Partito di Alternativa Comunista

Resistenza palestinese e ucraina: due pesi e due misure Di Julio Anselmo

Resistenza palestinese e ucraina: due pesi e due misure

 

 

 

Di Julio Anselmo

 

 

Attualmente stiamo vivendo due grandi conflitti militari nel mondo. Una caratterizzazione accurata di ciò che sta accadendo è fondamentale per definire la posizione politica da assumere in ciascun conflitto.

 

Analogie e differenze

La guerra in Ucraina è iniziata con l'invasione delle truppe russe nel territorio ucraino. L’obiettivo è quello di garantire gli interessi politici ed economici della Russia nel dominare il Paese nel mezzo di una disputa con la Nato. Storicamente, i russi hanno sempre esercitato l’oppressione nazionale nella regione.
In Palestina c’è una situazione di guerra intermittente. Dal 1948 a oggi ci sono stati diversi episodi di guerra contro il popolo palestinese da parte dello Stato di Israele, potentemente armato dall’imperialismo. L’obiettivo di Israele è quello di assicurare, con la forza, l’espulsione dei palestinesi dalle loro terre per imporre il proprio Stato nazionale su quei territori che prima appartenevano ai palestinesi. Inoltre, è necessario mantenere un sistema di segregazione sociale e di pulizia etnica.
Quindi le differenze sono chiare e grandi. I tempi, la forma concreta di dominazione e anche il grado di conquista territoriale sono molto diversi. La Russia, negli ultimi 10 anni, ha annesso la Crimea in un processo di russificazione della regione. Israele ha iniziato con l’acquisizione di metà del territorio palestinese e ha continuato ad annettere ampie parti di quei territori che erano stati concordati come appartenenti a uno Stato palestinese in una proposta di mediazione avanzata dalle Nazioni Unite.
L’Ucraina è uno Stato costituito che si confronta con un altro Stato invasore. Mentre i palestinesi hanno una parvenza di Stato, un piccolo territorio frammentato, sotto controllo e soggetto al proprio oppressore, tanto che acqua, elettricità e internet nella Striscia di Gaza dipendono da Israele. Le condizioni di quel piccolo territorio sovraffollato sono quelle di una vera e propria prigione a cielo aperto e di un campo di concentramento.

 

L’ipocrisia dell’imperialismo statunitense

L'ipocrisia dell’imperialismo statunitense e dei suoi alleati è impressionante. La loro posizione è diversa di fronte a due conflitti che cercano di sottomettere un popolo, un’etnia o una nazionalità agli interessi di un altro, anche con l’annessione di territori.
In Ucraina, si oppongono all’invasione russa. Sanzionano la Russia e promuovono discorsi in difesa della sovranità, della democrazia e della libertà. La prova che non si preoccupano affatto della liberazione nazionale dell’Ucraina (né di nessun altro popolo) è il fatto che, di fronte a un altro episodio di liberazione nazionale, quello della Palestina, la posizione degli Stati Uniti è inversa. In Palestina, difendono l’invasione e la conquista degli israeliani.
Questo dimostra, ancora una volta, che gli Stati Uniti e gli imperialisti non agiscono in nome della democrazia e del rispetto della sovranità nazionale, ma in nome dei loro interessi economici, politici e militari. È chiaro che gli Stati Uniti hanno interesse a contenere la spinta espansionistica dell'imperialismo russo, che cerca di salvaguardare le proprie aree di influenza in Europa orientale. Così come sono preoccupati per le relazioni della Russia con l’emergente imperialismo cinese. Quindi è un bene per gli affari statunitensi se la Russia viene sconfitta in Ucraina.
In Palestina è il contrario. Gli interessi economici del capitalismo statunitense sono garantiti dallo Stato di Israele. Tanto che Biden, nel 2014, è arrivato a dire che se Israele non esistesse, gli Stati Uniti dovrebbero inventarlo.

 

Usa, Russia e Cina: nessuna difesa dell’indipendenza nazionale

Cina e Russia non sono contro Israele. In realtà, questi altri settori imperialisti che difendono la soluzione dei due Stati, considerano esagerati i bombardamenti e i massacri promossi da Israele contro i palestinesi, ma ne sostengono l’esistenza e hanno rapporti economici con quello Stato coloniale. In pratica, non muovono un dito per aiutare i palestinesi. C’è anche una continua lotta per l’influenza in tutto il Medio Oriente. La Russia ha svolto un ruolo decisivo nella guerra civile siriana a sostegno del dittatore Assad. La Cina ha appena mediato il ripristino delle relazioni tra Iran e Arabia Saudita, Paesi che hanno approfondito le loro relazioni economiche.
Gli Stati Uniti aiutano militarmente ed economicamente il governo ucraino contro l’aggressione russa, mentre un po’ più a sud sulla mappa, in Palestina, armano e finanziano il governo israeliano, che è l’agente dell’aggressione contro i palestinesi. Ma questa non è un’incoerenza dell’imperialismo nel senso che «tradirebbero la lotta di liberazione nazionale». Proprio perché non stanno difendendo alcuna liberazione nazionale, sono coerenti con ciò che li guida: i loro interessi capitalistici.
Gli Stati Uniti o la stampa mainstream capitalista mondiale non condannano la violenza della resistenza ucraina. Allora perché condannano la violenza della resistenza palestinese? Ovviamente, perché il dibattito sulla violenza o sulla pace non è fine a sé stesso, ma è definito in base agli interessi dei capitalisti.
L’imperialismo statunitense in Palestina giustifica la violenza degli oppressori come se fosse redentrice e giusta come il diritto all’autodifesa, ma condanna la violenza della resistenza palestinese come se fosse terrorismo e come se non avesse diritto all’autodifesa. Questo dimostra quanto siano falsi i discorsi dei capitalisti contro la violenza e a favore della pace. Così come è una palese menzogna la presunta necessità di «combattere il terrorismo».

