Brasile: il vero voto utile è il voto per l’indipendenza politica dei
lavoratori e il programma socialista!
Pstu Brasile
La campagna elettorale è iniziata ufficialmente. Non si tratta di una elezione qualsiasi, perché si tiene in uno scenario di aumento della fame, della miseria e della disoccupazione. Questo governo di Bolsonaro è una vera disgrazia che bisogna sconfiggere.
Contrariamente alla propaganda del governo di Bolsonaro, che afferma che l’inflazione sta diminuendo, che l’occupazione sta aumentando e l’economia infine sta decollando, la realtà di tutti i giorni della classe lavoratrice è l’opposto di questa fake news.
Il leggero sollievo dovuto dal taglio dell’Icms [imposta sulla circolazione di merci e servizi, ndt] sui combustibili (miliardi che dovevano essere utilizzati per servizi quali sanità e istruzione) non ha modificato di un millimetro la carestia [dovuta all’impossibilità di comprare gli alimenti per il rialzo vertiginoso dei prezzi, ndt]. Secondo l’ipc (indice dei prezzi al consumatore), a luglio c’è stata una lieve deflazione, ossia una riduzione dell’inflazione, ma solo per chi guadagna più di 9.696 reais [valuta brasiliana, attualmente del valore di 19 centesimi di euro, ndt], meno del 5% della popolazione. E, inoltre, solo fino alle elezioni.
Per il resto della popolazione, ogni ingresso al supermercato è un supplizio, con i prezzi degli alimenti alle stelle. I 600 reais da qui a dicembre [si tratta del sussidio Auxilio Brasil per le famiglie povere, portato da 400 a 600, cioè 155 euro, ndt] non bastano nemmeno per comprare un semplice cesto di alimentari a San Paolo. E, se ciò non bastasse, Bolsonaro ha anche liberalizzato il prestito in conto deposito, che consente alle banche di dare credito, far pagare un occhio della testa di interessi e scontare fino al 40% degli utili.
Dall’altro lato, la disoccupazione è di massa, nascosta dalla precarizzazione e dal lavoro nero, che sono aumentati dopo la riforma del lavoro. La realtà è che più della metà delle persone in età lavorativa è fuori dal mercato del lavoro.
E, nello stesso momento in cui fa populismo elettorale, il governo di Bolsonaro continua a tagliare denaro ai servizi pubblici. Solo quest’anno sono stati tagliati 3,2 miliardi di reais dall’istruzione. La previsione stimata dal ministero di Paulo Guedes [ministro dell’economia], a luglio, è che i tagli arriveranno a 6,7 miliardi di reais. La scorsa settimana, Bolsonaro ha anche posto il veto su un rifinanziamento agli Stati per comprare il pranzo nelle scuole.
Senza combattere il capitalismo non c’è soluzione
Per risolvere la disoccupazione, la fame, la carestia, l’accesso alle case e alla terra, e tutti gli altri problemi storici che affliggono la classe lavoratrice, è necessario attaccare i profitti e le proprietà dei miliardari, espropriare le 100 imprese più grandi e ri-nazionalizzare, sotto il controllo dei lavoratori e delle lavoratrici, le imprese consegnate al capitale privato e internazionale. Questo perché, anche se la classe operaia produce tutta la ricchezza, questa arriva a meno dello 0,1% della popolazione, cioè ai miliardari. Un programma che non metta all’ordine del giorno queste misure non risolverà nulla.
In questo senso, il compito dei lavoratori e dei socialisti è guadagnare il maggior numero di persone possibili per questo progetto. Votare per Lula-Alckmin sembra più facile per sconfiggere Bolsonaro, ma come dice il detto: «se la scorciatoia fosse buona, si chiamerebbe strada». È necessario sconfiggere il sistema capitalista e i ricchi e potenti responsabili dell’arrivo di Bolsonaro e dell’aumento dello sfruttamento e dell’oppressione. Questo non si può fare in alleanza coi ricchi, come propone la formula Lula-Alckmin.
In queste elezioni, il vero voto utile è il voto per la lista di Vera e Raquel Tremembé, un’alternativa operaia, nera, indigena e socialista. Ogni voto per la lista 16 è un passo in più sulla via della sconfitta della destra e della borghesia.
Sconfiggere le minacce golpiste di Bolsonaro
Nel frattempo, Bolsonaro sta facendo un doppio movimento. Mentre approva un pacchetto di misure propagandiste in vista delle elezioni, intensifica le minacce golpiste, convocando manifestazioni per il «7 settembre» [festa dell’indipendenza del Brasile, ndt] e attaccando le urne elettroniche. La sua priorità è vincere le elezioni, ma il suo piano B è avere l’asso della minaccia nella manica. Oltre al clima di permanente intimidazione e ricatto, può tentare qualcosa al Campidoglio degli Stati Uniti [riferimento all’assalto al Campidoglio promosso da Trump nel 2021, ndt], mantenendo mobilitata la sua base di estrema destra.
Ci sono due modi sbagliati di affrontare questa questione. Una è ignorare le minacce e puntare sulla forza delle «istituzioni». Il Tribunale federale supremo (Sft), il Congresso nazionale e le altre istituzioni di questa democrazia dei ricchi non sono state in grado di contenere Bolsonaro fino ad oggi. E non lo saranno ora. Un altro, come fanno settori del Pt, è strillare che siamo alla soglia di un golpe e, contraddittoriamente, chiedono di combattere votando e, peggio ancora, di votare una lista di alleanza con la borghesia, com’è la lista Lula-Alckmin.
La risposta che la classe lavoratrice deve dare alle minacce di Bolsonaro è la mobilitazione, auto-organizzandosi con indipendenza di classe. Questo non è un tema che causi grandi turbamenti tra i lavoratori, che si vedono obbligati a sopravvivere a dure pene, con questa carestia e la disoccupazione.
Nella periferia, poi, non è mai esistito il cosiddetto «Stato democratico di diritto». Per questo non firmiamo lettere in difesa di questa democrazia dei ricchi [il riferimento è alla “Lettera ai brasiliani e alle brasiliane in difesa dello Stato democratico di diritto”, pubblicata dall’Università di San Paolo e su cui vengono raccolte firme in internet, ndt]. Quello che sosteniamo è il socialismo, dove le libertà democratiche saranno molto maggiori che in questa democrazia dell’1%.
Ma è un errore chiudere gli occhi di fronte alle minacce di Bolsonaro. In una dittatura, è la classe operaia quella che più ha da perdere, con la fine del diritto di organizzazione, di lotta e di espressione. La fine delle poche liberà democratiche può impedirci anche di lottare o protestare contro gli attacchi. Ed è la classe operaia quella che può, di fatto, sconfiggere qualsiasi tentativo in questo senso.
Per porre fine alla misera, la soluzione non sono Lula-Alckmin, alleati dei ricchi!
Il Pt ha costruito un fronte ampio con vari settori della borghesia, i partiti del grande centro, l’agrobusiness e il mercato finanziario, attorno a Lula e Alckmin, come alternativa più affidabile e opportunità di stabilità di fronte al bolsonarismo, nel quadro del capitalismo.
Questa è una falsa alternativa. Dal punto di vista della classe lavoratrice, non è possibile risolvere la crisi governando insieme con i banchieri, i grandi impresari e l’agrobusiness. Non è possibile avere un governo che, allo stesso tempo, governi per i lavoratori e per gli impresari. Questo significa sempre, inevitabilmente, togliere diritti ai lavoratori e garantire i profitti dei ricchi. È la via per la demoralizzazione e, dall’altra parte, avremo un’estrema destra più organizzata, armata e pronta a tornare con più forza.