Crisi internazionale del settore aereo
e dell’industria aeronautica:
qual è la via d’uscita per i lavoratori?
a cura di
Carlos Ordaz - lavoratore Groundforce (Em Luta – Portogallo)
Herbert Claros - operaio Embraer (Pstu – Brasile)
Daniele Cofani - operaio Alitalia (Pdac – Italia)
Dopo anni di forte espansione del trasporto aereo e dell’industria aeronautica, ci troviamo oggi, in piena pandemia da Covid-19, nella più grande crisi che il settore ricordi nella sua storia. Da sempre il comparto aereo-aeronautico deve convivere con crisi indotte non solo da fattori specifici interni, ma anche da fattori esterni, spesso improvvisi e non prevedibili: crisi del prezzo del petrolio, guerre, geopolitica, pandemie, ecc.
Il coronavirus in poche settimane è riuscito a mettere a terra un intero settore, con compagnie aeree che hanno dovuto tagliare fino al 95% del proprio operativo. Va evidenziato che la gestione e la riduzione dei voli non è avvenuta con lo scopo di prevenire e contenere la diffusione del virus, ma sono stati utilizzati solo parametri economici. Insomma il trasporto aereo non si è fermato per contrastare il virus, ma per mancanza di vendita di biglietti, ossia per mancanza di lucro. Questo è avvenuto a causa di forti pressioni da parte dei grandi gruppi internazionali che, dopo aver ritardato il blocco dei voli ad inizio pandemia, oggi ne stanno imponendo la riapertura con limitate precauzioni e senza il distanziamento sugli aerei, facendo diventare il trasporto aereo il maggior velivolo internazionale di diffusione del virus.
In questo contesto è apparso sempre più evidente il ruolo dei governi borghesi (sinistra e destra), come anche il ruolo conciliatorio delle grandi burocrazie sindacali. Nella prima fase i lavoratori sono stati obbligati a lavorare con inadeguati dispositivi di sicurezza, ed ora vengono lasciati a casa in cassaintegrazione (Brasile e Portogallo lay-off, Stato spagnolo Erte) con pesanti tagli salariali. In poche parole i padroni sono esentati dal pagamento degli stipendi mettendo al sicuro i loro capitali, facendo pagare il costo sociale ed economico della crisi alla collettività (tasse dei lavoratori).
La crisi economica è evidente ma si racchiude all’interno di una più generale e ciclica del capitalismo, che questo virus ha solo anticipato e detonato. Riguardo il futuro dei lavoratori del settore aereo-aeronautico, si sta prospettando un futuro drammatico. La Iata (International Air Transport Association) ha stimato che le compagnie aeree, in questo periodo di pandemia, hanno perso 252 miliardi di dollari di ricavo e che nel settore del turismo saranno previsti 25 milioni di licenziamenti, di cui molti tra le compagnie aeree e le società di servizi aeroportuali (Handling). Per quanto riguarda l’industria aeronautica, Airbus ha dichiarato 15 mila licenziamenti, la Boeing oltre 12 mila e la Embraer ha presentato un piano di dimissione volontarie.
Di seguito riportiamo delle testimonianze dirette della situazione del settore aereo-aeronautico, e cercheremo di analizzare e proporre l’unica via di uscita per i lavoratori.
Alitalia: il fallimento della privatizzazione
Fondata dopo la seconda guerra mondiale, per 61 anni è stata di proprietà pubblica con una lunga storia di successi e sviluppo. Nonostante fu privatizzata nel 2009, nei primi anni 2000 ci fu un tentativo fallito di vendita attraverso una fusione con la compagnia di bandiera olandese KLM.
Nel 2004, ci fu un accordo tra Alitalia, governo e burocrazie sindacali per modificare il riassetto proprietario ed azionario, dando il via libera alla privatizzazione con la possibilità ai privati di acquistare quote azionarie della compagnia.
Tra il 2004 e il 2008 furono ridotte la flotta e le attività, soprattutto nella divisione manutenzione, per rendere Alitalia sempre meno competitiva in un mercato del trasporto aereo oramai liberalizzato e indirizzato totalmente verso le privatizzazioni delle compagnie tradizionali e degli aeroporti.
La totale privatizzazione e la perdita del controllo pubblico di Alitalia, avvenne tra il 2008 e il 2009 con 2 differenti governi: nel 2008 iniziò il governo di centro sinistra di Romano Prodi (considerato un governo progressista con la partecipazione di Rifondazione Comunista e Comunisti italiani), e la portò a termine il governo di centro destra di Silvio Berlusconi.
