Francia: Macron non riesce a contenere l’esplosione sociale
di Florence Oppen
Martedì 28 marzo ha avuto luogo una oceanica giornata di mobilitazione in Francia, che non chiedeva solo il ritiro della controriforma delle pensioni: univa le rivendicazioni di diversi settori sociali colpiti dalla crisi e dagli attacchi del governo di Macron. Si stima che in questa giornata siano scese in piazza 750.000 persone, con concentramenti in più di 80 località del Paese e nel pieno di scioperi prolungati, come quelli dei lavoratori petroliferi e della nettezza urbana.
Una mobilitazione di massa esplosiva e storica
La Francia vive una nuova ondata di mobilitazioni che nasce dalla lotta per respingere la controriforma delle pensioni e che molti paragonano alla lotta nel 2006 contro il Cpe (1) che sconfisse il governo Villepin durante la presidenza di Chirac, o anche con il Maggio Sessantotto. Da subito le mobilitazioni dirette dall’Intersindacale (Cgt, Cfdt, Fo, Sud, Cftc) hanno portato in piazza milioni di persone. Nella prima giornata di lotta del 19 gennaio scesero in piazza tra 1 e 2 milioni di manifestanti, nella seconda del 31 gennaio tra 1,3 e 2,8 milioni. I cortei del martedì e del giovedì, a volte del sabato, sono continuati per tutto il mese di febbraio e all’inizio di marzo, ma in maniera discontinua e senza un piano di lotta per costruire uno sciopero generale prolungato, il che ha portato a una piccola riduzione nella partecipazione, seppure abbiano continuato a essere forti e significativi.
Ciononostante, la mobilitazione è diventata di massa e si è radicalizzata a partire da venerdì 17 marzo, a causa del ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione che permette di applicare una legge senza passare dal voto parlamentare. Il governo di Macron già stava governando a colpi di 49.3 in maniera sempre più autoritaria. Al governo Borne mancavano due o tre voti per approvare la controriforma a maggioranza nel parlamento. L’imposizione della riforma con un decreto è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e ha trasformato una lotta sociale in ascesa in una lotta politica contro il governo di Macron per i suoi metodi verticisti e autoritari di governo. In risposta all’uso del 49.3 ci sono state proteste spontanee in decine di città francesi quella stessa notte. Durante il fine settimana seguente l’Intersindacale aveva convocato azioni locali per canalizzare la rabbia, manifestazioni che sono spesso terminate in scontri molto duri con la polizia, con attacchi agli edifici municipali e agli uffici dei deputati della coalizione di Macron, Lrem.
Lunedì 20 marzo la mozione di censura sostenuta da quasi tutti i gruppi di opposizione al governo di Elisabeth Borne è stata respinta per 9 voti e giovedì 23 ha avuto luogo un’altra giornata di manifestazioni unite ad azioni dirette delle masse che è stata un grande risultato: 3,5 milioni in piazza secondo i sindacati, blocchi stradali, interruzione del servizio per diverse ore all’aeroporto Charles de Gaulle e in decine di stazioni ferroviarie, picchetti nelle raffinerie e in altri centri logistici ecc. Il 23 marzo è risultato chiaro che le direzioni sindacali non controllano più tutto il processo di lotta e che l’auto-organizzazione della base dei lavoratori e dei giovani sta avanzando, sebbene con difformità e contraddizioni. I giovani sembrano decisi a entrare in scena e il loro ruolo è importante non solo per ottenere che Borne ritiri o non applichi la riforma, ma anche per un cambiamento più profondo nel Paese. Come dicono molti giovani «se non cambiamo le cose oggi, le cose non cambieranno mai».
