La vittoria di Castillo e la politica della destra peruviana.
L’analisi del Pst peruviano (Lit)
a cura di Salvatore de Lorenzo
È da molti anni ormai che il Perù attraversa una fase di crisi profonda delle istituzioni, con scontri tra il potere giudiziario e quello legislativo che riflettono scontri tra diversi settori della borghesia.
Sull’onda dei processi rivoluzionari che attraversano l’America latina da oltre due anni, tra il novembre e il dicembre dello scorso anno anche il proletariato peruviano è insorto contro il sistema di potere peruviano. La ripresa delle lotte è stata la risposta delle classi subalterne alle misure del governo borghese, presieduto da Vizcarra sino al 10 novembre del 2020, che ha scaricato sulle classi subalterne gli effetti dell’aggravamento della crisi economica prodotta dalla pandemia: le politiche di Vizcarra, fedele esecutore delle direttive della Confiep, l’equivalente della Confindustria in Perù, hanno prodotto un incremento di 4 milioni del numero di disoccupati. Nel giro di pochi mesi, inoltre, 3 nuovi milioni di peruviani sono precipitati sotto la soglia di povertà. Senza imporre alcun lock-down e ricorrendo allo slogan «ognuno per sé», la borghesia peruviana e i suoi governanti si sono resi responsabili della propagazione del virus e quindi del genocidio delle masse.
Posto di fronte alle nuove misure economiche proposte dal governo Vizcarra – precarizzazione del lavoro, riduzioni salariali, aggressione ai diritti dei braccianti agricoli – il proletariato peruviano è alla fine insorto contro il congresso peruviano e dal 10 al 15 novembre in tutte le principali città del Paese. Un’avanguardia giovane e stanca delle angherie cui è sottoposta da 30 anni, cioè a partire dal regime di Fujimori, ha apertamente contestato il sistema di potere. La reazione efferata dell’apparato repressivo, che ha ammazzato diversi giovani attivisti e ferito centinaia di persone, ha però amplificato la mobilitazione di massa, costringendo l’appena eletto Merino alle dimissioni dalla presidenza e alla sua sostituzione con Sagasti il 17 novembre scorso.
Alle successive elezioni di giugno, si è imposta la figura di Pedro Castillo, leader di Perù Libre, una forza di sinistra populista che si richiama al marxismo-leninismo. Castillo, insegnante e sindacalista, figlio di contadini indigeni, ha avuto un ampio sostegno elettorale da parte del proletariato, in particolare nei quartieri più poveri del Perù e soprattutto nelle aree rurali. Nel ballottaggio con Keiko Fujimori, figlia del dittatore Alberto Fujimori, uno dei più selvaggi e cruenti presidenti peruviani nonché iniziatore del ciclo neoliberista che ha dissanguato la classe operaia peruviana, Castillo ha vinto chiaramente, con un margine di oltre cinquantamila voti. Tuttavia la Fujimori ha contestato i risultati, parlando di frodi elettorali e rimandando alla Giuria nazionale per le elezioni, l’organo superiore che si occupa di controllare i processi elettorali, la decisione di verificare nuovamente il risultato del voto. È un chiaro tentativo di screditare il risultato delle elezioni e prospettare una soluzione autoritaria contro la volontà del proletariato peruviano che ha scelto Castillo.
Ad oggi Castillo non è stato ancora nominato presidente e, dalle dichiarazioni rilasciate dai contendenti, appare evidente che siano in corso dei tentativi di accordo sottobanco tra Perù libre e le forze della destra fujimorista per garantire che la borghesia peruviana possa continuare indisturbata nella sua opera di rapina ai danni delle classi subalterne. Difatti, dopo aver inizialmente conquistato i settori di massa con un programma nazionalista antimperialista, in particolare con la proposta dell’esproprio con indennizzo delle miniere, delle compagnie del gas, del petrolio e dell’energia, la natura riformista e demagogica del progetto di Perù libre è difatti venuta immediatamente allo scoperto quando, durante il riconteggio dei voti, Castillo ha rassicurato la borghesia peruviana ed imperialista, affermando che non nazionalizzerà le imprese private.
La natura politica di Castillo e di Perù libre, dunque, può essere ricondotta nel quadro delle organizzazioni pseudo-nazionaliste borghesi, che dapprima illudono le classi subalterne proponendo loro una prospettiva antimperialista e misure di giustizia sociale, per poi venire a patti con la borghesia filo-imperialista dei Paesi dell’America latina, come accaduto già con Chavez, Maduro e Morales, solo per citare gli episodi più recenti.