Alitalia privatizzata diventò poco più che una compagnia regionale, fu drasticamente ridotta la flotta e furono licenziati 10000 lavoratori. L’assetto societario vedeva come principale azionista la compagnia franco-olandese AirFrance-KLM (25%) e per il resto la peggiore imprenditoria italiana. Lo Stato italiano, perdendo la proprietà della compagnia di bandiera, perse anche il controllo del flusso dei turisti e delle merci; fu una totale follia per un Paese che vive di turismo ed esportazioni.
Tutte le fasi della privatizzazione Alitalia furono condivise dai vari governi e da tutte le organizzazioni sindacali, ad eccezione della Cub Trasporti.
Dopo alcuni anni, la privatizzazione di Alitalia si dimostrò un totale fallimento: nel 2014 dovette intervenire nuovamente il governo per evitare una bancarotta ma, invece di nazionalizzare Alitalia, il governo del Pd decise di effettuare una seconda privatizzazione vendendo il 49% delle azioni ad Etihad, compagnia aerea degli Emirati arabi; nel passaggio furono licenziati altri 2000 lavoratori. Anche questa privatizzazione fu un disastro totale e nel 2017 fu presentato l’ennesimo piano di tagli al salario e di licenziamenti. Finalmente i lavoratori Alitalia si ribellarono decidendo unitariamente di sostenere una dura lotta guidata dalla Cub Trasporti contro il piano dei padroni e per la nazionalizzazione di Alitalia. Tra febbraio e aprile 2017 ci furono 4 grandi scioperi e ci fu un referendum in cui il 67% dei lavoratori Alitalia bocciarono il piano dei padroni e delle burocrazie sindacali votando NO. Una votazione molto difficile per i lavoratori che avevano contro il governo, e tutte le burocrazie sindacali. Il referendum Alitalia si può considerare una vittoria storica che fece tornare sotto le mani dello Stato la compagnia attraverso una amministrazione straordinaria pubblica.
Nonostante questa vittoria, il governo Conte stava tentando una nuova vendita, finché è arrivato il Covid-19 che, in poche settimane, ha azzerato l’attività dei voli a livello internazionale.
Tale situazione ha obbligato i governi dei diversi Paesi ad investire soldi pubblici per salvare le varie compagnie, chiedendo l’autorizzazione all’Unione europea. Per Alitalia il governo ha chiesto la possibilità di investire 3 miliardi per nazionalizzare la compagnia ma, per avviare tale investimento, dovrà garantire una discontinuità aziendale, ossia una divisione della compagnia in diverse società (Holding). Di fatto il governo italiano si sta disponendo ad utilizzare soldi della collettività per ingannare i lavoratori con una falsa nazionalizzazione, che sarà funzionale a licenziare e a vendere Alitalia al migliore offerente, portando a termine un vecchio progetto che vedrà per la nuova Alitalia un ruolo sempre di più marginale nel contesto del trasporto aereo europeo.
Solo una reale nazionalizzazione sotto il controllo dei lavoratori, conquistata attraverso la lotta, potrà salvare la compagnia da una morte annunciata.
Rinazionalizzare Embraer sotto il controllo dei lavoratori
La vendita della Embraer alla Boeing non si è concretizzata, ma la direzione e gli azionisti della società hanno dato per scontato la riuscita dei negoziati e negli ultimi due anni hanno adottato misure imprudenti per preparare la società ai nordamericani. Hanno interrotto gli investimenti, effettuato licenziamenti, ristrutturazioni, tagli ai costi e abbandonato la realizzazione di nuovi progetti, che hanno prodotto grandi perdite e messo Embraer in una situazione estremamente vulnerabile, che peggiora in uno scenario altamente competitivo.
Ma la mancata vendita di Embraer rivela che i suoi azionisti, per lo più grandi fondi di investimento stranieri, non si preoccupano degli interessi delle masse popolari brasiliane. Non ci hanno pensato due volte a rinunciare al business principale e più dinamico di Embraer, anche se questo avrebbe rappresentato il completo smantellamento della società e la sua distruzione in breve tempo. Nella migliore delle ipotesi, sarebbe stata trasformata in un produttore di componenti di aeromobili.