Le cause dell’esplosione sociale
La controriforma del governo Borne vuole, tra le altre cose, allungare l’età pensionabile da 62 a 64 anni e allungare il periodo di contribuzione minima. La teoria del governo è che i francesi «devono lavorare di più» per compensare l’indebitamento che lo Stato ha contratto durante la crisi del covid e coprire il deficit strutturale del sistema pensionistico, che questo anno è di 1.800 milioni e che sarà di 13.000 milioni nel 2030. Ovviamente, Borne e Macron nascondono fatti chiave che delegittimerebbero la necessità della controriforma e metterebbero in chiaro che il loro governo ha come priorità gli interessi delle grandi multinazionali francesi. La prima misura di Macron, per esempio, è stata eliminare l’Isf, l’imposta sulle grandi fortune, che si stima fruttasse allo Stato circa 3.000 milioni di euro annui. Inoltre, i principali gruppi imprenditoriali francesi hanno visto un altro anno di profitti record, con 142.000 milioni di euro nel 2022 (156.000 milioni nel 2021). Ricordiamo anche che a dicembre il governo ha votato un aumento astronomico delle spese militari che sarà di 430.000 milioni di euro per il periodo 2022-2030. Il denaro per soddisfare e migliorare le necessità di vita dei lavoratori in Francia c’è ampiamente, quello che manca è un governo dei lavoratori che metta l’economia a loro servizio e sotto il loro controllo.
Al momento, quello che il governo ha ottenuto è unire tutte le confederazioni sindacali, incluse Cfdt e Cftc, che solitamente si accordano con il governo e si oppongono agli scioperi. Di fronte all’indisponibilità del governo a trattare con l’Intersindacale la controriforma, imponendola invece con la forza, le direzioni sindacali si sono viste obbligate dalle loro basi a convocare manifestazioni di protesta. Al contempo, le mobilitazioni attuali stanno unendo il malcontento presente e crescente nella classe lavoratrice, a cominciare dall’inflazione galoppante, che era in media del 6,3% a febbraio 2023, ma del 16% per i prodotti del paniere di base e del 14% per l’energia.
Macron, il pompiere piromane
Macron viene visto sempre più come il presidente dei banchieri, elitario e sconnesso dalla realtà, che si impegna ad imporre le sue controriforme e a cui non importa aver perso l’appoggio popolare. La sua intervista televisiva del 22 marzo, che in teoria avrebbe dovuto cercare di calmare gli animi e disinnescare lo spirito di protesta, ha provocato l’effetto opposto. Da un lato c’era il contenuto del discorso, che è stato duro e incendiario: nessuna apertura per negoziare alcunché della controriforma delle pensioni, dato che è stata applicata in maniera legale e che secondo lui è legittima; menzogne sul ruolo dei sindacati che, secondo lui, non hanno mai fatto delle controproposte (cosa immediatamente smentita da tutti); differenziazione tra il «popolo» che vota e ha legittimità politica e le «masse» che manifestano e intraprendono azioni dirette, comparando queste ultime con i settori di estrema destra che hanno assaltato il Campidoglio il 6 gennaio 2021. Dall’altro, c’è stato il fatto più commentato sui social: mentre Macron difendeva la sua politica sociale verso quanti prendono il salario minimo, ha nascosto le mani sotto il tavolo per togliersi l’orologio di lusso, del valore di più di migliaia di euro, pensando che nessuno se ne sarebbe accorto.
Ovviamente, nell’intervista, il gesto inconscio del presidente di nascondere la mano è stato più esplicito del suo discorso e ha espresso indirettamente quello che pensa dei cittadini, o per meglio dire dei suoi sudditi: che sono una banda di imbecilli che lui può manipolare con la sua retorica ambigua, con il suo uso populista dei social network e con le sue menzogne ( come quella che con la nuova riforma si avrebbe una pensione minima di 1.200 euro al mese... cifra che poi si è scoperto che riceverebbero solo tra 10.000 e 20.000 pensionati massimo...). Tutte manovre e artifici per occultare un esercizio del potere autoritario, quasi monarchico, a favore del capitalismo francese. Oggi solo il 28% dei francesi ha una buona opinione del proprio presidente, e non è un caso se le immagini e le associazioni di Macron con Luigi XVI, il re giustiziato dalla Rivoluzione francese, si moltiplicano nei cortei.
