Partito di Alternativa Comunista

Le elezioni e la crisi reale: a Venezia si sogna ancora

Le elezioni e la crisi reale: a Venezia si sogna ancora…

 

 

di Enrico Pellegrini

 

La crisi avanza inesorabile e non si presenta giorno senza che all’orizzonte non si pronunci la chiusura di qualche fabbrica manifatturiera, la dismissione di qualche impianto siderurgico, la messa in cassa integrazione di lavoratori di intere filiere produttive e la ridiscussione di certi piani di “salvataggio” della chimica a Porto Marghera.
Il quadro è talmente tragico nella sua evidenza che gli stessi attori di un ceto politico oramai alle corde non sanno più che pesci pigliare.

C’è chi rilancia ancora il turismo, noncurante di aver ormai perso molta della credibilità che aveva riposto in questo settore, additandolo come la valvola di sfogo sociale dinanzi alla crisi dell’industria su scala locale.

C’è chi punta ancora sulle potenzialità di sviluppo di una nuova portualità tutta incentrata su logistica e servizi (Paolo Costa: uomo buono per tutte le stagioni) non volendo vedere che la crisi di sovrapproduzione mondiale mette in gioco anche le possibili garanzie che tale ipotetica leva di sviluppo “produttivo” fino a ieri manteneva.

C’è inoltre anche chi punta tutto sulla mini-grande opera locale, la sublagunare, mezzo di accaparramento di nuovi flussi turistici da indirizzare verso la nuova area del business locale: quell’isola del Lido nella quale di recente si sono riversati ingenti capitali per l’acquisizione di quote pesanti nella gestione dei più rinomati alberghi del lungomare D’Annunzio.

Di fronte alle passate svendite dei più bei palazzi della città, delle quote pubbliche dell’aeroporto, degli ospedali, dei musei, del patrimonio immobiliare e del mercimonio di un intero territorio trasformato in terra di conquista emerge la pochezza  imbarazzante di un ceto politico che si prepara alle nuove elezioni.

Si è così trasformato un territorio ed un tessuto sociale e politico e, mentre ogni giorno si odono lanci di alleanze più o meno trasversali tra coalizioni di partito e “idee” programmatiche in perfetto stile bipartisan, la città continua a morire.

Sempre meno abitanti, meno interesse per il suo futuro ed anche un maggior menefreghismo per i vari pendolari che vi lavorano.

Fa sorridere che mentre pezzi della cosiddetta sinistra “radicale” governano la città (esprimendo addirittura un assessore alla “pace”), la stessa giunta conduce una guerra pesante su altri fronti, sulla reale politica di fondo di questo comune fatta di privatizzazioni in ogni settore (culturale, sociale, ambientale, logistico-ricettivo ecc), di svendite continue di immobili e proprietà (a cui dovrebbe rimediare il social Housing!), di delibere favorevoli all’uso spregiudicato della speculazione turistica (mutui ventennali pubblici in infrastrutture a vantaggio di amici albergatori ) e, tanto per citare ancora qualche esempio, di future quotazioni sul mercato azionario di società fornitrici di beni primari di notevole rilevanza (Veritas in testa).

Gli effetti della crisi che avanzano non saranno uno scherzo e nulla potranno dire gli attori di un teatrino che dura da troppo tempo.

Niente hanno detto ieri quando portavano avanti tali progetti di distruzione della città e niente sono in grado di dire oggi se non le solite frasi ad effetto sulla responsabilità e sulla necessità dei sacrifici.

Cacciari ribadiva sui giornali che ci attendono tempi ancor più duri e Riello, Presidente di Confindustria Veneto, asseriva che la crisi poteva esser superata con dei prestiti che i dipendenti pubblici potranno offrire ai cassaintegrati o licenziati delle imprese private.

Siamo alla follia!

Gli stessi che ieri ci spiegavano le virtù della flessibilità sul lavoro e sull’enorme potenziale di sviluppo fieristico, diportistico e commerciale derivante dalle dismissioni di un’intera cintura industriale sono qui oggi a chiederci ancora di credere alle loro ricette dopo aver visto ed “assaggiato” la loro intelligente dote di lungimirante azione politica.

I migliaia di futuri cassaintegrati, licenziati, sottopagati e sfruttati assieme ad intere famiglie che di qui a pochi mesi si ridurranno in condizioni ancor più critiche pretendono altro.

Venezia si candiderà pure per la capitale europea della cultura 2019 ma lo fa all’interno di una cornice sociale mai vissuta nella sua storia.

Occorrono alternative efficaci e concrete, serve una rimessa in discussione seria di idee, valori e culture a cominciare da quei rapporti di produzione economico-sociale che non sono altro che rapporti di proprietà.

C’è la necessità che si creino movimenti reali in tutte le situazioni di crisi e che si cominci a pensare che un sistema in cui il mercato funge da padrone, non è più sostenibile.

Se intere fasce produttive licenziano o chiudono bisogna che si cominci a metterne in discussione le loro reali finalità sociali e si ridiscuta il loro senso di appartenenza rivoluzionando interamente il diritto di proprietà privata di tali mezzi di produzione.

Occorrono inoltre volontà specifiche di coordinamento tra le situazioni di lotta drammatiche che migliaia di lavoratori stanno vivendo da tempo ed azioni di convergenza politica su un totale controllo operaio proveniente dai diversi territori.

Sono ricette semplici ma allo stesso tempo difficili da perseguire senza uno stravolgimento effettivo di un “certo” modo di fare politica.

Gavioli non e’ un’eccezione ma la faccia più dura e diretta di un padronato che cerca spazi di speculazione più remunerativi e sicuri abbandonando un territorio dopo averlo pagato un tozzo di pane e spremuto come un limone.

Altro che sacrifici e senso di responsabilità!

Questa è la vera risposta alla crisi nella quale se non interverranno tali soluzioni, realmente radicali, i costi li pagheremo ancora una volta noi, semplici lavoratori, studenti e pensionati.

Senza alcuna “sinistra radicale” che tenga.

 

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