Partito di Alternativa Comunista

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Le ultime “rivelazioni” di Wikileaks 
 

 
di Claudio Mastrogiulio

Sono diversi mesi che il sito internet Wikileaks sta mettendo in ambasce le diplomazie dei più importanti Paesi industrializzati del mondo. Segnatamente con riferimento alle ultime settimane, sembra opportuna un’analisi di quello che il sito guidato da Assange ha pubblicato
 
wiky

I rapporti della diplomazia Usa
Grande scalpore hanno creato le pubblicazioni riguardanti i rapporti della diplomazia statunitense sui leader delle altre potenze mondiali. Rapporti dettagliati, su intrecci tra la sfera pubblica e privata dei capi di Stato e di governo monitorati, valutazioni sferzanti sulle loro personalità; insomma, tutto l’armamentario sufficiente per creare imbarazzo sia agli Usa che ai soggetti verso i quali è stato rivolto tale trattamento. In Italia, si è parlato molto dei file riguardanti la persona di Berlusconi; non molto si è invece specificato delle preoccupazioni statunitensi rispetto ad un accordo strategico Eni-Gazprom sulle forniture di gas e petrolio. Al di là del pettegolezzo puro, che va dalle “nottate movimentate” di Berlusconi fino alla “bionda infermiera mozzafiato” di Gheddafi, i documenti pubblicati da Wikileaks dicono alcune cose molto importanti. La prima, in ordine di importanza, è rappresentata dal desiderio degli Usa di tenere sotto controllo i propri alleati (vedi Berlusconi, Zapatero, Merkel, Sarkozy). Infatti, ed il caso italiano è paradigmatico, le preoccupazioni più forti dell’establishment statunitense sono riferite ad accordi macro-economici che possono mettere in discussione il ruolo egemone degli Usa. Il dato cui si fa riferimento è l’accordo tra Eni e Gazprom.

Cosa stabilisce l’accordo Eni-Gazprom
Con questo importantissimo accordo politico-commerciale, Eni e Gazprom hanno siglato alcuni accordi strategici sulla costruzione di South Stream e sull'ingresso del monopolio russo nei capitali di Severenerghija, un gruppo di società gas-petrolifere del nord russo, attualmente controllate in proporzione 60% e 40% da Eni e da Enel. L’aumento di capacità di trasporto del gas e del petrolio arriverà fino a punte di 64 miliardi di metri cubi; ma soprattutto, con questa costruzione il gas non dovrà più necessariamente passare per il territorio dell’Ucraina (Paese alleato Usa). Basti qui ricordare i rapporti non del tutto idilliaci che  sono intercorsi tra Russia ed Ucraina negli anni scorsi, per poter capire quanto sia strategicamente importante, agli occhi degli Usa, questo tipo di progetto. È evidente come l’egemonia mondiale Usa stia nei pensieri dell’amministrazione Obama, tanto per riaffermare ancora una volta, qualora ce ne fosse bisogno, la continuità col predecessore Bush.

Cosa “rivelano” i rapporti
Entrando nel cuore dei rapporti redatti dalla diplomazia statunitense, è possibile constatare come l’attenzione dell’amministrazione Obama (attraverso il Segretario di Stato, Hillary Clinton) non sia rivolta soltanto alla Russia come possibile antagonista sul palcoscenico delle relazioni economiche internazionali. Al contrario, il monitoraggio riguarda episodi diversissimi tra loro, non solo per la tempistica, ma anche per l’effettiva importanza del loro profondo significato strategico. Le fattispecie sono eterogenee: i dispacci delle ambasciate Usa in India, Nepal e Sri Lanka; le informative con all’interno documenti che mostrano i timori dei rappresentanti degli Stati del Golfo verso la politica nucleare dell’Iran, con annessa richiesta d’intervento rivolta da costoro agli Usa. Ritornando alla Russia, il feudo di Putin viene descritto come un vero e proprio “Stato della Mafia”, in cui i rappresentanti delle istituzioni si servono di mafiosi per poter pianificare le loro operazioni politico-commerciali; è stato inoltre rivelato che quando il vicepresidente afghano Ahmed Zia Massoud, appartenente al governo fantoccio e filo-statunitense guidato da Karzai, lo scorso anno visitò gli Emirati Arabi Uniti, le autorità locali, in accordo con gli agenti americani della Dea (Drug Enforcement Administration), scoprirono che questi si portava dietro 52 milioni di dollari in contanti; è emerso, infine, che il Dipartimento di Stato Usa, nel luglio 2009, ordinò di spiare i vertici delle Nazioni Unite, compresi il segretario generale Ban Ki-moon ed i rappresentanti in Consiglio di Sicurezza di Cina, Russia, Francia e Gran Bretagna.

Le conseguenze politiche
Questa gigantesca fuga di notizie ha dato un vero e proprio scossone alle diplomazie di tutti gli stati interessati. In Italia, in modo particolare, abbiamo assistito a veri e propri atti di isterismo del ministro degli Esteri Frattini, il quale, oltre ad invocare l’immediato arresto di Assange, ha anche esclamato che Wikileaks vuole “distruggere il  mondo”. L’imbarazzo della diplomazia Usa, dovuto ai giudizi poco lusinghieri che i propri incaricati hanno dato dei soggetti monitorati, ha costretto il Segretario di Stato Clinton a riaffermare pubblicamente la fiducia e la stima nei confronti dei vari Berlusconi, Sarkozy, Zapatero ecc. Ma indubbiamente, al di là di tatticismi diplomatici, le vere conseguenze politiche stanno nel fatto che, nel quadro di una crisi economica che li ha visti protagonisti principali, gli Usa temono una perdita della propria egemonia mondiale.  
La falla che si è aperta nel sistema di sicurezza statunitense non può certamente far pensare ad un suo effettivo indebolimento sullo scacchiere politico internazionale. Al contrario, quello che può farci comprendere è il grado di incredibile brama di dominio degli Usa nei confronti delle altre zone del globo. Ancora una volta viene dimostrato quanto davvero siano i governi statunitensi ad innescare processi politici ed economici che sembrano vederli, agli occhi dei non addetti ai lavori, come marginali comparse. È questo il caso, ad esempio, dell’Iran, verso il quale l’amministrazione Obama ha pubblicamente cercato di risolvere la spinosa questione del nucleare attraverso la diplomazia. Dai documenti pubblicati da Wikileaks emerge che diversi Stati, tra cui anche Israele (direttamente interessato dalla politica nuclearista iraniana), richiedono agli Usa di minacciare un intervento militare qualora il governo iraniano non dovesse mostrarsi accomodante verso le rivendicazioni sioniste e degli altri alleati statunitensi nella regione mediorientale.
Per chi, come la Lega Internazionale dei Lavoratori (Lit), di cui il PdAC è sezione italiana, non nutre alcuna aspettativa progressiva nei riguardi delle istituzioni dell’imperialismo internazionale, i documenti pubblicati da Wikilieaks tracciano una realtà sostanzialmente semplice da immaginare. Vale a dire quella di uno scacchiere mondiale dominato ancora dall’egemonia politico-economica-militare degli Usa, per scalfire la quale non ci sarà fuga di notizie che tenga, ma sarà necessario far acquisire una decisiva consapevolezza alle masse internazionali della non riformabilità di questo sistema sociale e delle istituzioni che lo tengono artificialmente in vita. 

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