Partito di Alternativa Comunista

Verso il secondo congresso di Alternativa Comunista

Verso il secondo congresso di

Alternativa Comunista

La crescita nelle lotte di un piccolo ma reale partito di militanti

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E' un partito in cui l'elaborazione delle posizioni è un lavoro collettivo. Questa è senza dubbio una delle caratteristiche del PdAC, che ha compiuto da qualche mese i due anni e ha avviato il percorso verso il Secondo Congresso nazionale.
Due giorni di intensa e appassionata discussione nel Consiglio Nazionale hanno varato quattro testi che saranno nei prossimi mesi discussi e modificati dai militanti e poi definiti dal Congresso nazionale che si svolgerà nel gennaio prossimo.

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I testi e il percorso congressuale

Quattro testi. Primo, le Tesi politiche e programmatiche del partito, cioè un aggiornamento delle Tesi del congresso fondativo riarticolate nella mutata situazione politica e sociale, caratterizzata dalla crisi internazionale del capitalismo, dal conseguente riacutizzarsi del conflitto di classe, dalla crisi storica della socialdemocrazia, che in Italia si intreccia con una crisi congiunturale dei riformisti governisti espulsi, loro malgrado, dai sottoscala del governo. Secondo testo, un documento di analisi della crisi economica internazionale, del suo sviluppo in Italia e dei suoi riflessi sulla lotta di classe. Terzo, un testo sulla fase politica nazionale. Quarto, un aggiornamento dello Statuto, o più precisamente di alcune regole a partire dall'impianto, lasciato immutato, delle norme di un partito che si costruisce sulle basi del centralismo democratico leninista.

I quattro testi, discussi, modificati, e approvati all'unanimità dal Consiglio Nazionale, saranno a breve resi pubblici e quindi ridiscussi nei prossimi mesi dalle Sezioni del partito che eleggeranno a fine anno i delegati per il congresso nazionale.

 

Due anni di vita: la conferma di un metodo

Diversi tra i non pochi nostri avversari e concorrenti politici pronosticavano, due anni fa, pochi mesi di vita al PdAC. Vantavano i propri presunti grandi numeri e ridicolizzavano la nostra taglia (come si ricorderà, è quanto hanno fatto in interviste su giornali e Tv, ad esempio, Pcl e Sinistra Critica ancora nella campagna elettorale per le politiche del 2008); sorridevano della nostra pretesa di costruire un partito di tipo bolscevico, cioè di militanti invece che di iscritti (è quanto facevano, ad esempio, alcuni dirigenti del Prc), rigorosamente delimitato nelle posizioni programmatiche marxiste invece che fondato su tre o quattro punti generici.

Dalla loro parte avevano una visibilità tripla sui mass media (non in virtù di particolari meriti ma solo come conseguenza degli "scandali" giornalistici in cui erano occorsi i loro leader, per quanto riguarda i due gruppi centristi; o per la presenza al governo, per quanto riguarda il Prc). Dalla loro parte avevano ben più ampi mezzi finanziari, derivati spesso dall'aver fruito per anni di eletti nelle istituzioni in quota al Prc.

Ma poi le cose sono andate diversamente. Quel Prc non esiste più: è andato in frantumi e persino il dirigente che incarnava il partito (Bertinotti) ora sostiene un progetto avversario e concorrente, basato sul rifiuto persino del termine comunismo ("parola impronunciabile"). Quanto al Pcl e a Sinistra Critica, le presunte scorciatoie su cui si sono incamminati (organizzazioni lasse, su posizioni genericamente anticapitalistiche o su programmi in "quattro punti" su cui "raggruppare" attivisti animati da progetti spesso assai differenti) si sono rivelate inutili perché, a differenza di quanto dovrebbe fare una scorciatoia, li hanno portati poco lontano dal punto di partenza (o forse anche più indietro).

Quanto a noi, certo continuiamo a essere (come tutti, no?) piccola cosa ma chissà perché la nostra presenza in piazza, nelle assemblee, in ogni ambito non è mai inferiore (spesso è superiore) a quella di organizzazioni che pure continuano a vantarsi di non essere piccoline come noi.

 

Non è un problema di numeri

Non facciamo questo confronto per rassicurarci né per superbia. Siamo ben coscienti della estrema pochezza di ciò che ancora oggi siamo e dei nostri mezzi di fronte ai compiti giganteschi di costruzione di un partito rivoluzionario. Eppure non possiamo che constatare ‑ e non dovremmo essere i soli a farlo ‑ che evidentemente scorciatoie non ce ne sono nella costruzione di un partito comunista che aspira ad avere una influenza di massa. Quel partito non lo siamo oggi noi e non lo sono le altre due principali organizzazioni che come noi hanno scisso da Rifondazione. Non lo sono nemmeno (né per quantità né per posizioni) le due forze che si presentano alle elezioni di giugno attorno a Ferrero o a Vendola.