Il ritorno dei vecchi metodi di repressione
Se anche il governo di Borne ha mantenuto una certa cautela nell’azione della polizia durante le prime manifestazioni contro la controriforma organizzate dai sindacati, tutto è cambiato a partire da giovedì 16 marzo. Già nel 2019, in occasione delle proteste dei Gillet gialli, Macron ha riesumato una delle brigate poliziesche più violente, pericolose e odiate in Francia, la polizia motorizzata dei «voltigeurs». Questa forza leggera con due poliziotti su una moto - uno guida e l’altro manganella i manifestanti - era stata creata nel 1969, dopo il Maggio Sessantotto, per rompere le colonne delle manifestazioni dei giovani e inseguire i manifestanti nei vicoli. Venne sciolta nel 1986 dopo la morte dello studente Malik Oussekine che provocò un’ondata di indignazione nel Paese, con cortei che riunirono migliaia di studenti di Francia ed Europa, professori e genitori. Ora, nella sua nuova incarnazione, ribattezzata Brav-m, è tornata a seminare il caos. Ci sono varie denunce sulle lesioni gravi provocate dalla Brav-m in questi ultimi giorni, e una registrazione di una delle sue brigate resa pubblica dai media ha generato un grandissimo scandalo. In questa, i poliziotti si vantavano di «aver rotto molti gomiti e teste» nel corteo e si sentiva che non solo aggredivano un detenuto, ma, addirittura, ridendo, lo minacciavano, dicendo che sarebbe potuto finire in ospedale con l’ambulanza invece di andare in commissariato, e che erano disposti ad andare a dormire con lui a casa sua.
C’è già una petizione pubblica per sciogliere questa brigata, ma il problema non è solo la Brav-m. La polizia nazionale, i Crs (corpi antisommossa) e la gendarmeria dispiegati nelle città e nelle zone rurali sono sempre più violenti. A Nantes sono state presentate denunce contro la polizia per aggressioni sessuali e stupri a manifestanti nel quadro delle mobilitazioni della scorsa settimana. Recentemente, un comandante dei Crs ha affermato di «avere paura che uno dei suoi uomini finisca per uccidere un manifestante». La Commissione nazionale consultiva dei diritti umani e di amnistia internazionale ha di recente fatto sapere che è molto preoccupata per l’azione delle forze di polizia dopo il 16 marzo, dato che sta portando avanti arresti in maniera sommaria e arbitraria, reprimendo in maniera molto violenta e utilizzando la tecnica della «nasse» [«trappola»] per circondare e immobilizzare gruppi di manifestanti, impedendo di fatto il diritto di manifestazione e mettendo a rischio la loro salute.
La lotta operaia si acuisce
Nel pieno della mobilitazione di massa, la lotta della classe operaia si acuisce. I settori più importanti in sciopero sono quelli dei lavoratori petroliferi delle raffinerie, in particolare in Normandia, e i lavoratori della nettezza urbana a Parigi, oltre ai ferrovieri della Sncf e ai dipendenti delle imprese dell’elettricità e del gas. Oggi il 16% dei distributori di benzina in Francia e il 30% di quelle di Parigi hanno problemi di rifornimento e la situazione può peggiorare. Borne ha invitato la polizia a sfondare i picchetti, con fermi di operai per tentare di aprire di nuovo le raffinerie. Se pure la polizia è riuscita a ostacolare parzialmente lo sciopero della raffineria di Gonfreville l’Orcher, finora non ci è riuscita con il principale bastione a Donges, vicino a Nantes. A Gonfreville l’Orcher, l’avanguardia ha organizzato in maniera efficace e impressionante la solidarietà con gli scioperanti, facendo arrivare da tutto il Paese centinaia di militanti per rafforzare i picchetti, battendo così le forze dell’ordine con l’appoggio degli stivatori del porto di Le Havre. Una situazione simile si è data negli inceneritori di rifiuti della regione parigina, anche questi in sciopero, dove i picchetti hanno attratto più di 1.000 attivisti nel picchetto dell’inceneritore di Ivry e sono riusciti a mantenere lo sciopero.
A poco a poco avanza l’auto-organizzazione della base dei lavoratori per rendere gli scioperi in atto efficaci e per porli sotto il controllo dei lavoratori. Si comincia anche a discutere come estendere lo sciopero a più settori. Il principale problema è che le direzioni sindacali, in questo momento, non vogliono organizzare lo sciopero con la base, ma piuttosto cercano di attenuare il caos crescente che hanno generato questi conflitti prolungati nei settori strategici. Di fronte a questo atteggiamento, ci sono settori che cominciano a dichiararsi in «sciopero selvaggio», senza nemmeno rispettare il quadro legale per dichiararlo, come nel caso dei ferrovieri del centro tecnico della Sncf di Châtillon, che hanno ispirato un altro centro ferroviario a Lione.
