Partito di Alternativa Comunista

Siria: condanniamo il bombardamento imperialista!

Siria: condanniamo
il bombardamento imperialista!
 
 
 
 
Segretariato Internazionale
della Lit-Quarta Internazionale *
 
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Il presidente degli USA, Donald Trump, ha ordinato un attacco missilistico in Siria. La Casa Bianca ha eseguito l'operazione insieme a Francia e Regno Unito. L'attacco ha avuto una portata limitata, quasi simbolica.   
Il Pentagono lo ha presentato come un “colpo di precisione”, circoscritto a tre basi militari e centri di ricerca e produzione di armi chimiche del regime siriano nelle periferie di Damasco e Homs.  
Un centinaio di missili da crociera tomahawk sono stati sparati da navi ed aeroplani da guerra contro quei bersagli ben specifici. Fino ad ora, non ci sono informazioni concrete su vittime civili o militari. La dittatura siriana, che ha avuto diversi giorni per prepararsi contro un eventuale attacco, ha riportato il ferimento di tre persone a Homs. 
La Lit-Qi condanna fermamente l'attacco imperialista in Siria. Sebbene la scusa di Trump e dei suoi alleati europei sia stata la necessità di dare un monito al dittatore siriano dopo l'atroce attacco chimico a Douma, il bombardamento delle forze imperialiste occidentali non ha niente di “umanitario”. È un attacco ad un Paese dipendente e alle masse popolari protagoniste di un processo rivoluzionario. Non ha come obiettivo la rimozione forzata dal potere del sanguinario Bashar Al-Assad, come sostengono i castro-chavisti. No. L'obiettivo politico dei missili è dare una prova di forza e fermezza per negoziare con migliori condizioni qualche formula funzionale a liquidare la rivoluzione e a garantire più stabilità agli affari imperialisti, con o senza Assad. Lo stesso Pentagono ha dichiarato che non intende intervenire nella guerra civile e che il suo obiettivo principale continua ad essere lo Stato Islamico. 
È stato un attacco breve e chirurgico. Non sono stati attaccati Tartus, Latakia, né i principali centri politici e militari nel centro di Damasco. L'attacco non modifica il corso della guerra né mette a rischio il controllo dei due terzi del Paese da parte del regime siriano. Ciò che gli USA vogliono è inviare un messaggio, interno ed esterno, per ricordare che “non sono titubanti” a ora di fare rispettare le “linee rosse”. Mostrandosi “più forti”, possono avanzare meglio lungo il cammino di una “soluzione diplomatica” che includa lo stesso Assad ed il suo padrino, Putin. Lo stesso Trump ieri sera davanti al Congresso ha dichiarato: “il nostro obiettivo è trasmettere una forte dissuasione”. Ed ore dopo ha annunciato: “missione compiuta”. 
Questo è stato l'obiettivo, per niente “umanitario”, del bombardamento. Non esistono interventi imperialisti “umanitari”. Gli USA e tutte le altre potenze mondiali, non avendo consegnato armi pesanti all'opposizione in Siria, nei fatti hanno consentito il massacro perpetrato dal regime siriano, una barbarie che si traduce in mezzo milione di morti e dieci milioni di rifugiati. 
Lo stesso regime siriano, nel condannare l'attacco missilistico, ha affermato che la sua infrastruttura militare non è stata danneggiata nella sostanza e che raddoppierà la sua “lotta contro il terrorismo”. 