 

Oppressione nazionale e resistenza popolare

Gli ucraini e i palestinesi sono popoli oppressi rispettivamente dalla Russia e da Israele (quest’ultimo con il sostegno degli Stati Uniti). Per questo motivo, sia in Ucraina che in Palestina è in atto una lotta di resistenza popolare ed eroica contro gli invasori oppressori. Se c’è una guerra, questa resistenza non può che avere un carattere militare e armato.
Ci sono settori della sinistra che sono incoerenti con ciò che dicono di difendere. Ci sono riformisti che capitolano di fronte a qualche ala imperialista in nome di un supposto pacifismo che aiuta l’oppressore.
Ma qui ci occuperemo soprattutto di quei settori di origine stalinista (o che si accodano ad essi). C’è chi pensa al mondo di oggi come se fossimo in piena Guerra Fredda, basandosi sull’errata teoria del campo borghese progressista. Ad esempio, il Cpsu (il partito comunista statunitense che costruisce la piattaforma antimperialista mondiale) difende la Russia in Ucraina come parte della difesa dell’«eredità dell’Unione Sovietica».
Ci sono altri settori che si collocano a sinistra di questa piattaforma antimperialista, come il Pcb-Rr [un partito stalinista brasiliano, che ha posizioni simili a quelle di molti gruppi stalinisti italiani, ndr] che afferma: «Se in Ucraina assistiamo allo sviluppo di una guerra in cui nessuna delle due parti ha nulla da offrire al proletariato globale, in Palestina vediamo una rivolta militare e di massa contro il colonizzatore e una difesa degli interessi del popolo palestinese, in generale, e della classe operaia palestinese, in particolare».
Riconoscono la resistenza palestinese e si schierano con essa. Ma ignorano l’esistenza di una resistenza popolare ucraina contro l’invasore russo. Di fronte all’aggressione militare, il popolo combatte con ciò che ha a disposizione. Così, in Ucraina, la resistenza è guidata dal governo capitalista, borghese e reazionario di Zelensky, mentre in Palestina è guidata dall’organizzazione conservatrice e borghese di Hamas, con l’unità di altri gruppi minori. Non consideriamo al-Fatah, perché ha seguito la strada degli accordi e della conciliazione diretta con Israele e ha provocato solo demoralizzazione e sconfitte per la lotta del popolo palestinese.
Sono gli stessi compagni del Pcb-Rr ad affermare quanto segue: «Riteniamo che la guerra in Ucraina indichi una tendenza all’aumento delle tensioni tra il blocco Usa-Ue e il blocco Russia-Cina, che “globalizza” la guerra, in quanto competono per la condivisione dei mercati e delle risorse mondiali». Ma entrambe le guerre, in Ucraina o in Palestina, si collocano all’interno di questi contesti di dispute imperialiste e capitaliste. Ciò che cambia in ogni luogo, tra le altre cose, è il settore oppressore. Nel caso ucraino, la Russia ha invaso e vuole annettere territori. Nel caso palestinese, è Israele con il sostegno degli Stati Uniti.
Così questi compagni fanno astrazione dalla realtà e dallo sviluppo reale di come è nata la guerra in Ucraina, cioè ignorano l’invasione e l’aggressione militare russa, finendo per capitolare alla teoria dei campi borghesi progressisti.

 

Resistenza e direzioni

La domanda è: perché ignorano il carattere di liberazione nazionale della resistenza ucraina? Per via del governo reazionario di Zelensky o per la presenza minoritaria di fascisti nell’esercito e nella politica ucraina? Ci sono fascisti in Russia e anche nel governo di Putin. E nel caso palestinese, la resistenza è guidata da un settore conservatore e borghese, alleato anche con la dittatura teocratica dell’Iran, con alleanze specifiche anche con settori fondamentalisti come la Jihad islamica. Sostenere la resistenza in Ucraina e in Palestina non significa sostenere politicamente né Zelensky né Hamas.
Il carattere progressista e giusto della resistenza non può essere confuso con le direzioni politiche di questi processi. Anche la base della resistenza e di questi movimenti non può essere confusa con il carattere borghese e capitalista della loro direzione. Fortunatamente, questi compagni non fanno confusione nel caso palestinese, ma commettono questo errore in Ucraina. Sostenere la resistenza è una condizione fondamentale anche per cambiare le direzioni strategiche della lotta in una prospettiva operaia, rivoluzionaria e socialista.

 

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