
L'annuncio del governo relativo all’aumento della tassa sul carburante è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso della rabbia popolare. È stata la miccia di una protesta esplosiva spontanea, diffusasi in tutto il Paese e sostenuta massicciamente dalla popolazione. Ciò che è iniziato come una ribellione contro l'aumento della tassa sul carburante, ha portato a un'escalation di lotte e manifestazioni radicalizzate e brutalmente represse, e prodotto una lunga lista di rivendicazioni.
I gillet gialli sono profondamente diffidenti nei confronti del quadro istituzionale della Vª Repubblica. Non si fidano dei partiti politici che hanno loro mentito più e più volte dicendo che l’alternativa è solo quella di votarli alle prossime elezioni. Non si sentono rappresentati dalla burocrazia sindacale, che nelle ultime decadi si è dedicata a rompere la lotta del movimento operaio, rendendosi complice degli attacchi neoliberali contro i diritti sociali e del lavoro. Il movimento dei gillet gialli mostra la crisi e l’usura dei meccanismi di dominio della democrazia borghese.
I gillet gialli non hanno aspettato che si svolgessero le elezioni per iniziare la battaglia e non hanno esitato ad assumere risolutamente i metodi dell'azione diretta, contro i metodi disfattisti della burocrazia sindacale e la sottomissione alle istituzioni. Hanno resistito alla violenza della polizia, surclassando nettamente il suo apparato durante due fine settimana persino nel centro di Parigi.
Le concessioni, sebbene parziali e alcune persino ingannevoli (come l'aumento di 100 euro del salario minimo) hanno distrutto l'immagine di onnipotenza del potere e hanno dato ulteriore fiducia al movimento, che ha così constatato che "la lotta paga". I gillet gialli hanno ottenuto in un mese ciò che la mobilitazione controllata dalla burocrazia sindacale non ha saputo ottenere in anni.
Questa è una delle lezioni importanti della lotta degli sfruttati e degli oppressi: se la lotta è ferma, coerente e massiccia, se si basa sulla volontà della base e non è manipolata o disarmata dalla burocrazia, i lavoratori vincono e "la lotta paga".
La burocrazia sindacale è stata (in parallelo alla brutalità della polizia) il principale muro di difesa del potere borghese prima del movimento dei gillet gialli. Per quanto riguarda il gruppo dirigente di “La France Insoumise” (molti dei cui militanti partecipano al movimento) limita il suo orizzonte al quadro istituzionale parlamentare e il suo obiettivo finale non va al di là del tentativo di capitalizzare elettoralmente la mobilitazione.
Non deve risultare strano che in queste circostanze, nelle loro aspirazioni per un cambiamento radicale, i gillet gialli abbiano rivendicato, con lo spirito dei "sanculotti", la grande rivoluzione francese del 1789-94 e non abbiano invece issato la bandiera rossa e cantato L'Internazionale, ma abbiano sventolato la bandiera tricolore e cantato la Marsigliese (simboli che l'imperialismo francese ha così spesso immerso nel sangue degli operai e dei popoli colonizzati).
Quando Macron si è trovato in crisi, le burocrazie sindacali hanno accolto la sua richiesta di soccorso, presentandosi a pretesi “negoziati” alle spalle del movimento e sottoscrivendo il 6 dicembre un indecente comunicato intersindacale nel quale legittimavano Macron, avallando la selvaggia repressione governativa e denunciando la legittima violenza difensiva dei gilet gialli. Più tardi, la direzione confederale della Cgt ha convocato una “giornata di lotta”, ovviamente senza sciopero, per il 14 dicembre, contrapposta alla convocazione dei gilet gialli per il giorno successivo. La giornata è stata, come c’era da aspettarsi, un completo disastro ma la direzione del sindacato ha manifestato chiaramente una volta ancora la sua opposizione ai gilet gialli.
La infame politica di tradimento delle burocrazie sindacali ha provocato un forte ripudio e una forte resistenza nella base e in differenti settori della Cgt che hanno chiamato all'unione con i gilet gialli. E’giunta l’ora di ricostruire su nuove basi il movimento sindacale francese, appoggiandosi su questi settori della Cgt, su una maggioranza di Solidaires (che ha rifiutato di firmare il miserabile comunicato intersindacale del 6 dicembre e infine ha chiamato a partecipare all’ “atto VI” del 15 dicembre) e sulla opposizione sorta negli altri sindacati.
Il Rassemblement National di Marine Le Pen, ovviamente, cerca di influire sul movimento, e al tempo stesso di incanalarlo (ha boicottato per esempio l’ “Atto V” del 15 dicembre), con l’obiettivo di capitalizzarlo elettoralmente. E’ una battaglia in corso che deve essere combattuta e i cui risultati dipenderanno dall' influenza che riusciranno a avere i settori del movimento operaio e giovanile che si uniranno alla lotta.
La confluenza con gli operai delle fabbriche e altri settori del movimento operaio organizzato e la gioventù dei licei e delle università, se avanza, obbligherà a fare nuovi passi nella organizzazione democratica di coloro che si uniranno alla lotta e nel coordinamento della lotta comune.