La grande domanda verte su cosa faranno Russia e Iran, i principali sostenitori della dittatura siriana. La diplomazia russa aveva avvertito dell'esistenza di un “rischio di guerra” nel caso di un intervento in Siria degli USA. Ebbene, una “guerra” è altamente improbabile. Putin, evidentemente, ha respinto l'attacco. Ha detto inoltre che l'attacco chimico a Douma non è stato altro che una “messinscena” delle fazioni ribelli. Ha accusato Washington di “fare il gioco” dei terroristi e di “aggravare” la catastrofe umanitaria in Siria. Ma non ha annunciato  alcuna rappresaglia. Di più, ha espresso sollievo per il fatto che l'attacco degli USA sia stato contenuto ed abbia evitato con grande attenzione di colpire qualche base o area protetta dalla difesa antiaerea russa, che infatti nemmeno si è attivata. Alcuni specialisti affermano che i russi siano stati avvisati dell'attacco, benché questa versione sia ovviamente negata dagli USA. 
Il regime degli Ayatollah si è espresso nello stesso senso: ripudio del bombardamento e solidarietà ad Assad contro le “minacce straniere” che aiutano il “terrorismo”. 
La molteplicità di attori ed interessi in Siria rende difficile l'analisi. La maggioranza della sinistra, stalinista e castro-chavista, si è allineata senza pudore al dittatore sanguinario Al-Assad contro le masse popolari siriane. Un'altra parte della “sinistra”, più legata alla socialdemocrazia e al neoriformismo europeo, è caduta nella trappola del pacifismo e si è accodata all'ipocrita coro “umanitario” dell'imperialismo. 
Bisogna capire che in Siria da sette anni è in corso un processo rivoluzionario. Quel processo si trova forse nel suo momento più drammatico e difficile, ma non è sconfitto. Le masse popolari siriane, sottoposte a ogni tipo di atrocità e sofferenze, continuano a resistere. Esistono milizie e comitati locali che continuano a lottare, nonostante la politica conciliatrice delle principali direzioni borghesi ribelli, siano “laiche” o “islamiste”, che capitolano completamente all'imperialismo. 
Ciononostante, tanto il regime siriano - che si mantiene in piedi solo grazie a Putin e ai suoi alleati - quanto l'imperialismo sono lontani dal raggiungere il controllo e la stabilità dell'area precedenti al 2011. 
Di fronte a questa rivoluzione esistono due grandi blocchi controrivoluzionari: la banda di Assad-Putin-Iran-Hezbollah, che è disposta a tutto pur di mantenersi al potere e soffocare nel sangue la rivoluzione; e la banda imperialista di USA-Francia-Regno Unito-ONU. 
Entrambi i blocchi, sebbene giustifichino i propri crimini in nome del “popolo siriano”, sono genocidi. Sono i boia delle masse popolari e della rivoluzione. Tanto in Siria come nel resto del mondo, la lotta deve essere contro entrambi i blocchi nemici delle masse popolari siriane. Per questo motivo, noi della Lit-Qi respingiamo gli attacchi di Trump-Macron-May, e allo stesso tempo affermiamo che Al-Assad deve fare la stessa fine di Gheddafi. 
Siamo incondizionatamente con la rivoluzione siriana, è necessario realizzare azioni di solidarietà ed appoggio a questa causa. Bisogna convocare manifestazioni, organizzare l'invio di aiuti umanitari, ed esigere da ogni governo che consegni, senza condizioni, armi pesanti e tecnologia militare ai ribelli affinché possano difendersi dagli attacchi genocidi di Assad. La rivoluzione siriana deve trionfare.
 
