Partito di Alternativa Comunista

8 marzo: 1910 - 2010, cento anni di lotta delle donne

8 marzo: 1910 - 2010, cento anni di lotta delle donne
La crisi la paghino i capitalisti!
Appoggio incondizionato alle donne lavoratrici e povere di Haiti!
 

dichiarazione per l'8 marzo
della Lega Internazionale dei Lavoratori 
Quarta Internazionale (Lit-Ci)
Segreteria Internazionale della Donna
 
 
8marzo2010
 
Nel 1910, la Conferenza delle Donne Socialiste, realizzata a Copenhagen, accettò la proposta di Clara Zetkin, dirigente della II Internazionale, di dichiarare l'8 marzo Giornata Internazionale della Donna Lavoratrice. Quel giorno, nel 1857, erano morte bruciate 129 operaie dell'impresa tessile Cotton di New York in un incendio provocato dai padroni come risposta alle rivendicazioni delle lavoratrici.
Così nacque l'8 di marzo, come giorno di lotta della donna lavoratrice e di omaggio alle nostre martiri. Ma negli anni questa data è stata sfigurata dalla borghesia, dalle istituzioni dell'imperialismo e dal riformismo, che la hanno privata del suo carattere di classe, trasformandola in un giorno dedicato a celebrare la "fratellanza delle donne". Così, ogni 8 marzo, l'Onu, i governi, i mezzi di comunicazione e le grandi imprese, fanno ipocriti omaggi alla donna e cercano di farci credere che l'oppressione è cosa del passato, perché oggi le donne sono Ministre, Segretarie di Stato, Giudici, Presidenti.
È falso! Certamente ci sono le Hillary Clinton, le Cristina Kirchner, le Bachelet, le Laura Chinchilla... Ma queste donne non hanno niente a che vedere con noi. Sono le nostre nemiche di classe. I governi che esse dirigono non si differenziano da quelli diretti da uomini: tutti garantiscono che, come 100 anni fa, i capitalisti possano utilizzare l'oppressione della donna per meglio sfruttare l'insieme della classe operaia.
La vera situazione della donna lavoratrice e povera è fornita dalle cifre delle stesse istituzioni imperialiste (Onu, Oil, Unicef, Banca Mondiale). Noi donne siamo il 70% dei 1.300 milioni di poveri assoluti del mondo. Ciò, nonostante che - secondo dati dell'Onu - il lavoro della donna abbia un ruolo di prim'ordine, poiché tra il 50 e l'80% della produzione e commercializzazione di alimenti è nelle nostre mani. A livello lavorativo, si stima che il lavoro domestico non remunerato della donna rappresenta un terzo della produzione economica mondiale (Onu). Delle donne in età lavorativa, solo il 54% ha un impiego fuori di casa, a fronte dell'80% degli uomini (Oil). Le donne svolgono la maggior parte dei lavori mal pagati e meno tutelati (Oil). Guadagnano tra il 20 ed il 30% meno degli uomini (Oil). È aumentato considerevolmente il numero di donne che, legalmente ed illegalmente, emigrano verso diversi Paesi dell'Europa e verso gli Usa alla ricerca di impiego. Le immigrate sono quelle che più soffrono il sovrasfruttamento ed ogni tipo di abusi. A livello di istruzione, due terzi degli 876 milioni di analfabeti del mondo sono donne. A 18 anni le ragazze hanno una media di 4,4 anni in meno di istruzione rispetto agli uomini della stessa età. Dei 121 milioni di bambini non scolarizzati nel mondo, 65 milioni sono bambine (Onu, Unicef).
A livello della sanità, ogni anno muore nel mondo più di mezzo milione di donne in conseguenza della gravidanza e del parto, ciò che è in diretta relazione col livello di povertà. Nei Paesi coloniali e semicoloniali (quelli che una volta venivano chiamati Paesi del Terzo Mondo ed ora noti come Paesi in via di sviluppo), il tasso di mortalità materna è di uno ogni 48 parti. In Paesi europei, come la Spagna, dove il 98% delle donne riceve assistenza durante la gravidanza ed il parto, ne muoiono 3,9 ogni 100.000. Nei Paesi coloniali e semicoloniali, non ricevono assistenza prenatale il 35% delle donne; quasi il 50% partorisce senza assistenza specializzata. Le ultime statistiche indicano che ci sono più donne che uomini contagiate dall'Aids.
Le peggiori condizioni di vita spingeranno sempre di più donne lavoratrici e povere agli aborti clandestini o verso i brutali metodi degli aborti casalinghi. Donne lavoratrici e povere continueranno a morire, mentre le cliniche clandestine guadagnano fortune grazie ad una legislazione repressiva che impedisce di abortire negli ospedali gratuitamente ed in condizioni sanitarie ottimali. Grandi quantità di giovani donne continueranno ad essere condannate a far nascere figli non desiderati che saranno più tardi abbandonati o maltrattati, distruggendo le loro vite e quelle delle madri. Di tutto ciò è particolarmente colpevole la Chiesa cattolica, con la sua ipocrita politica di "difendere la vita". Sono altrettanto responsabili i governi ed i parlamentari che distruggono le condizioni di vita della donna lavoratrice e poi, capitolando alle pressioni della Chiesa e agli interessi dei padroni delle cliniche clandestine, sono contrari alla depenalizzazione dell'aborto.
E questa deplorevole situazione giunge alla sua massima espressione se analizziamo i dati sulla violenza contro la donna. Ogni anno nel mondo, almeno 2 milioni di bambine tra 5 e 10 anni sono vendute e comprate come schiave sessuali. Ogni due ore una donna viene pugnalata, lapidata, strangolata o bruciata viva per "salvare" l'onore della famiglia. Durante i conflitti armati, l'attacco ai diritti umani della donna (assassinio, stupro, schiavitù sessuale e gravidanza forzata) viene utilizzato come arma da guerra. Nel mondo, 135 milioni di bambine e donne hanno subito mutilazioni genitali. La cifra aumenta di due milioni ogni anno. Secondo dati della Banca Mondiale, almeno il 20% delle donne nel mondo ha sofferto maltrattamenti fisici o aggressioni sessuali.  
 
