luglio/regione-emilia-romagna-e-aiop-ancora-insieme-per-il-recupero-delle-liste-d2019attesa

https://salute.regione.emilia-romagna.it/notizie/regione/2020/novembre/ce-laccordo-regione-e-sanita-privata-per-i-tamponi-rapidi-ai-dipendenti-delle-imprese-del-patto-per-il-lavoro

(5) http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=52639

(6) https://www.rivoluzione.red/la-vittoria-di-elly-schlein-e-il-futuro-del-pd/

(7) https://www.partitodialternativacomunista.org/politica/nazionale/viaggio-tra-i-partiti-comunisti-2-puntata-le-nostre-differenze-con-scr

https://www.partitodialternativacomunista.org/politica/nazionale/a-proposito-della-dittatura-capitalista-di-cuba-polemica-con-scr-imt

(8) Queste posizioni di Scr, per quanto bizzarre, in realtà non ci stupiscono. Scr, infatti, è sezione italiana della Imt, un’organizzazione internazionale che ha la sua principale sezione in Gran Bretagna (Socialist Appeal), dove ha fatto entrismo nel Labour Party – uno dei due principali partiti della ricca borghesia britannica – finché non li ha cacciati, sostenendo al suo interno la candidatura di Corbyn (e auspicando persino un governo a guida Corbyn). Va aggiunto che, se fossero coerenti con l’impostazione politica della loro organizzazione internazionale, Scr oggi in Italia, dopo la vittoria della Schlein, dovrebbe entrare nel Pd e fare lì battaglia contro la politica di «conciliazione tra le classi» (saremmo curiosi di sapere se troverebbero un barlume di classe operaia nel Pd…). Non conosciamo l’organizzazione interna della Imt, ma una discrepanza di intervento politico di tale ampiezza ci fa pensare che – come anche nel caso di altre sedicenti internazionali che si richiamano al trotskismo – prevalga un’impostazione federalista e lassa attorno a un «partito padre», in questo caso il partito britannico. Ogni sezione locale fa un po’ ciò che gli pare purché non si metta in discussione la leadership internazionale (e il suo guru?).

 

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