Questo progetto di smantellamento e de-nazionalizzazione (acquisizione da parte di imprese straniere) della società fa parte di un progetto che è stato applicato dalla direzione della società e dai gruppi di azionisti fin dalla sua privatizzazione. Embraer è stata privatizzata nel 1994 utilizzando la famosa maldicenza neoliberale sulla presunta efficienza del settore privato, che avrebbe anche dovuto essere immune alla corruzione. Infatti, il discorso che le imprese pubbliche e statali sono covi di corruzione è uno dei più utilizzati per difendere le privatizzazioni.
Ma questo è un inganno. Gli ultimi fatti della politica in Brasile dimostrano che gli appaltatori, ad esempio, le grandi aziende e perfino le multinazionali private, hanno corrotto e beneficiato dei grandi piani di corruzione. La stessa Embraer, nel 2016, ha ammesso pratiche illegali con il pagamento di tangenti ed è stata multata dagli Stati Uniti, scaricando il costo dei suoi imbrogli sui lavoratori mediante dei licenziamenti.
Tale efficienza del settore privato è anch’essa una falsità. In relazione alla stessa Embraer, tutti i grandi progetti della società sono stati elaborati quando era ancora di proprietà statale, il denaro pubblico è sempre stato il sostegno della società, anche dopo essere stata privatizzata.
Ora la società sta per ricevere un prestito di oltre 3 miliardi di Reais (moneta brasiliana), il più grande contributo della BNDES (Banca nazionale per lo sviluppo economico e sociale). Sarà un altro salvataggio di denaro pubblico che l'azienda riceve anche dopo la privatizzazione. Tuttavia, i lavoratori sono a rischio di licenziamenti. La società ha avviato un processo di dimissioni volontarie nelle ultime settimane.
In ogni momento di crisi le aziende cercano di far pagare il conto ai lavoratori. Nel 2009, ad esempio, Embraer ha effettuato un licenziamento di massa perché perse del denaro in Borsa. Nel 2016, dopo essere stata multata di 200 milioni di dollari per corruzione dall'agenzia di controllo del mercato immobiliare degli Stati Uniti, Embraer ha istituito un PDV (dimissioni volontarie) che ha tagliato 1.550 posti di lavoro. Ora, la storia si ripete con l'apertura ulteriore di PDV, dopo il fallimento della vendita alla Boeing.
Solo la rinazionalizzazione di Embraer garantirà posti di lavoro e l’indipendenza nazionale del Brasile
Attualmente vi è la necessità di aerei commerciali a corto raggio che potrebbero essere prodotti ed esportati da Embraer in tutto il mondo, o anche mediante la diversificazione della loro produzione, con più sviluppo tecnologico. Tuttavia, nelle mani del settore privato, con la ricerca del profitto rapido, con il saccheggio della proprietà nazionale, si continuerà a indebolire la società, con la sua conseguente distruzione.
Il Brasile ha bisogno di invertire la logica attuale: investire nella ricerca e fermare immediatamente il ciclo di deindustrializzazione, in modo che il paese cessa di essere vittima solo di estrazione ed esportazione di merci, come ai tempi in cui il Brasile era una colonia.
Rinazionalizzare Embraer significa restituire la società nelle mani delle masse popolari brasiliane e indirizzare denaro pubblico verso una società pubblica, al servizio degli interessi popolari e non di una manciata di azionisti stranieri.
Tuttavia, i lavoratori devono anche dibattere su quale tipo di rinazionalizzazione sia necessaria. Difendiamo la rinazionalizzazione di Embraer sotto il controllo dei lavoratori. I lavoratori producono la ricchezza dell'azienda, detengono tutte le conoscenze scientifiche e operative della produzione degli aeroplani. Sono gli unici ad avere un interesse, democraticamente, per prevenire la corruzione, difendere i posti di lavoro e perseguire lo sviluppo scientifico a beneficio degli interessi nazionali.
Il sindacato dei metalmeccanici di São José dos Campos, affiliato alla CSP-Conlutas, ha lanciato una campagna nazionale che ha già raccolto un manifesto con più di 250 firme. Il manifesto per la rinazionalizzazione ha avuto l'adesione di entità, partiti, personalità, giuristi e rimane aperto a più firme. Vogliamo il sostegno di tutti coloro che difendono Embraer pubblica, al servizio delle masse popolari brasiliane e per lo sviluppo del paese.
Inoltre, un disegno di legge per la rinazionalizzazione di Embraer è già stato depositato alla Camera dei deputati, questo è il risultato di un lavoro articolato tra il sindacato e il deputato Orlando Silva (PCdoB). Il progetto è stato sottoscritto da 54 deputati. Il sindacato inoltre ha chiesto al tribunale la destituzione del Consiglio di amministrazione di Embraer, responsabile delle perdite subite dall'impresa e che vuole far pagare ai lavoratori.