Le sfide per organizzare la lotta verso una soluzione rivoluzionaria
Ciò che è in gioco oggi in Francia non è più solo il ritiro della controriforma, ma anche l’aumento dei salari, la difesa dei diritti democratici di manifestazione e sciopero, la fine della repressione della polizia e soprattutto la cacciata del governo di Macron, che è sommerso da una grande crisi politica. Di fatto, uno degli slogan più intonate dai lavoratori e dai giovani è: «Grève, Blocage, Macron dégage!» [«Sciopero, blocco, Macron vattene!»]. Ma la lotta da sola, senza organizzazione e direzione, per quanto di massa possa essere nelle piazze, non otterrà questo risultato. E la scommessa di Borne e Macron è precisamente il logoramento e l’esaurimento della classe lavoratrice in lotta. Per questo è centrale appoggiare e sviluppare i processi embrionali di auto-organizzazione e rafforzare gli scioperi del movimento operaio, in particolare del settore industriale, oltre che organizzare la partecipazione dei giovani.
Dall’inizio del movimento ci sono gruppi d’avanguardia, di militanti di sinistra e indipendenti con maggiore coscienza di classe che fin da subito sono stato determinati a lottare. Sono riusciti a mobilitare alcuni settori e si sono trovati nelle piazze e negli scioperi con centinaia di migliaia che lottavano contro la controriforma, dato che i sindacati avevano chiamato la propria base a lottare. Ora è più che mai necessario che questi settori organizzati e più politicizzati giochino un ruolo di avanguardia a fianco della base proletaria e ai giovani che cercano una soluzione reale alla crisi, organizzando la lotta dal basso attraverso la democrazia operaia, privilegiando l’azione diretta delle masse alle azioni avanguardiste e ultrasinistre, pianificando la solidarietà e l’unità delle lotte, incluse quelle dei settori oppressi e di chi combatte la catastrofe climatica ed ecologica. Nella congiuntura attuale bisogna chiedere alle direzioni sindacali la convocazione di uno sciopero generale reale e prolungato, interrompendo la modalità degli scioperi separati di una sola giornata senza un piano per alzare il livello di scontro: questo fa perdere giornate di salario senza aumentare la forza del movimento di sciopero e demoralizza i lavoratori. Queste direzioni continuano ad avere un peso reale nella coscienza dei lavoratori e hanno ancora la capacità di convocare uno sciopero generale: dato il loro ruolo e la loro responsabilità non possono essere ignorate. È necessario anche che i diversi settori in lotta facciano passi in avanti nel coordinamento delle loro azioni, scegliendo delegati per riunirsi in comitati di sciopero nazionali e promuovendo un piano di lotta reale.
Data la brutale repressione della polizia, che ha come obiettivo smobilitare, è centrale porre all’ordine del giorno la necessità di organizzare l’autodifesa dei manifestanti e degli scioperanti, garantendo la partecipazione dei settori di base e la sicurezza delle iniziative e dei cortei. Questo si concretizza con «servizi d’ordine» discussi e votati democraticamente dalla base, con piani concreti per rispondere alle provocazioni e difendersi dagli attacchi della polizia, così come l’organizzazione di gruppi di primo soccorso. È anche necessario realizzare una campagna pubblica contro la repressione, per la difesa dei diritti sociali e politici della classe lavoratrice che il governo vuole eliminare, rivendicando lo scioglimento della Brav-m, la condanna dei poliziotti responsabili di aver provocato lesioni e la fine dell’uso della «nasse» nei cortei e dell’invio della polizia contro i picchetti.
Per avere successo in questi compiti è necessario costruire nel calore delle lotte una organizzazione politica che possa, partendo dall’accumulo di esperienze storiche della classe lavoratrice e da un’attività reale nelle mobilitazioni, fare passi decisivi per risolvere la crisi di direzione rivoluzionaria evidente in questo processo: la Lega internazionale dei lavoratori – Quarta Internazionale in Francia e in tutta Europa si pone al servizio di questo progetto.
Note
(1) Contrat Première Embauche, cioè contratto di primo impiego.