* Dal sito della Lit-Quarta Internazionale: www.litci.org
(traduzione dallo spagnolo di Mauro Buccheri)
 
 

 Siria: sette anni di rivoluzione e guerra
 
 

di Fabio Bosco*

Il 18 marzo del 2011, nella città di Deraa, nel sud della Siria, un gruppo di studenti scrisse sui muri della scuola la frase “il popolo vuole la fine del regime”. Questi ragazzi vennero arrestati, torturati e uccisi dalla polizia del dittatore Bashar al-Assad. E quella fu la causa scatenante che avrebbe portato milioni di siriani nelle strade del Paese e all'inizio di una rivoluzione.
La rivoluzione si prefigge di porre fine alla dittatura degli Assad, al potere dal 1970; ma si lotta anche contro la disoccupazione e per condizioni di vita migliori. La popolazione si è organizzata in centinaia di comitati di coordinamento locali che si sono formati in tutto il Paese.
Dopo sei mesi di brutale repressione contro le manifestazioni pacifiche, la classe lavoratrice ha dato inizio alla sua autodifesa. Con migliaia di soldati disertori e di volontari, si sono formate milizie popolari armate in tutta la Siria per rovesciare il regime. Li chiamano ribelli e sono raggruppati sotto la denominazione di Esercito libero siriano (ELS).
Nel 2013 i ribelli avanzarono in tutto il Paese. Per impedire la caduta del dittatore, le milizie libanesi di Hezbollah abbandonarono la lotta contro lo Stato di Israele e invasero la Siria. Anche il gruppo iracheno autodefinitosi Stato islamico (Daesh in arabo) invase il Paese per combattere i ribelli e le milizie curde.
L'Arabia Saudita, il Qatar e la Turchia cominciarono ad agire all'interno della rivoluzione per trasformarla in una guerra religiosa che, in pratica, serve a dividere il popolo siriano e a mantenere il dittatore al potere. Milioni di siriani sono stati costretti a lasciare le loro case. La crisi dei rifugiati ha ripercussioni internazionali.
Nel 2015 furono i russi ad invadere il Paese per salvare il dittatore. Gli aerei da guerra russi, insieme con l'aviazione siriana, bombardarono le zone ribelli giorno e notte, sostenendo di combattere il terrorismo. Villaggi e intere città furono rase al suolo. Mezzo milione di siriani sono morti dall'inizio della rivoluzione, molti dei quali uccisi dalle aviazioni del regime siriano e della Russia.
In quella fase, il governo degli Stati Uniti strinse un accordo con il partito curdo-siriano (Pyd) che guida le Forze democratiche della Siria (Fds). Gli americani mandano armi usando come giustificazione quella di combattere una guerra contro il terrorismo. Il loro vero scopo è controllare la produzione di petrolio ed energia elettrica in Siria.
Nel 2018 il dittatore Assad è ancora al potere, grazie all'invasione del Paese da parte di diverse forze militari straniere: la Russia, gli Stati Uniti, l'Iran, la Turchia, Hezbollah, l'Iraq, lo Stato islamico, oltre all'aviazione israeliana.
L'imperialismo e le potenze internazionali e regionali preferiscono la permanenza al potere del dittatore e dividono il Paese in aree di influenza. Inoltre, la maggior parte dei partiti di sinistra, specialmente quelli legati al chavismo (Venezuela) e al castrismo (Cuba), sostengono il dittatore o rimangono neutrali. In tal modo, ostacolano lo sviluppo di un grande movimento di solidarietà internazionale verso la rivoluzione.
Nonostante questo, la maggioranza della popolazione continua ad opporsi al dittatore e i ribelli controllano l'11% del territorio siriano.
 
Via Assad e tutte le forze militari straniere! Per un governo dei lavoratori siriani, sostenuto dai Comitati di coordinamento locali e dalle milizie ribelli!
I lavoratori siriani affrontano il dittatore e tutte le forze militari straniere che hanno invaso il Paese. Per espellere queste forze straniere e rovesciare la dittatura, i ribelli siriani devono formare un nuovo Comitato di coordinamento nazionale, che unifichi i comitati locali e le milizie ribelli. Quel comitato deve essere indipendente dalle potenze regionali e mondiali, in modo che rappresenti solo gli interessi dei lavoratori siriani.
Inoltre, il comitato deve stringere un'alleanza con la popolazione curda. I curdi odiano il dittatore Assad e combattono per il diritto all'autodeterminazione. Tuttavia, il partito curdo Pyd ha commesso l'errore di allearsi con il dittatore e con gli Stati Uniti. Nessuno di questi difende il diritto all'autodeterminazione dei curdi. Il comitato deve impegnarsi per garantire questo diritto e portare i curdi dalla parte della rivoluzione.
I ribelli devono allearsi anche con i palestinesi. Devono impegnarsi a riprendere la lotta contro l'occupazione israeliana sulle alture del Golan (che appartenevano alla Siria), abbandonate dal dittatore Assad. La Lega Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale (Lit-Qi), organizzazione internazionale di cui il Pstu fa parte, sostiene la rivoluzione siriana e le manifesta solidarietà.
 
