della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale
(Gli spaccapietre di Gustave Courbet, membro della Comune di Parigi)
L'Unione Europea cala la maschera del "modello sociale europeo" e pretende di imporre ai lavoratori un passo indietro storico. La direttiva sull'orario di lavoro è stata approvata all'unanimità dai ministri del Lavoro e ora è in discussione al parlamento europeo. L'argomento che stanno utilizzando per sostenerla, così come hanno fatto con la direttiva sul Ritorno (vergognosa), è che si tratta di una norma "garantista", cioè che garantirà un tetto massimo alle ore di lavoro. Il problema è che il tetto che impone ci riporta indietro al XIX secolo, alla giornata lavorativa di 10-12 ore su 6 giorni lavorativi settimanali.
L'Oil accettò nel 1917, in conseguenza di una grande lotta operaia per le 8 ore e sotto la pressione dell'ondata di mobilitazioni che si produsse contro la carneficina della Prima guerra mondiale, il tetto massimo di 48 ore, finora vigente nell'Unione Europea. Ora, la direttiva permette di ampliare la giornata lavorativa e di arrivare da 48 a 60 ore settimanali, e perfino a 65 ore per i settori che fanno turni di guardia, come nella Sanità, se il padrone e il lavoratore raggiungono individualmente l'accordo. Questa presunta garanzia, inoltre, si applicherà solo ai contratti di durata superiore alle 10 settimane, mentre quelli di durata inferiore non avranno nessun limite orario.
Bisogna sottolineare che questa direttiva, ponendo come requisito l'accordo individuale tra il lavoratore e l'azienda, distrugge quell'altra conquista storica dei lavoratori che è la contrattazione collettiva e la stessa rappresentanza sindacale. L'accordo tra lavoratore e padrone ci fa cadere nella finzione criminale di considerare i due soggetti alla pari, come se il lavoratore individualmente potesse decidere di non accettare l'aumento della giornata lavorativa che gli viene imposto dall'azienda.
Si rivela la vera natura dell'Unione Europea
Nel momento in cui si iniziano a vedere gli effetti della crisi economica, invece di ridurre la giornata lavorativa, proibire gli straordinari, anticipare l'età pensionabile per garantire i posti di lavoro e i salari, la Ue, strumento dell'imperialismo europeo, prende la strada opposta, quella della cancellazione dei diritti dei lavoratori per garantire i profitti dei padroni.
Il trattato di Lisbona deve già fare i conti con il No nel referendum in Irlanda ma i governi non si arrischiano a nuove sconfitte come quella che in Francia e in Olanda hanno fatto fallire la Costituzione europea nel 2005. Le masse popolari europee possono vedere con sempre maggiore chiarezza che le promesse di benessere sociale che ci sono offerte nell'Unione Europea non sono altro che menzogne per mascherare il vero volto della Ue. I sondaggi rivelano che anche in Gran Bretagna la maggioranza della popolazione chiede che si realizzi un referendum e che essa voterebbe contro.
Il trattato di Lisbona, la direttiva Bolkestein (che inizia ad essere applicata con sentenze che danno ragione alle aziende che trasferiscono lavoratori di Paesi con salari più bassi), la direttiva sul Rimpatrio, che permette la detenzione senza diritti fino a 18 mesi dei lavoratori immigrati senza permesso, il "processo di Bologna" che privatizza l'educazione, sono i passi che hanno portato alla direttiva sulle 65 ore. L'approvazione di questa norma costituirà una sconfitta storica per la classe operaia europea che ha oggi ancora alcuni dei diritti conquistati con le lotte di cui è stata protagonista negli ultimi due secoli.
Coloro che promettono il progresso con il capitalismo e dichiarano la morte del socialismo, in realtà non hanno altro da offrire che un ritorno nel passato, al XIX secolo. Le giornate di lavoro interminabili, i salari da fame e la perdita delle conquiste sociali in materia di istruzione, pensioni, sanità: è quanto ci garantiscono per assicurare alle multinazionali di mantenere e aumentare i loro profitti ogni anno.
La necessità di uno sciopero generale europeo
E' sconcertante vedere come di fronte a un attacco di tale gravità i principali sindacati europei non hanno fatto altro che critiche verbali, invece di organizzare in termini immediati una risposta continentale, che non può essere altro che uno sciopero generale in tutta l'Unione Europea.
I lavoratori della Sanità, il settore più colpito dalla norma, hanno dovuto annunciare in solitudine la possibilità di uno sciopero generale del settore in tutta Europa laddove venga approvata la direttiva.