LE STRAGI IMPERIALISTE IN
SOMALIA
di Enrica Franco
Distratti dal clima natalizio e dal dibattito sulla pena di
morte a Saddam Hussein in pochi si sono accorti dell'invasione della Somalia da
parte dell'Etiopia e del successivo bombardamento statunitense sui villaggi che
ancora resistevano.
Il movimento pacifista mondiale è rimasto tristemente
sordo al fragore delle bombe sulla popolazione africana, mentre Stati Uniti ed
Europa, anche sotto la copertura dell'Onu, proseguono indisturbati nei loro
disegni di riassetto mondiale.
Soltanto un anno fa le milizie dell'Unione delle Corti
Islamiche conquistavano Mogadiscio grazie al sostegno popolare e scacciavano il
governo fantoccio sostenuto da Usa ed Europa, come risposta il 6 dicembre scorso
il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite vota all'unanimità la risoluzione
presentata dagli Stati Uniti che stabilisce l'invio di truppe di "pace" a
protezione del "governo amico" asserragliato a Baidoa, rivelando inoltre un
misterioso legame tra Unione delle Corti Islamiche e Al Qaeda che
giustificherebbe qualsiasi iniziativa di aggressione. Forti della risoluzione
delle Nazioni Unite il 28 dicembre le truppe etiopiche invadono Mogadiscio.
Dobbiamo ricordare che l'Etiopia e il suo esercito sono
direttamente sovvenzionati dagli Usa, tanto che è uno dei due unici Paesi
africani ad aver preso parte all'occupazione dell'Iraq. Durante l'avanzata
dell'esercito occupante migliaia di somali vengono trucidati, ma i Paesi
imperialisti giustificano il massacro con la fandonia che il "legittimo" governo
debba essere difeso dai terroristi amici di Al Qaeda. Le milizie dell'Unione
delle Corti Islamiche sono così costrette a riparare sui monti, ma la
popolazione continua a resistere e non si fa attendere la risposta americana.
L'8 e il 9 gennaio i villaggi resistenti del sud del Paese vengono bombardati
direttamente dall'aviazione statunitense, ovviamente si dirà "per colpire i
terroristi di Al Qaeda!"
L'iniziativa unilaterale crea una certa
preoccupazione nei Paesi europei, interessati quanto gli americani al controllo
dell'area; l'Italia in particolare, in quanto ex Paese colonizzatore della
Somalia, stava cercando di ritagliarsi un ruolo privilegiato nella vicenda,
tanto che mentre succedeva tutto questo il presidente del parlamento fantoccio
si trovava proprio in Italia a colloquio con la viceministro Patrizia Sentinelli
(di Rifondazione Comunista), la quale ha ribadito l'importanza dell'invio di
truppe Onu nella zona.
Negli stessi giorni il ministro D'Alema supera senza
rancore l'incidente con l'alleato americano, dichiarando che si è trattato di un
"dissenso circoscritto" in quanto i raid, in cui hanno perso la vita centinaia
di persone, sono stati soltanto uno "spiacevole episodio" e l'Onu prontamente
assicura l'invio dell'esercito entro febbraio per aiutare la ritirata
dell'Etiopia e proteggere il nuovo governo.
Nonostante questo enorme dispiegamento di forze la
popolazione continua a resistere e a manifestare il proprio dissenso: ogni
giorno soltanto a Mogadiscio si contano decine di vittime colpite dall'esercito
etiopico durante le manifestazioni di protesta. Diversamente da quanto scrivono
alcuni giornali le truppe occupanti non sono state accolte come truppe di
liberazione e non ci sono donne che ballano per strada perché felici di essere
state liberate dal governo stile talebano, la città è in fermento per tentare di
cacciare gli occupanti e le milizie dell'Unione delle Corti Islamiche si stanno
riorganizzando sui monti: non è affatto escluso che con l'appoggio della
popolazione riescano di nuovo ad entrare in città. Come sta succedendo in Iraq
anche in Somalia la resistenza popolare si potrebbe rivelare molto più dura da
sconfiggere di quanto si augurino americani ed europei.
Il nostro partito sostiene la rivolta popolare contro
l'occupante anche se siamo ben consapevoli che il governo islamico non è la
soluzione ai problemi del Paese africano, è anzi causa di tante oppressioni
sociali. Il sostegno da parte della popolazione all'Unione delle Corti Islamiche
trova la sua spiegazione soprattutto nel profondo dissenso che si era creato
intorno al precedente governo sostenuto dagli Stati Uniti e nel clima di
relativa calma che si è respirato dopo la conquista di Mogadiscio di un anno fa,
ma l'unica reale salvezza per l'intero continente africano è un radicale
cambiamento di sistema: soltanto in una prospettiva socialista le ex colonie
potranno definitivamente essere liberate dalle oppressioni dei Paesi
imperialisti.