Dopo il terribile terremoto del 12 gennaio 2010, che ha colpito Haiti, si sono moltiplicate in Italia serate, cene, spettacoli teatrali, iniziative le più disparate per raccogliere fondi per la popolazione. In questi giorni si parla di più di 200 mila vittime e dati ufficiali stimano che la tragedia abbia coinvolto più di tre milioni di persone. Non c’è da meravigliarsi che qualsiasi campagna di solidarietà a favore del popolo haitiano incontri, giustamente, commozione e generosità.
La Lit - Quarta Internazionale (di cui il Pdac è sezione italiana) lanciò allora una campagna internazionale "contro tutte le occupazioni dell’imperialismo, dall’ Irak ad Haiti, perché un’occupazione imperialista è la stessa, benché ad Haiti si mascheri dietro i caschi azzurri”.
Haiti fu la prima colonia latino-americana che conquistò l’indipendenza e l’abolizione della schiavitù, nel 1804. Tutta la sua storia ci parla di un popolo fiero e generoso che pagò con dure repressioni la sua vocazione alla libertà. Ora la stessa politica e i medesimi interessi economici che hanno causato la sofferenza e la miseria di questo popolo si candida a risollevare le sorti e come segno di aiuto e solidarietà invia subito 10 mila marines (governo Obama), bombe di gas lacrimogeno sfollagente che serviranno nelle prossime probabili manifestazioni (governo Lula), portaerei Cavour, carabinieri e elicotteri (governo Berlusconi) per, come ha dichiarato il ministro Frattini, “garantire l’ordine pubblico e cooperare con gli Stati Uniti”.
Mentre in Italia Guido Bertolaso, capo della Protezione Civile, prima dello scandalo che lo vede in questi giorni coinvolto, si è imprudentemente abbandonato a dichiarare che “la mancanza di coordinamento delle organizzazioni internazionali sta lasciando migliaia di haitiani abbandonati a sé stessi”, il generale brasiliano Jorge Armando Félix, ministro della Sicurezza istituzionale della Presidenza della Repubblica, ha detto chiaramente che le forze dell’Onu ad Haiti "non hanno carattere umanitario, ma di sicurezza, e non possono deviare da questa missione" e il ministro della Difesa Celso Jobim ha ammesso che "per la mancanza di acqua, di alimenti e di combustibile la gente comincerà a essere più indignata" e ha aggiunto che l’occupazione militare dovrà essere protratta "per almeno altri cinque anni".
Per i lavoratori e le masse popolari di Haiti è importante l’appello alla solidarietà di Bataye Ouvriye, la più grande organizzazione politico-sindacale haitiana, da anni impegnata contro l'occupazione militare dei Caschi Blu dell'Onu che denuncia come “le forze imperialiste approfittano dell’aiuto che somministrano per rendere più pesante, in maniera sfrontata, la loro dominazione” e lancia un “APPELLO ALLA SOLIDARIETA’ a tutti gli operai, lavoratori e progressisti conseguenti del mondo intero, per cercare di aiutarci ad uscire da questo terribile momento e per far fronte in modo strutturato all’altro genere di catastrofe che ci attende: il futuro dominio imperialistico che, in raccordo con le classi dominanti locali e il loro stato reazionario, assume già forme estreme”.
Conlutas, sindacato di base brasiliano, una delle principali realtà di lotta dell'America Latina, ha promosso una grande campagna per la raccolta di fondi per Haiti: fondi che verranno consegnati direttamente da una delegazione di Conlutas a Batay Ouvriye.
La campagna di Conlutas è stata appoggiata e rilanciata a livello internazionale dalla Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale, che ha in Brasile la sua principale sezione, il Pstu di Zé Maria (da sempre all'opposizione di sinistra a Lula). In Italia la campagna è sostenuta dal Partito di Alternativa Comunista (Pdac), sezione italiana della Lit. Il Pdac si sta rivolgendo alle organizzazioni politiche e sindacali, alla stampa della sinistra, ai centri sociali, ai movimenti di base, ai singoli compagni che vogliono dare un aiuto alle masse popolari haitiane in forma indipendente dall'imperialismo e dalle sue organizzazioni "umanitarie".
E’ il momento che tutti noi, lavoratrici e lavoratori italiani, che stiamo pagando con l’ abbassamento dei diritti, la precarietà e i licenziamenti, la crisi economica del capitalismo, ci attiviamo in ogni modo per fare arrivare la nostra concreta solidarietà ai nostri fratelli haitiani, in piena autonomia, sottraendoci all’inganno del “buonismo” di associazioni e partiti che con una mano finanziano la costruzione dell’ospedale, della strada, della scuola, e con l’altra finanziano le “guerre umanitarie” e le “ronde per l’ordine pubblico e la sicurezza”.