Sempre più difficile per Bush trovare una soluzione alla disfatta afghana
di Davide Margiotta
Il piano dei Paesi imperialisti impegnati in Afghanistan è quello di rafforzare il regime fantoccio di Karzai, cercando così di fiaccare la resistenza, animata sopratutto dall’occupazione straniera, nella speranza di alleggerire i costi militari. Per questo la riunione Nato ha individuato "la necessità di un forte impegno per rafforzare l'autonomia dell'Afghanistan in materia di sicurezza", attraverso l'addestramento delle forze locali.
Il voto in parlamento sulle missioni militari è stato a questo proposito molto chiaro: al di là della retorica pacifista di alcuni partiti di governo, tutto l’arco parlamentare si è schierato con la propria borghesia e ha votato il rinnovo delle missioni coloniali (Iraq, Afghanistan, ma anche Africa e Balcani).
Un ordine del giorno proposto dal leghista Calderoli e modificato di comune accordo per poterlo votare tutti assieme è stato accolto da entrambi i poli della borghesia. In parole povere, si tratta di un ulteriore stanziamento di guerra di 488 milioni di euro e dell'invio in Afghanistan di nuovi mezzi aerei e terrestri da combattimento e di altre tre compagnie della brigata Sassari, per far fronte all’impiego più diretto delle truppe italiane contro i resistenti.
Per il senatore “ribelle” Turigliatto, che pure ha votato contro il singolo provvedimento, nemmeno questa ennesima prova della reale natura del governo Prodi è stata sufficiente a far venir meno la sua “fiducia critica”. Poco dopo il voto è stato convocato il Consiglio supremo della difesa presieduto dal capo dello Stato Napolitano, per discutere “le modalità di attuazione dell'impegno assunto in parlamento”. Impegno che si tradurrà nella partecipazione italiana all’intensificarsi della “offensiva di primavera” della Nato, che porterà a nuovi massacri di civili e scontri più duri con le forze della resistenza.
Il fronte della resistenza è composito e non è più limitato ai soli talebani: da tempo è operativo un consiglio di guerra, esteso a diversi “signori della guerra”, che all’inizio dell’invasione appoggiavano le truppe coloniali e venivano più elegantemente chiamati “mujaheddin”. Tra i diversi gruppi troviamo il movimento di Gulbuddin Hekmatyar (vecchio amico di Washington ed ex ministro afgano), che gode di grande prestigio tra la popolazione. Anche alcune tribù pakistane, storicamente in lotta tra loro, come Wazirs e Dawar, si sono unite alla lotta di liberazione.
Questa ampia rete di alleanze ha permesso ai talebani di costituire il cosiddetto “stato islamico di Waziristan”, in territorio pakistano, dotato di una propria amministrazione, un proprio sistema giudiziario (la Sharia), poliziesco e fiscale. E’ proprio questa nuova resistenza ad aver lanciato sotto un unico comando l’offensiva di primavera.
La crescente forza degli insorti è ben misurabile dal cambio di strategia: se prima gli attacchi partivano dalle basi in Pakistan, adesso l’obiettivo è quello di consolidare delle basi in territorio afghano, forti dell’appoggio popolare, come dimostrato dal recente episodio di Khost, quando sono stati uccisi da un attacco aereo Nato tredici ribelli che avevano attaccato la sede dell'amministrazione distrettuale di Alishar. Per arginare il dilagare della resistenza, anche la Nato ha lanciato la propria offensiva di primavera iniziata, di fatto, ai primi di marzo con l’avvio dell’operazione Achille.
La popolazione locale ha manifestato in diverse occasioni contro la brutalità delle operazioni Nato, sulle quali spicca la strage compiuta il cinque marzo lungo l’autostrada che collega Tokhar con Jalalabad, quando i soldati Usa uccisero almeno sedici civili. Il loro convoglio, dicono, era stato attaccato da un attentatore suicida ma tutte le testimonianze parlano di pura e semplice rappresaglia contro malcapitati civili e di corse sull'autostrada sparando a qualsiasi cosa si muovesse. Purtroppo non esistono prove visive dell’accaduto, poiché le truppe occupanti hanno distrutto il materiale che i reporter di Associated Press avevano girato.
Le operazioni delle forze afghane del fantoccio Karzai e della Nato proseguono senza che i mass-media borghesi se ne occupino più di tanto, come vuole la censura sciovinista in tempo di guerra.
Rompere col governo di guerra!
Il primo dovere di un comunista di fronte alla guerra imperialista è lottare contro il proprio governo di guerra. Nessun sostegno al governo Prodi, seppure "critico", è ammissibile o compatibile con gli interessi dei lavoratori.