La crisi capitalista mondiale accresce la miseria delle donne lavoratrici e povere
Lo dimostrano, secondo dati ufficiali, i 2 milioni di donne disoccupate in Spagna. Numero di gran lunga maggiore fra le donne della "economia sommersa" (che non compare nelle statistiche), in maggioranza immigrate. A ciò si aggiunge la "riforma" in atto per "affrontare la crisi", con l'aumento dell'età pensionabile, la riduzione della spesa pubblica ed i contratti a tempo parziale, che condannano migliaia di donne alla precarietà. Contro simili attacchi le lavoratrici e i lavoratori greci hanno proclamato lo sciopero generale. E negli Usa l'attacco all'educazione pubblica sta provocando la reazione di lavoratrici e studenti dell'Università della California.
D'altra parte, nei Paesi coloniali e semicoloniali, le donne lavoratrici e povere devono subire pure l'offensiva colonizzatrice dei paesi imperialisti che si intensifica in conseguenza della crisi mondiale. Quest'offensiva si esprime nel saccheggio delle risorse naturali, nella perdita della fertilità della terra per l'aumento delle coltivazioni di soia, nella distruzione della sanità e dell'istruzione pubbliche, nella perdita di sovranità dei loro Paesi.
E così assistiamo in tutto il continente latinoamericano, alla vigilia del bicentenario delle eroiche guerre di indipendenza, a madri di famiglia della classe operaia che si vedono obbligate a lottare in difesa della sanità e dell'istruzione pubbliche, insieme a lavoratori e lavoratrici del settore. A lavoratori e lavoratrici che si scontrano con la criminalizzazione delle loro lotte e la repressione, in alcuni casi ordinata dall'ambasciata yankee, come quella subita dalle lavoratrici dell'alimentazione in Argentina. A donne indigene, in Perù, in Ecuador, che insieme alle loro comunità, devono affrontare la voracità imperialista per difendere l'acqua e l'ecosistema. A donne, in Messico, in America Centrale e nei Caraibi, che sono la manodopera centrale delle maquilas e vittime di precarietà, abusi, insidie e violenze sessuali, mancanza di libertà sindacale, salari da fame, lunghe e spossanti giornate di lavoro ed anche di assassini, come in Ciudad Juárez.  
 