Quello che occorre sapere sulla Siria
Ghouta orientale – 400 mila ribelli siriani sono assediati dal dittatore dal 2013. L'aviazione russa e quella siriana bombardano giorno e notte. Solo il 9 febbraio sono morti più di cento civili. L'obiettivo del dittatore è quello di espellere l'intera popolazione verso nord e occupare l'area con nuovi abitanti (siriani, libanesi, iracheni e iraniani). Questo processo di cambiamento demografico forzato si chiama pulizia etnica ed è condannato dal diritto internazionale.
Idlib - Provincia ribelle nel nord del Paese. Subisce anch'essa un intenso attacco da parte delle forze del dittatore Assad. Idlib, Ghouta, Deraa e le aree rurali di Aleppo, Hama e Homs sono controllate dai ribelli. Rappresentano l'11% del territorio siriano.
Afrin - Parte del Rojava. È stata invasa dalla Turchia il 19 gennaio. Il presidente turco Erdogan ha annunciato che, dopo aver preso Afrin, invaderà Manbij, anch'essa sotto il controllo dei curdi-siriani. È possibile che la popolazione curda-siriana sia espulsa verso il lato orientale del fiume Eufrate, in un ulteriore processo di pulizia etnica.
Curdi - i curdi sono una nazionalità oppressa in Siria, Turchia, Iraq e Iran. In Siria costituiscono la maggioranza della popolazione del Rojava, regione composta da Afrin, Kobane (Ayn al-Arabi) e Hasaka, che ha una grande produzione agricola. Il principale partito curdo-siriano è il Pyd. Questo partito reprime i dissidenti e guida le Forze democratiche della Siria, con il sostegno degli Stati Uniti. Il Pyd controlla anche vaste aree in cui i curdi sono una minoranza, come la città di Manbij e la valle del fiume Eufrate. Questa zona è ricca di petrolio e ha la centrale idroelettrica di Tabqa, che produce il 50% di tutta l'energia elettrica del Paese. Questa è la ragione dell'interesse americano.
Guerra per il petrolio - L'aeronautica degli Stati Uniti il 7 febbraio ha annientato un gruppo di 500 soldati mercenari russi che voleva raggiungere un'area petrolifera.
Daesh - Il gruppo iracheno dello Stato islamico controlla le aree rurali nel deserto, vicino al confine iracheno, con la complicità del dittatore siriano e degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti hanno permesso ai leader dello Stato Islamico (Daesh), con le loro famiglie, soldati e armi, di ritirarsi in salvo da Raqqa nell'ottobre 2017.
Palestinesi - La dittatura siriana è sempre stata nemica dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP), guidata da Yasser Arafat. Il dittatore Assad ha sostenuto il massacro dei palestinesi in Libano durante la guerra civile (1975-1990). In Siria, il dittatore ha bombardato Yarmouk, il più grande campo profughi dei palestinesi, con l'obiettivo di espellerli.
Deraa - Città in cui è iniziata la rivoluzione. Si trova al confine con la Giordania. La maggior parte della città è sotto il controllo dei ribelli dell'Esercito libero siriano.
Alture del Golan - territorio siriano occupato dallo Stato di Israele nel 1967. Lo Stato di Israele appoggia la permanenza al potere del dittatore siriano Bashar al-Assad, ma non vuole che il dittatore mantenga il potere in ambito militare né che aiuti le milizie libanesi di Hezbollah o i gruppi iraniani. Per questo, da anni, bombarda, periodicamente e impunemente, magazzini e convogli militari in territorio siriano. Il 10 febbraio il regime siriano ha abbattuto un aereo israeliano che stava bombardando il Paese. È la prima volta che ciò accade.
 
* Pubblicato sul nº 550 di Opinião socialista, periodico del Pstu, sezione brasiliana della Lit-Quarta internazionale. (traduzione dallo spagnolo di Salvo De Lorenzo)
 

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