La lotta per la rinazionalizzazione di Embraer è per la difesa di migliaia di posti di lavoro, il mantenimento di un’impresa nazionale aeronautica, pubblica, di eccellenza tecnologica, al servizio dello sviluppo economico e sociale nonché a garanzia dell’indipendenza del paese.
Solo una TAP pubblica al 100% può garantire qualità del servizio e occupazione
TAP, come molte compagnie aeree, in particolare quelle dei paesi periferici dell'Unione europea (UE), ha vissuto anni - se non decenni - di incertezza. Nel corso di questi anni, compagnie come la belga Sabena o la svizzera Swissair sono fallite, o sono state assorbite, come Iberia, nel gruppo IAG, dove domina la British Airways. Tutte queste trame hanno un fine comune, finire nelle reti dei tre grandi gruppi: Lufthansa, Air France-KLM e British Airways. Così, come tutte le imprese capitaliste, anche l'aviazione subisce una concentrazione di capitale, lasciando nelle mani di sempre meno aziende la gestione privata di un settore naturalmente pubblico. Tutto ciò è stato un caso? Tutto quello che dobbiamo fare, è solo riflettere su come il settore e le aziende hanno reagito, in piena pandemia, in modo incontrollato senza preoccuparsi dei loro lavoratori e dei loro passeggeri. È stato così all'inizio della pandemia ed è così ora nel cosiddetto ritorno alla normalità.
TAP, una compagnia di bandiera portoghese fondata nel dopoguerra (1945), ha avuto una maggioranza di capitale privato fino al 1974. All'inizio del 1975, nel momento più caldo che ha caratterizzato il processo rivoluzionario portoghese, TAP, come altri settori economici e dei trasporti, è stato nazionalizzata. È dalla sconfitta del processo rivoluzionario alla fine del 1975 che la borghesia vuole riconvertire le nazionalizzazioni. Ed è ciò che è successo, specialmente negli anni '90. Con la passata crisi del 2007-08 e l'imposizione al Portogallo da parte della troika di un piano di rientro per gli aiuti economici da parte del FMI e dalla Banca centrale europea, nuove imprese furono poste in vendita, compresi gli aeroporti e la compagnia di bandiera TAP.
Alla fine del 2015, e dopo che il governo di destra aveva perso legittimità dalla maggioranza parlamentare di sinistra, che in seguito avrebbe formato un governo con il nome amorevole di Geringonça, la destra firmò, in segreto e con urgenza, la privatizzazione della compagnia aerea; un golpe della borghesia a beneficio della borghesia. Il governo “di sinistra” sarebbe entrato in carica alla fine di novembre del 2015 e, nel 2016, presenta in stile trionfale la cosiddetta "inversione" della privatizzazione. Celebrato dai partiti di sinistra e dal sindacato, questo atto non fu altro che l’ennesima operazione cosmetica della borghesia: lo Stato non governava nella compagnia e nonostante avesse il 50% delle azioni, possedeva diritti economici solo del 5% - lo zero non fu escluso, era parte anch’esso della negoziazione.
Oggi possiamo e dobbiamo fare il punto sulle meraviglie di una gestione privata molto pubblicizzata: non hanno realizzato i profitti promessi dal famoso "Piano Strategico", anzi hanno aumentato il debito, scegliendo la via del sovradimensionamento della Compagnia, facendo assorbire gli aeromobili della Azul (compagnia aerea brasiliana di proprietà dell'azionista privato) alla TAP, pagando commissioni come fossero nuovi aeromobili. Ottimo! Nel bilancio della gestione privata negli ultimi anni, è necessario ancora capire come siano state fatte determinate scelte diaboliche e prestiti; a tal fine, è essenziale richiedere una revisione pubblica e indipendente dei conti della società, in cui siano presenti le organizzazioni indipendenti dei lavoratori, al fine di stabilire le responsabilità.
Nonostante ciò, con tutta questa anarchia all’interno della TAP, il governo sta ora decidendo per un prestito di 1,2 miliardi di euro per salvare una società di interesse nazionale. Prestito autorizzato previamente dai veri padroni del Portogallo: i rappresentanti dell’Unione europea. Questo prestito autorizzato dalla matrigna Europa pretende già dei vincoli: riduzione della flotta, delle rotte e dei lavoratori. Questo prestito è stato autorizzato, riconoscendo che la Compagnia prima della pandemia era in crisi. Di chi è la colpa? No, non è stata della gestione pubblica, era una gestione privata!