Le conquiste economiche e sociali possono essere solo parziali ed effimere se non si espropriano le banche e le grandi imprese, se non si pongono sotto controllo del popolo lavoratore e se non comincia una pianficazione democratica della economia. Appare anche chiaro che nessuna rivendicazione sostanziale potrà ottenersi senza prima cacciare Macron. E tutto ciò ci porta al problema politico. La soluzione sta in nuove elezioni nell’ambito della V Repubblica per eleggere un altro presidente al posto di Macron? Cosa e chi poniamo al posto di Macron e dei suoi? Come possiamo garantire che siano la classe operaia e le masse lavoratrici a controllare le redini del potere e che si avanzi in modo fermo nel compiere le rivendicazioni?
Ma dobbiamo essere coscienti del fatto che il RIC, nell’ambito della V Repubblica e delle istituzioni borghesi, non è garanzia di imposizione della volontà popolare, come dimostrano i casi di referendum svoltisi in Svizzera e Italia, poichè il potere continua a essere nelle mani del capitale finanziario, degli apparati dello Stato e dei gestori politici al suo servizio. Ora, inoltre, esiste il rischio che Macron e il governo utilizzino l’inganno di “negoziati” sul RIC (già suggeriti dal ministro Bruno Le Maire) per eliminare la rivendicazione “Fuori Macron” e dividere e neutralizzare il movimento.
Avanzare nella organizzazione e nel coordinamento democratico del movimento dei gilet gialli così come nella sua confluenza con gli operai delle fabbriche e altri settori sindacalizzati e la gioventù scolarizzata, non solo è necessario per far cadere Macron ma anche per creare le basi di un nuovo potere veramente democratico e popolare.
Abbiamo segnalato prima il ruolo della burocrazia sindacale come il principale muro di contenimento contro il movimento dei gilet gialli e abbiamo anche menzionato il ruolo die La France Insoumise, che non offre una alternativa reale perché non chiama la base sindacale alla rivolta contro la burocrazia, non mette in questione le istituzioni borghesi, non pretende di espropriare il grande capitale né di rompere con la Europa del capitale (la Ue e l’euro).
Per quanto poi riguarda buona parte della estrema sinistra francese, all'inizio ha rifiuitato il motivmento, avanzando sospetti sul fatto che fosse manipolato dalla estrema destra (per esempio questa è stata la posizione ufficiale di Npa, sebbene non quella dei suoi portavoce Poutou e Besancenot che manifestarono la propria simpatia). In seguito, in generale, si è mantenuta a distanza, in un misto di adattamento al quadro della sinistra ufficiale e di arroganza intellettuale. Secondo noi, se qualcuno ha difeso dall’inizio in forma coerente una posizione rivoluzionaria in Francia è stata invece la Tendenza Claire del Npa.
Ma i gilet gialli si sono levati e hanno messo alle corde il presidente dei ricchi. Hanno fatto retrocedere Macron, che si vantava che mai avrebbe ceduto alle pressioni della strada. A un anno e mezzo dalla sua elezione, la grande speranza del capitalismo francese ed europeo, Macron, ha dovuto cedere ed è stato duramente colpito e delegittimato. E con lui la V Repubblica. La posizione centrale della Francia fa si che il movimento dei gilet gialli abbia un impatto forte sulla crisi della Ue, stimolando il movimento operaio e popolare del continente alla lotta di massa e alla azione diretta.
Per vincere è allora necessario mettere in marcia un piano di azione congiunta tra i gilet gialli, i settori sindacali combattivi che li appoggiano e la gioventù studentesca. Un piano che andando oltre gli “atti” del sabato, definisca una piattaforma con le rivendicazioni più sentite e organizzi un piano di mobilitazione con scioperi, manifestazioni di massa e blocchi, fino a cacciare Macron.
In queste prime settimane e mesi del 2019 vedremo come riusciremo ad avanzare in questo cammino: se il movimento riesce ad autodifendersi dalla repressione, se evita gli inganni di Macron e del suo governo e i tentativi di istituzionalizzarlo, se riesce ad avanzare nella sua organizzazione e nel suo programma, se procede la confluenza con gli operai delle fabbriche, i settori del movimento operaio organizzato e la gioventù studentesca, la quale ultima ha annunciato mobilitazioni al ripartire dei corsi. Vedremo se, nel calore di questa battaglia, si configurerà un embrione di direzione rivoluzionaria e una alternativa sindacale alla burocrazia.
Da parte nostra, diffonderemo e appoggeremo nei nostri Paesi la lotta dei gilet gialli, perché il suo trionfo è anche il trionfo della classe operaia e delle masse popolari d’Europa, il nostro.
(3 gennaio 2019)
Corriente Roja (sezione della Lit - QI nello Stato spagnolo)
Pdac (sezione della Lit - QI in Italia)
Em Luta (sezione della Lit - QI in Portogallo)
Ligue Communiste des Travailleurs (sezione della Lit - QI in Belgio)
International Socialist League (sezione della Lit - QI in Gran Bretagna)