Partito di Alternativa Comunista

Elezioni amministrative a Roma: stalinismo e riformismo fanno rima con maschilismo

Elezioni amministrative a Roma: stalinismo e riformismo fanno rima con maschilismo

 

 

 

di Moira Aloisio e Laura Sguazzabia

 

 

 

I prossimi 10 e 11 ottobre a Roma si svolgeranno le elezioni amministrative. Il Partito comunista (stalinista) di Marco Rizzo candida Fabrizio Marchi, giornalista, direttore della testata L'Interferenza e fondatore del Movimento degli Uomini Beta, nonché strenuo difensore dei «diritti maschili», contro la «diffusione della misandria nella società».

 

Gli uomini: le vere vittime del sistema?

Marchi si presenta come l'alternativa all'ordine socio politico dominante, ma nei fatti, strizza l'occhio alla peggiore destra reazionaria e maschilista. Per capire meglio chi è Fabrizio Marchi e qual è il suo programma politico, occorre dare un'occhiata ai principi del «movimento» di cui fa parte, un coacervo di vittimismo, rancore e disprezzo nei confronti delle donne. Secondo la sua teoria, il patriarcato è morto, il femminismo avrebbe fallito il proprio obiettivo di uguaglianza e, anzi, sarebbe diventato uno degli «strumenti privilegiati del sistema socio economico che si proponeva di combattere». Le donne che, nella sua visione distorta e semplicistica, sono una categoria monolitica, avrebbero fatto proprie le logiche economiche facendosi esse stesse merce e diventando un pilastro del sistema, che riconoscerebbe loro chissà quali privilegi.
In questa delirante visione, gli uomini beta, esclusi dal potere e (sembrerebbe) anche dalle relazioni sessuali e sentimentali, non avendo alcuna forza contrattuale, sono il nuovo proletariato, unica categoria a vivere in condizioni di oppressione e subordinazione, totalmente succubi nei confronti delle donne, che sceglierebbero soltanto uomini delle classi sociali più agiate (uomini alpha).
Marchi, con articoli dal tono sprezzante e fortemente misogino, banalizza, con una abile mistificazione, le rivendicazioni dei movimenti femministi sulla parità salariale e liquida come «deformazione della realtà» i dati sul doppio carico di lavoro e sulle ripercussioni che la pandemia ha avuto sulle donne.
A leggere le affermazioni di Marchi, ovviamente non supportate da alcun dato, verrebbe da chiedersi in che mondo viva. In Italia lavora meno della metà delle donne (49%), una su 5 è costretta a lasciare il lavoro dopo la nascita del primo figlio, data la strutturale carenza di welfare, che scarica completamente sulle donne il lavoro domestico e di cura. Tra le donne sono più diffusi i contratti precari, a termine e i part time involontari. Le donne, inoltre, hanno pagato il peso maggiore durante la pandemia: il 76% del personale sanitario, che ha dovuto far fronte all'emergenza con turni di lavoro estenuanti e un altissimo livello di rischio, è femminile. Le donne costituiscono l'84% degli occupati nei settori che hanno subito maggiormente le conseguenze economiche della crisi, il turismo, il commercio, la ristorazione. Il 70% di quanti hanno perso il lavoro a causa della crisi dovuta alla pandemia sono donne. Infine, non possiamo dimenticare quanto la convivenza forzata abbia influito sull'aumento dei casi di violenza domestica.

 

Un vecchio ritornello

La candidatura di Marchi nelle liste del Partito comunista di Rizzo viene, ovviamente, presentata come un fatto innovativo, come la rottura di «un tabù, specialmente a sinistra, responsabile della diffusione della misandria nella società tutta». In realtà non c’è nulla di innovativo in questa candidatura che rimanda ad una polemica vecchia nel movimento operaio, quella dei rapporti tra uomini e donne nel capitalismo, già affrontata da Marx nella Prima Internazionale, meglio stigmatizzata dalla figlia Eleanor nel dibattito con un socialista misogino del suo tempo, Belfort Bax che, come il contemporaneo Marchi, si ergeva a paladino dei diritti degli uomini. In una lettera aperta del 1895, Eleanor Marx afferma: «Sono, ovviamente, socialista, non rappresentante dei "diritti delle donne". È la questione del sesso e la sua base economica che propongo di discutere con te. La cosiddetta questione "diritti delle donne" (che sembra essere l'unica che capisci) è un'idea borghese. Ho proposto di affrontare la questione del sesso dal punto di vista della classe lavoratrice e della lotta di classe». Ed ecco il punto centrale che sfugge allo stalinista Rizzo: l’unione della classe lavoratrice nella prospettiva di una lotta per l’abbattimento del capitalismo. Non un fatto secondario per un partito che si definisce comunista. Invece, in questa come in altre occasioni, il partito di Rizzo sollecita quanto di reazionario e maschilista c'è nella classe lavoratrice, per raccogliere consenso, ma, in questo modo, non fa altro che dividerla. Sono note, infatti, le dichiarazioni strafottenti (e spesso volgari) di Marco Rizzo sui movimenti femministi, sui temi dell’immigrazione e degli lgbt: dichiarazioni che potrebbero appartenere ad un qualsiasi destrorso, che denotano il disprezzo per la condizione di molte categorie di oppressi.

 

Solo con l’unione della classe operaia!

Negli ultimi anni, le donne, così come altre categorie doppiamente oppresse, si sono mobilitate più volte e hanno contribuito a risvegliare le coscienze di molte persone. Come marxiste e rivoluzionarie, siamo ben lontane dal femminismo borghese che si limita a rivendicare una maggiore inclusione delle donne nei posti di potere e nella produzione, attraverso l'empowerment e l'emancipazione individuale, ma non tiene conto del fatto che il sistema capitalista si nutre di disuguaglianze e dello sfruttamento delle categorie più deboli. Ma siamo state e saremo in piazza al fianco delle donne che manifestano, anche per spiegare perché ciò che propongono le direzioni di questi movimenti non rappresenta una soluzione. Siamo in prima linea nella difesa dei diritti civili così come di quelli sociali tra i quali non è possibile operare una artificiosa distinzione come se si escludessero a vicenda, perché, pur sapendo che potranno realizzarsi compiutamente solo nel socialismo, riteniamo che sia fondamentale, già oggi, unire le lotte di questi settori oppressi col movimento operaio, anche per respingere i numerosi attacchi dei reazionari. Siamo consapevoli che si tratta di una battaglia lunga e difficile perché nella classe lavoratrice - la classe a cui noi principalmente ci riferiamo per una trasformazione rivoluzionaria - sono estremamente diffusi atteggiamenti maschilisti, razzisti, omotransfobici. Ma, con pazienza, continuiamo a contrastarli per unire tutti i settori della classe, così da rafforzarla, nella consapevolezza che soltanto l'abbattimento del sistema sociale ed economico capitalista potrà portare alla liberazione da ogni forma di oppressione e sfruttamento.

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