Tuttavia riteniamo che il tentativo della destra liberista, rappresentata dalla figlia di Fujimori, di disconoscere l’esito elettorale che ha visto la classe operaia e contadina votare massicciamente a favore di Castillo, rappresenti una aperta violazione della volontà espressa dal popolo peruviano, e che questo tentativo autoritario vada contrastato con la lotta e la mobilitazione delle masse. È importante al contempo porre in guardia il proletariato peruviano spiegando che nessun governo di sinistra, nel quadro dell’attuale assetto borghese, può realmente affrontare e risolvere i problemi materiali delle classi subalterne peruviane. Pensiamo quindi che sia necessario che il popolo peruviano approfondisca il processo rivoluzionario iniziato nel novembre dello scorso anno. È solo attraverso un percorso assembleare e la mobilitazione sui luoghi di lavoro che sarà possibile costruire quegli organismi di democrazia operaia e di autodifesa dalle milizie borghesi a partire dai quali si potrà realmente porre la questione dell’espropriazione della borghesia peruviana filo-imperialista e fornire le risposte concrete ai bisogni del proletariato peruviano.
Riportiamo di seguito il comunicato dei compagni del Pst, sezione peruviana della Lit-Quarta Internazionale.
Perù. In difesa della volontà popolare espressa alle urne
PST Perù
Rispondere con la più ampia mobilitazione del popolo lavoratore agli attacchi del fujimorismo e dell'ultradestra e ai loro tentativi di usurpare la volontà del popolo!
A questo punto, più di una settimana dopo le votazioni del secondo turno delle elezioni generali del 2021, la Giuria Nazionale delle Elezioni (Jne) non ha ancora proclamato un vincitore, nonostante il fatto che il conteggio dei voti abbia dimostrato che la volontà della maggioranza degli elettori sia stata quella di portare Pedro Castillo al Palazzo del Governo.
Questo è dovuto alle manovre messe in atto dal team di avvocati di Fuerza Popular e di Keiko Fujimori, che sta cercando di annullare arbitrariamente 802 schede di conteggio (200.000 voti) nonostante il fatto che solo 155 di queste siano state presentate alla giuria speciale entro il termine stabilito. La maggior parte di queste schede di conteggio proviene da quella parte del Paese ostile alla Fujimori, e la sua denuncia è un'offesa non solo della volontà popolare, ma anche della dignità delle persone discriminate a causa del loro cognome, della loro abilità di scrittura, ecc.
Il piano dell'ultradestra e del fujimorismo è di trasformare in un conflitto quella che è stata una chiara espressione dell'elettorato nazionale a favore del candidato Pedro Castillo. Oggi, stanno ignorando il conteggio dei voti effettuato dall'Onpe, che dà a Castillo un vantaggio di 50.000 voti, ma poi ignoreranno qualsiasi decisione delle giurie speciali che non li favorisca. Hanno cercato di manipolare il Jne prolungando illegalmente le scadenze, senza successo, e infine ignoreranno le decisioni del Jne se quest'ultimo non è d'accordo con essi.
La scommessa dell'ultradestra è quella di dilatare il conflitto facendo pressione per un risultato che ignori l’esito elettorale, e a tale scopo stanno promuovendo mobilitazioni reazionarie e attacchi a chiunque non sia favorevole al furto delle elezioni.
Cosa dovrebbero fare i lavoratori del Paese di fronte a questo attacco? È necessario difendere, attraverso la mobilitazione, attraverso l'azione diretta delle organizzazioni operaie e popolari, la volontà popolare espressa alle urne, di fronte all'attacco reazionario di Fujimori e compagnia.
Non possiamo continuare ad «aspettare i risultati in modo vigile», come chiedono Castillo, la direzione della Cgtp (Confederazione generale del lavoro del Perù, ndt) e i loro alleati politici. È urgente che la popolazione povera e operaia che ha votato per Castillo si sollevi in tutte le parti del Paese, scenda nelle strade e nelle città ed esiga la sua immediata proclamazione. Soprattutto in questa fase in cui i grandi mezzi di comunicazione nelle mani dei padroni stanno affermando che la Giuria Nazionale delle Elezioni potrebbe impiegare fino a tre settimane per proclamare un vincitore.
Questo è quanto dobbiamo portare nella discussione, attraverso le assemblee nelle fabbriche, nelle miniere, nei centri di lavoro e nei luoghi di studio di tutto il Paese. Dobbiamo organizzare dalla base la lotta in difesa della volontà popolare, sollevando inoltre tutte quelle necessità urgenti che gravano su di noi: vaccinazione massiccia casa per casa, un numero più alto di impianti di ossigeno e di posti letto di terapia intensiva, l’assunzione e la nomina di personale specializzato nelle emergenze, l’abrogazione della «sospensione» del lavoro (cioè del salario, ndt) e il divieto di licenziamenti collettivi, l’aumento generale di salari, degli stipendi e delle pensioni, soluzione delle liste di richieste, cibo e medicine per le masse popolari, ecc.
E ancora: esigere l'espropriazione dei beni e dei conti di Keiko Fujimori e la galera per la sua organizzazione criminale, che oggi, peraltro, si sta sollevando contro la volontà del popolo.
Noi lavoratori sappiamo che senza lotte non ci sono vittorie. Mettendosi alla testa della mobilitazione democratica del popolo, la classe operaia mostrerà la sua capacità di guidare anche le lotte future, che non possono aspettare il 28 luglio.