Questa manovra del governo durante la pandemia continua a garantire la presenza dei privati con il 22,5% (la borghesia nazionale è lasciata a svolgere il ruolo di sopramobile, senza ricevere o investire), indicando che sarà un controllo pubblico transitorio in vista di una riprivatizzazione. È abbastanza chiaro che questa manovra non è affatto una nazionalizzazione. Più chiara non poteva essere la dichiarazione del Presidente della Repubblica, il 16 luglio, al momento di emanare il decreto legge che ha permesso questo aiuto alla società e la sua preparazione per i privati: "a seguito di una trattativa disciplinata dal diritto privato, e deve essere chiarito che è lo stesso diritto privato che si applica alla suddetta acquisizione, il Presidente della Repubblica che, fin dall'inizio, ha escluso la possibilità di nazionalizzazione o di appropriazione mediante strumenti di diritto pubblico, emana oggi [16 luglio 2020] la legge che autorizza il governo ad acquisire partecipazioni, diritti economici e benefici accessori relativi a TAP - Transportes Aéreos Portugueses, SGPS, S.A.".
Pertanto, il controllo pubblico non sarà nell'interesse dei lavoratori, ma dei futuri padroni e della EU e di chi la gestisce. Per coloro che ancora non ci credono, basta vedere il denaro che lo Stato pagherà a Neelman (l'azionista privato uscente) per il suo 22,5% del capitale: 55 milioni di euro, più di 5 volte quello che ha pagato per la compagnia, lasciandogli ancora in piedi fino al 2026 il prestito obbligazionista di 90 milioni, con alla fine interessi inimmaginabili per i nostri conti. Se lo Stato avesse nazionalizzato come doveva la società, l'avrebbe liberata dal fallimento in cui si trovava e non avrebbe dovuto pagare nulla ai privati; con un serio controllo, forse quelli che dovevano pagare di più sarebbero stati loro, ma è già noto che in questa società, a questo punto, avrebbero già i loro conti a nome di madri, zii e nonni nelle Isole Cayman o in Lussemburgo.
Qual è il futuro del settore aereo-aeronautico?
Qui abbiamo riportato tre casi di paesi diversi, ma potrebbero essere tanti altri, in altri paesi o continenti. La pandemia oggi sta camminando in parallelo con una crisi del capitalismo che era già in corso prima e che ha solo accelerato, raggiungendo una grandezza che molti non si aspettavano e che vedono oggi come catastrofica. Tassi di disoccupazione a due cifre negli Stati Uniti, la maggiore potenza mondiale, migliaia di licenziamenti, piani di austerità e disoccupazione non fanno ben sperare per il mondo e per l'umanità. La crisi, una parola quasi omonima al capitalismo, è il risultato di come questo non sappia organizzare e sviluppare la società, come stiamo cerchiamo di dimostrare qui attraverso il settore dell'aviazione. La pandemia ha rivelato come il sistema capitalistico sia in putrefazione portando solo disgrazia, fame, disoccupazione e perdita di diritti, mentre per i capitalisti mantiene intatti i loro profitti.
Per i lavoratori, questa volta, non sarà sufficiente resistere, è necessario andare oltre e passare all'offensiva, chiedendo sicurezza, salute, migliori orari di lavoro e migliori salari. Senza le loro organizzazioni rappresentative, superare il trauma di questa situazione sarà difficile come anche mobilitare coloro che lavorano e conoscono il settore aereo, altrimenti nulla può essere fatto per invertire la stessa logica di beneficio privato a scapito dei lavoratori. Se tornare alla normalità significa tornare alla stessa situazione, sarebbe quindi un ritorno alla disorganizzazione, allo sfruttamento e alla bassa qualità del servizio.
Per tutti questi motivi, riteniamo che il settore aereo-aeronautico, come anche gli altri settori dei trasporti, dovrebbero essere nazionalizzati sotto il controllo dei lavoratori, gli unici che conoscono affondo il proprio lavoro. Se c'è una cosa che questa pandemia ha messo in evidenza, sono gli innumerevoli esempi di lavoratori che si sono dovuti auto-organizzare per garantire che la giornata andasse avanti. L’esempio più grande ci è giunto dai diversi ospedali in tutto il mondo dove, di fronte alla disorganizzazione e al panico, sono stati gli operatori sanitari a prendere il timone della barca e garantire l'assistenza e la salute di tutta la classe operaia.