Decreti sicurezza:
tanta propaganda ma nessuna abrogazione!
di Daniele Cofani
Il 5 ottobre il Consiglio dei ministri ha approvato, su proposta del titolare del Viminale Luciana Lamorgese, l’ennesimo decreto in tema di sicurezza e di immigrazione. Le prime dichiarazione di Zingaretti, segretario del Partito democratico, fanno presagire ad una vittoria storica: «cancellati i decreti Salvini», ma la realtà è tutt’altra e come succede ormai dai primi decreti degli anni ’90, la struttura ideologica razzista e repressiva di queste norme non viene mai intaccata e, le varie sfaccettature propagandistiche che caratterizzano ogni cambio di governo, mantengono o peggiorano le condizioni di oppressione e sfruttamento dei lavoratori immigrati come anche dei nativi.
Lamorgese - Salvini: la faccia della stessa medaglia
Molta dell’informazione mainstream, ma non solo, grida al trionfo: in tema di immigrazione parlano di norme cancellate e di ritorno all’accoglienza, mentre sono rare le testate che mettono in evidenza la mancata modifica delle norme liberticidi in tema di sicurezza, ossia del diritto al dissenso e alle pratiche di lotta, norme che rimango integre e pronte per qualsiasi evenienza.
Di recente abbiamo scritto un articolo (1) che spiega come l’imperialismo sia la principale causa che alimenta l’immigrazione di massa, abbiamo inoltre rammendato tutto il percorso storico e politico che ha caratterizzato un susseguirsi di leggi che oggi si sono sintetizzate nella stesura dell’ennesimo decreto sicurezza. Tutto ciò è avvenuto negli ultimi 30 anni con governi di ogni colore. Senza dubbio possiamo dire che le peggiori norme sono state approvate dai governi di centro destra, partendo dalla Bossi-Fini (2002) fino ad arrivare ai decreti Salvini (2018), passando per il pacchetto Maroni (2008), ma l’apripista ci fu con la Turco-Napolitano nel 1998 e il più recente decreto Minniti-Orlando (2017), esecutivo a marca Pd, raccolse in sé, inasprendole, tutte le peggiori norme delle precedenti leggi. Oggi, il decreto della ministra Lamorgese, considerato da tanti progressivo, non fa altro che recepire i rilievi, di natura costituzionale (sic!), fatti dal presidente della repubblica Mattarella al momento della firma del decreto Salvini bis: oltre a non ricondurre la situazione agli anni ’90, non riesce a riportare le norme neanche ai tempi del despota Minniti, confermando nei fatti la struttura portante dei decreti Salvini.
Immigrazione: due passi indietro e uno avanti
Non possiamo che riaffermare che Salvini, a capo del ministero degli interni, abbia espresso la peggiore propaganda razzista in merito al contrasto dell’immigrazione e i suoi decreti, approvati dal governo giallo-verde, ne furono la massima espressione (2). Vediamo di seguito come la ministra Lamorgese ha modificato in minima parte le atroci norme introdotte dal leader del Carroccio.
Permesso umanitario: il primo decreto Salvini aveva revocato questa forma di tutela che concedeva agli immigrati richiedenti asilo politico, un permesso della durata di 2 anni che garantiva assistenza sociale e sanitaria, sostituendolo con dei permessi denominati «sociali» con una durata ridotta e senza la possibilità di poter essere convertiti in permesso di lavoro. Per fare alcuni esempi, potevano essere rilasciati permessi per ragione di salute, per calamità naturali nel Paese di origine, per protezione sociale in caso di violenze e sfruttamento, ecc. Il nuovo decreto andrebbe a ripristinare la protezione internazionale attraverso un permesso denominato di «protezione sociale», che di fatto diventerebbe l’estensione dei permessi per casi speciali introdotti dal primo decreto Salvini, adducendo ulteriori «obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano». Modifica sostanziale sarà la durata (2 anni) e la possibilità di essere convertito in permesso di lavoro, come anche altre tipologie di permesso di soggiorno. Insomma un compromesso tra quello che era il permesso umanitario (T.U. immigrazione 1998) e la revoca salviniana. Nell’articolo 1 del decreto si introduce inoltre un «nuovo principio di non respingimento o rimpatrio verso uno Stato in cui i diritti umani siano violati in maniera sistematica», bene come non essere d’accordo, peccato che questo stesso governo non consideri tale la Libia, Stato con cui ha rinnovato gli accordi di cooperazione, finanziando ulteriormente i campi di prigionia libici, in cui da anni vengono appunto imprigionati, torturati e violentati migliaia di africani subsahariani in fuga dai propri Paesi.
Accoglienza ed integrazione: precedentemente il primo decreto Salvini, era attivo lo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) con cui venivano accolti tutti gli immigrati richiedenti asilo politico; con il depotenziamento avvenuto durante il governo giallo-verde, potevano avere accesso a questo servizio di accoglienza ed integrazione, solo i minori non accompagnati e coloro che erano in possesso di uno dei permessi di soggiorno «speciali» introdotti da Salvini. Con il decreto Lamorgese, viene istituito (cambio nome) il «Sistema di accoglienza ed integrazione» al quale possono aderire gli immigrati che è stato riconosciuto il nuovo permesso di soggiorno di «protezione speciale», di cui una considerevole parte già ne avevano il diritto con il permesso «sociale» di salviniana memoria. Quello che era un servizio assai lontano dalle reali necessità di accoglienza ed integrazione per gli immigrati - lo Sprar - con il nuovo sistema a firma Lamorgese, diviene una versione edulcorata del modello Salvini. In tutto ciò non c’è traccia dei fondi utili al sostentamento di tale servizio, pesantemente tagliati e limitati dal governo giallo-verde. Per quanto riguarda la cittadinanza per residenza o matrimonio, rimane in vigore la possibilità di revoca in caso di determinati «reati eversivi»; inoltre dai 4 anni di attesa per poter fare richiesta, introdotti dal decreto Salvini, si passa a 3, mentre prima ancora ne erano previsti 2. Va ricordato inoltre che in Italia abbiamo in vigore una delle peggiori leggi riguardanti lo Ius soli.