Noi abbiamo però la pretesa di pensare ‑ e saranno anche in questo caso i fatti a fare la prova ‑ che l'aver adottato il programma e il metodo leninista di costruzione di un partito (tanto su scala nazionale come internazionale) costituisca un punto a nostro favore. Perché si sta dimostrando ancora una volta (non è la prima nella storia) che non è l'immagine né i numeri (di iscritti spesso in larga parte passivi nelle organizzazioni centriste e riformiste) a fare il partito ma la sua organizzazione e il suo programma. Organizzazione e programma che, in determinate condizioni di ascesa delle lotte (come quelle verso cui andiamo incontro anche in Italia), possono moltiplicare piccoli numeri con estrema rapidità se il partito sa stare all'interno di ogni lotta utilizzando un programma transitorio. E' quanto sosteneva Trotsky affermando che "qualche centinaio organizzati valgono più di migliaia disorganizzati".

Costruire un partito di militanti rivoluzionari significa rinunciare ‑ in una fase non rivoluzionaria ‑ ai grandi numeri. E' sempre stato così nella storia del movimento operaio.

Quanto a noi, in due anni abbiamo semplicemente posato una parte delle fondamenta del partito che vogliamo: la gran parte del lavoro è ancora davanti a noi ma ‑ questo è il punto ‑ le fondamenta che abbiamo edificato con tanti sacrifici si stanno rivelando sufficientemente salde e portanti per proseguire con qualche ragionevole speranza che i piani superiori reggano.

Il PdAC dispone di una prima ma preziosa selezione di quadri che, spesso privi di precedenti esperienze politiche (perché giovani e giovanissimi), stanno crescendo e si stanno formando sulle basi del trotskismo in una attività militante all'interno delle lotte politiche e sindacali. Dispone di un giornale, Progetto Comunista, che non ha concorrenti ‑ per regolarità e qualità ‑ in nessun altro giornale dell'estrema sinistra. Dispone di uno dei primi siti (per numero di accessi) della sinistra. Il PdAC è l'unica organizzazione dell'estrema sinistra (e della sinistra in generale) che organizza costantemente e regolarmente una attività di formazione teorica dei propri militanti. Il PdAC si è pienamente integrato nel lavoro internazionale della Lit, in un processo di elaborazione comune, di iniziativa congiunta con le altre Sezioni, a partire da quelle europee. E in questo percorso e dibattito comune si stanno formando dei quadri militanti che hanno una visione d'insieme della politica, non limitata negli angusti confini nazionali.

 

Un congresso aperto

Elencati i punti a nostro favore, emergono con ancora maggiore evidenza i limiti e la distanza enorme che ci separa da quel partito che oggi sarebbe necessario per sviluppare conseguentemente le lotte. Una assenza ‑ quella del partito rivoluzionario in Italia ‑ che risulta ancora più grave in una fase di possibile ascesa delle lotte. Ma al contempo sono proprio le lotte (non è una contraddizione, è la vita reale) che possono costituire il lievito di piccole organizzazioni.

Ecco perché abbiamo scelto di non utilizzare il congresso come momento di mera discussione interna. Il Congresso è certo dibattito e confronto di posizioni ma è anche un momento di raccolta di nuove energie. E' per questo che non sbrighiamo i compiti congressuali in qualche settimana di formalità ma apriamo una lunga campagna congressuale, che si svilupperà fino alla fine dell'autunno, per presentare il nostro programma, la piccola ma viva e vivace realtà che abbiamo costruito e che non è un fine in sé ma è un patrimonio prezioso a disposizione della costruzione del partito rivoluzionario.

Gli interlocutori privilegiati di questa campagna sono le centinaia di compagni e di compagne con cui ogni giorno lavoriamo nelle lotte politiche e sindacali, nei movimenti, in tutte realtà dove siamo presenti.

A ogni militante attivo che si riconosca negli assi fondamentali dei nostri testi programmatici (che non contengono nostre invenzioni ma solo il tentativo di articolare il marxismo rivoluzionario nella realtà attuale) proponiamo di iscriversi in queste settimane al PdAC e di partecipare a pieno titolo al congresso.

Il nostro congresso è aperto a tutti coloro che vogliono provare a costruire il partito nazionale e internazionale per cercare, come diceva Trotsky con una enfasi che non appare eccessiva in questa stagione di crisi, guerre e rivoluzioni, di porre soluzione alla crisi storica dell'umanità, cioè in definitiva alla crisi di direzione del movimento operaio.

Non vi è momento più adatto di questo per provarci.

 

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