Haiti, massimo esempio dell'offensiva colonizzatrice
Così come Haiti occupata dalle truppe della Minustah (e ora anche da quelle degli Usa) costituisce il massimo esempio dell'offensiva colonizzatrice, così la donna lavoratrice e povera di quel Paese rappresenta l'esempio di sofferenza e lotta che vogliamo riscattare in questo 8 Marzo.
In creolo, la lingua haitiana, si usa la frase "poto mitan" (pilastro centrale) per riferirsi alle donne. Ad Haiti, molte donne sono capofamiglia, responsabili della gestione dell'economia familiare quando gli uomini sono disoccupati o devono emigrare in cerca di lavoro.
Secondo un'indagine realizzata dalla Ong haitiana Kay Fanm, poco prima del terremoto erano state violentate il 72% circa di donne e bambine haitiane e più del 40% era vittima della violenza.
La donna haitiana continua a lottare per la libertà da prima della rivoluzione che nel 1804 conquistò l'indipendenza. A più di due secoli dall'eroica e vittoriosa rivoluzione di schiavi, continua a lottare per i suoi diritti e per la vita, lavorando nell'industria agricola, nelle maquilas e formando la base del commercio e dei mercati locali. Ed oggi affronta la nuova occupazione da parte di 15.000 soldati yankee, la corruzione che impedisce l'aiuto umanitario, ed il traffico di bambini con cui i capitalisti pretendono di lucrare approfittando della tragedia provocata dal terremoto.
Questa è la situazione che la donna lavoratrice haitiana deve affrontare: mancanza di cibo, di acqua, di abitazione, il furto dei figli e le insidie dei militari delle truppe di occupazione. Per questo motivo, nel centenario dell'8 Marzo come Giornata Internazionale della Donna Lavoratrice, facciamo appello alle lavoratrici e ai lavoratori del mondo perché aiutino i nostri fratelli di classe haitiani ed inviino questi aiuti alle organizzazioni operaie, affinché arrivino veramente a chi più ne ha bisogno.  
 
Appoggio incondizionato alle donne lavoratrici e povere di Haiti!  
 
Fuori le truppe di occupazione!  
 
La crisi la paghino i capitalisti e non i lavoratori e le lavoratrici!  
 
No alla precarizzazione del lavoro! Per lavoro e salari degni ed uguali per uomini e donne!  
 
Stop alla violenza contro la donna!
 
Strutture di rifugio in ogni quartiere per le donne vittime di violenza! No alla tratta di persone!  
 
La donna non è una schiava: lavanderie, mense ed asili pubblici e di qualità!  
 
Programma sanitario per la donna: ampio accesso a educazione sessuale e contraccezione!
 
Aborto legale, sicuro e gratuito!  
 
Contro tutte le forme di discriminazione per motivi di razza, etnia, sesso, orientamento sessuale ed età!  
 
Il corpo della donna non è una merce. Contro tutta la pubblicità che vende la donna come un prodotto di consumo!  
 
Ampia campagna di sindacalizzazione delle donne!
 
Lotta ad ogni forma di machismo nei sindacati e negli organismi della classe!  
 
Per la donna lavoratrice non c'è soluzione nel capitalismo. Non c'è liberazione della donna senza il trionfo della rivoluzione socialista e non ci sarà rivoluzione socialista senza l'inclusione della donna lavoratrice nella lotta. Facciamo appello a tutte le donne lavoratrici e povere delle città e delle campagne a lottare, insieme alla nostra classe, per la nostra liberazione e per una società in cui uomini e donne possano vivere liberi e felici, senza nessun tipo di oppressione, sfruttamento e disuguaglianza: la società socialista.    

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