Navi ong: tanti giornali hanno dato rilievo alle modifiche al decreto Salvini bis riguardanti le multe milionarie alle navi Ong impegnate nei salvataggi in mare, ma ci dispiace assopire gli animi dei tanti riformisti che non riescono ad andare oltre le loro opportunistiche analisi. Basti pensare che proprio le e gli attivisti delle Ong sono stati i primi a rappresentare dissenso (3) in merito alle modifiche: «Questo governo ha mantenuto il pregiudizio nei confronti dell’attività di soccorso, altrimenti avrebbe cancellato del tutto le multe alle Ong». A parlare è Giorgia Linardi, la portavoce di Sea Watch, a cui le fa eco Mediterranea Saving Humans APS «si è optato per una modifica, e non per l’abolizione che avrebbe reso più giustizia sulla valutazione sull’obbrobrio culturale e giuridico, che erano quei decreti», entrambe sono organizzazioni molto vicine ma ora deluse da Leu che, con il ministro Speranza e sui parlamentari, sono mesi che continuano ad avvallare leggi e norme repressive e razziste attraverso il loro sostegno al governo. Nel merito le modifiche apportate non vanno ad eliminare il pregiudizio verso l’attività delle Ong, che saranno sempre sottoposte a rischio sanzionatorio dopo processo penale nel caso vengano rilevate delle violazioni: oltre all’eventuale condanna penale potranno essere inflitte ammende comprese tra 10 e 50 mila euro. Nei fatti si mantiene l’impianto secondo il quale chi salva una vita in mare, deve stare attento alle procedure, pena anni di carcere e multe.
Repressione: come prima più di prima
Se ben poco è stato fatto in tema di immigrazione, per quanto riguarda la «sicurezza urbana» non è stata introdotta nessuna modifica che potesse allargare le maglie alle norme liberticide introdotte dai decreti Salvini. Stiamo parlando di quelle norme repressive che hanno criminalizzato le lotte dei movimenti e dei lavoratori in piazza. È rimasta totalmente inalterata tutta la loro struttura repressiva, a partire dalle norme che inaspriscono il reato penale per l’occupazione di terreni o edifici pubblici o privati, con condanne che prevedono fino a 4 anni di reclusione. Rimane totalmente in essere il reato di blocco stradale, prassi di lotta da sempre utilizzata in molte mobilitazioni soprattutto dai lavoratori attraverso i picchetti, in questo caso la condanna varia da 1 a 6 anni, inoltre rimane la reclusione fino a 4 anni per chi usa razzi, fumogeni o petardi durante cortei o manifestazioni. Per fare alcuni esempi, di questa norma ne sono rimasti vittime i pastori sardi, incriminati di blocchi stradali durante la loro dura lotta, ma anche i lavoratori di Italpizza per dei picchetti effettuati fuori il loro stabilimento. In entrambi i casi ci sono decine di lavoratori rinviati a giudizio ma ce ne sono centinaia in tutta Italia in molte altre vertenze. Per finire vengono oltremodo inasprite le norme riguardante il «daspo urbano» concedendo ulteriori poteri ai prefetti in tema di sicurezza (divieto accesso a locali pubblici) e viene introdotta la «norma Willy» con la quale vengono inasprite le pene per coloro che partecipino a risse. Questa ultima norma prende il nome dal ragazzo nero capoverdiano ucciso a sangue a Colleferro durante un’aggressione razzista (4); è evidente l’ipocrisia di questo governo borghese che, come i precedenti, è al servizio di questo sistema putrito che pone le sue basi sulle oppressioni e sullo sfruttamento, ma la nostra risposta alle aggressioni razziste e fasciste non può che essere l’organizzazione dell’autodifesa, come mezzo di tutela anche contro gli attacchi delle forze repressive dello Stato.
Con l’avanzare della crisi del sistema capitalista, è sempre più chiaro il ruolo che ogni schieramento politico va a compiere nel momento in cui vengono chiamati a governare, è ancora di più evidente quando si parla di oppressione e sfruttamento, mezzi di primaria importanza per alimentare il lucro della borghesia a cui prestano servizio. All’interno di questo sistema non potrà mai esistere nessun governo progressista che possa mettere in discussione il razzismo, come anche la repressione della classe dominante nei confronti delle classi subalterne. Per questo è sempre più urgente la costruzione di un Partito rivoluzionario che faccia avanzare le coscienze della classe attraverso un programma transitorio che ci guidi, a partire dalle battaglie di rivendicazioni democratiche, fino alla battaglia più importante per l’abbattimento di questo sistema che ci sta portando verso le barbarie. È quello che stiamo cercando di fare con il Partito di Alternativa Comunista, viene a conoscere il nostro Partito e il nostro programma, contattaci.
(2) Decreto Salvini: sicurezza per chi? - Trotskismo oggi n°14
(4) https://www.partitodialternativacomunista.org/politica/nazionale/willy-il-pestaggio-fino-alla-morte