L’autunno caldo salpa dal Tamigi
A Londra gli studenti si mobilitano
contro il governo conservatore
di Adriano Lotito
“Non è che l’inizio. Continueremo a lottare”. Queste parole ormai hanno fatto la storia. Le hanno usate e forse ne hanno abusato in parecchi da quarant’anni a questa parte.
E le stesse parole sono recentemente tornate alla ribalta, riflesse sui volti arrabbiati di quei cinquantamila studenti che una settimana fa hanno assaltato la sede del partito conservatore a Londra. Protestavano contro la riforma del governo reazionario che ha triplicato le rette universitarie, rendendo praticamente impossibile ad un giovane proveniente da una famiglia in difficoltà economiche l’accesso alla cultura e alla formazione e dunque ad entrare nel mondo lavorativo. Una riforma, quella varata dai Tory di Cameron, che va di pari passo con il licenziamento di oltre mezzo milione di dipendenti pubblici e con le politiche borghesi di tutti i Paesi occidentali, volte a scaricare la crisi dei banchieri e degli industriali sulla pelle di lavoratori e studenti. Tutto questo siamo certi che porterà ad un conflitto sociale sempre più intenso e violento, del quale la sommossa degli studenti londinesi è solo l’inizio.
Quando l’università diventa un centro commerciale
Nel dettaglio la riforma del governo di Cameron porterà l’università pubblica all’asservimento totale e indiscriminato a logiche di mercato. In Gran Bretagna vige il cosiddetto income contingent: ogni studente in pratica riceve un prestito dallo Stato con cui pagare le spese per il vitto, l’alloggio e le tasse. Alla fine del corso di laurea lo Stato richiede la restituzione di questa somma, ma perché possa avvenire la restituzione, lo studente dovrà godere di un reddito elevato e dunque di un posto di lavoro significativo Se le tasse universitarie verranno aumentate, arrivando a ben nove mila sterline l’anno, questo significa che una laurea costerà dalle 5.000 alle 50.000 sterline, che dovranno essere interamente restituite allo Stato. Insomma, una cifra esorbitante tesa ad accentuare una già presente separazione classista, una formazione elitaria strettamente collegata al mondo del marketing a cui potranno accedere soltanto i rampolli delle famiglie alto-borghesi, che avranno la strada spianata, entrando a far parte della futura classe dirigente. Tutto questo mentre la maggior parte della popolazione inglese è in forte via di proletarizzazione a causa di tagli orizzontali e di un piano di licenziamenti di massa varato con l’alibi di dover risanare il deficit. Un deficit causato dalle incredibili somme che lo Stato ha versato per salvare le banche responsabili della crisi. Nel frattempo sono stati quasi drasticamente ridotti i finanziamenti all’istruzione e alla ricerca. Come si vede, dunque, questa logica di governo prettamente aziendale non è prerogativa di specifici governi, ma accomuna l’insieme delle politiche industriali e padronali al servizio di un capitalismo sempre più in putrefazione.
Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro della rivolta
A tutto questo si sono opposti quegli studenti che hanno occupato il Millbank Tower, sede dei Tories, in una delle più grandi manifestazioni che la storia del Paese ricordi. Un Paese, la Gran Bretagna, che non ha mai goduto di un significativo patrimonio storico di lotte (a differenza della Francia) e dove, quindi, questa sommossa, data la rarità, ha un peso indicativo della situazione. Questi studenti sono inoltre pronti ad unirsi agli operai e ai dipendenti di tutti i settori del mondo del lavoro, finiti sotto la mannaia del governo padronale, consapevoli che solo un fronte di lotte unitario può realmente incidere con concretezza. E se pensiamo che, meno di un mese fa, in Francia vi erano quasi ottocento scuole superiori occupate, mentre in Italia il Movimento contro la Gelmini continua la lotta contro il ministro di viale Trastevere arrivando finanche allo scontro (com’è avvenuto lo scorso 8 ottobre a Firenze e Milano), allora possiamo ben capire come quelle tensioni, che si sono accumulate nel corso dei mesi, si stiano incanalando in una via di scontro che potrà davvero far male ai profitti dei padroni, sempre se queste lotte saranno realmente unificate ed egemonizzate da una direzione autenticamente rivoluzionaria e anticapitalista.
L’autunno caldo e il partito rivoluzionario
Sembra chiaro che i movimenti studenteschi, uniti alle lotte operaie, che stanno attraversando mezza Europa, e che sono culminati nella vera e propria guerra scatenatasi in Francia come in Inghilterra, hanno aperto la strada all’autunno 2010, un autunno che si prospetta storicamente fondamentale, data la particolare situazione socio-economica che l’Occidente sta affrontando. Ma la storia ci ha insegnato che senza una precisa guida, senza un’organizzazione radicata a livello internazionale queste lotte e questi movimenti non possono che sfumare in un nulla di fatto. Come scriveva Trotsky nel saggio Storia della rivoluzione russa: “senza un’organizzazione dirigente l’energia delle masse si volatilizza come il vapore non racchiuso in un cilindro a pistone”. E’ quindi disperatamente necessario, adesso più che mai, costruire un partito internazionale in grado di prendere le redini di questa nascente e sempre più aggressiva ribellione, per poterne fare uno strumento con cui superare un sistema che offre solo guerra, miseria e disoccupazione. Questo inizio, nato sulle rive del Tamigi, è di portata considerevole: partire da questa strada tracciata da studenti e lavoratori per innalzare il livello dello scontro nella prospettiva di un superamento radicale del sistema capitalistico in crisi, è il compito dei rivoluzionari in questa nuova fase storica che si è aperta Oltremanica.