8 marzo, giornata internazionale
della donna lavoratrice
Unire le lotte
contro l’oppressione e lo sfruttamento!
Segreteria Internazionale delle Donne – Lit-Quarta Internazionale
In questa giornata mondiale della
donna, la Lega Internazionale dei Lavoratori estende il suo abbraccio solidale
a tutte le donne che nei diversi continenti portano avanti una lotta quotidiana
contro l’oppressione e contro lo sfruttamento capitalista.
Dedichiamo questa festa alla nostra
compagna Carolina Garzón, dirigente studentesca e giovane militante socialista
del PST della Colombia e della LIT-CI, scomparsa ormai da tre anni nella
Repubblica dell’Ecuador. Malgrado l’intensa campagna per trovarla, ancora non conosciamo
la sua sorte. Alla compagna Sandra Fernándes, anche lei militante socialista
nel PSTU del Brasile e al suo piccolo figlio Cauã, uccisi un anno fa, vittime
della violenza maschilista.
Alle donne curde, che si sono organizzate
in milizie femminili, contribuendo in modo definitivo alla sconfitta
dell'esercito dell’autodenominato Stato islamico – ISIS – nella città siriana
di Kobane.
Alle migliaia di attiviste studentesche,
lavoratrici e insegnanti che sono state protagoniste per alcuni mesi in Messico
delle proteste contro la scomparsa e l'uccisione di 43 futuri insegnanti di
Ayotzinapa, Stato di Guerrero, e che hanno finito per smascherare il governo di
Peña Nieto e lo Stato messicano per la loro collusione con la mafia dei trafficanti.
Alle lavoratrici europee che con quelle
greche alla testa e insieme con i lavoratori stanno portando avanti una lotta
senza tregua contro i durissimi piani di austerità imposti dal capitale
imperialista guidato da una donna: Angela Merkel, cancelliere della Germania.
Alle donne e al popolo turco, che hanno
appena manifestato con mobilitazioni in varie parti del Paese, chiedendo al
governo di Erdogan di porre fine alla violenza maschilista contro le donne,
dopo l'omicidio della giovane di 20 anni, Ozgecan Aslam, che è stata
accoltellata e picchiata a morte per aver resistito a un tentativo di stupro.
L’oppressione: una realtà consistente
Soltanto alcuni anni fa, da parte
delle agenzie internazionali e dei governi capitalisti, delle imprese, delle
istituzioni accademiche, dei ministeri dell'istruzione e della cultura ecc., ci
veniva detto che la "oppressione delle donne" era una cosa del
passato, che il trionfo del capitalismo sul socialismo avrebbe portato fiumi di
latte e miele. Anche una famosa scrittrice latino-americana ha detto che
l'unica rivoluzione riuscita del XX secolo era stata quella della donna.
Infatti le donne nel secolo scorso, grazie a importanti lotte sono riuscite a
progredire nei loro diritti democratici, tuttavia oggi devono riconoscere che
"la discriminazione" contro le donne esiste eccome!
Non possono nascondere la crescita
esponenziale della violenza nelle sue forme più ripugnanti verso le donne, al
punto che proprio l’ONU, organismo delle borghesie imperialiste, ha dovuto
dichiararla come una vera pandemia mondiale. Non possono nascondere che il 70%
dei più poveri del mondo sono donne, non possono ignorare che il 30% delle
gravidanze annuali sono indesiderate e che solo in America Latina, l'aborto
insicuro è responsabile del 17% delle morti materne, la maggioranza giovani
adolescenti e povere.
Non possono nascondere l'esistenza
della disuguaglianza salariale, che non sfugge neanche alla mecca dal cinema.
L'attrice nordamericana Patricia Arquette, vincitrice dell'Oscar come migliore
attrice non protagonista, ha detto nel suo discorso di premiazione:
"adesso è tempo che noi otteniamo una volta per tutte lo stesso salario (come
gli uomini), e gli stessi diritti per le donne negli Stati Uniti
d’America". La realtà nel resto del mondo è ancora peggio. Se questo lo
dice una borghese nordamericana che guadagna 35 milioni di dollari (meno della
metà di quello che ha ricevuto il vincitore dell'Oscar) che diranno i milioni
di lavoratrici che devono sopravvivere con un salario inferiore al minimo nei
paesi del "terzo mondo".
Non possono nascondere il fatto che
le donne lavoratrici sono sottomesse alla doppia giornata. Otto o più ore di
lavoro produttivo giornaliero e per lo meno 4 ore in più di lavoro domestico,
camuffato in quello che ora gli organismi padronali hanno deciso di chiamare
"l’economia dell'Attenzione". Questo lavoro non remunerato e
realizzato dalle donne rappresenta cifre enormi in relazione al Prodotto
Interno Lordo - PIL. In Messico equivaleva nel 2009 al 22,6%, in Uruguay al 30,6%,
in Colombia al 17,2%, solo per citare tre esempi di Paesi dell'America Latina.
Non possono negare che le guerre e
le invasioni promosse proprio dall’ONU, dalla NATO, dagli eserciti imperialisti
e dalle forze di sicurezza, per quanto si nascondano dietro la maschera delle
"azioni umanitarie", trovano nelle donne le loro vittime
privilegiate, trasformando il loro corpo in un trofeo di guerra, in una forma
di sottomissione, obbligandole all’isolamento e alla riduzione in schiavitù,
come sta accadendo in Medio Oriente, Ucraina e Africa.
Non possono negare che la immensa
maggioranza della manodopera femminile è impiegata nel settore dei servizi,
salute, istruzione, lavoro sociale, ristorazione e pulizie, tutti associati ai
“ruoli” che tradizionalmente sono assegnati alle donne come estensione del loro
ruolo di madre e di accuditrice, e che, per esempio, nell’Unione Europea
rappresentano il 69,2% del totale dei lavoratori nel settore pubblico e
soltanto il 38% dell’occupazione totale. Il progresso delle donne nel lavoro
nell’industria differente dalla tessile, dall'elettronica e dall’alimentare, è
molto lontano dal colmare il divario tra uomini e donne.
Essi non possono omettere il fatto –
per altri discorsi che pronunciano sulle virtù della democrazia e dell’inclusione
(ovviamente borghese) – che altri settori, come i neri, gli immigrati, le
diversità sessuali, sono ancora vittime di razzismo, xenofobia e omofobia. Per esempio
ricordiamo le proteste dello scorso anno a Ferguson, Stati Uniti d'America,
contro la violenza razzista della polizia. La politica dell'UE nei confronti
degli immigrati e l'islamofobia guidata da governi e gruppi di ultradestra
negli Stati Uniti e in Europa. O il rifiuto di accettare il matrimonio e
l'adozione da parte di coppie omosessuali.
Per compensare questa realtà
inconfutabile, il capitalismo si vanta dell'avanzamento delle donne in politica
e ci mostra come simboli di empowerment Angela Merkel, i presidenti Cristina
Kirchner, Michelle Bachelet, Dilma Rousseff, ministri e imprenditori di
successo. Di tanto in tanto consegnano un premio a qualche donna dei settori
popolari, grazie al suo enorme sforzo, e che con le politiche ufficiali di
imprenditorialità, è riuscita a creare una piccola microimpresa. Diciamo ad
alta voce che non ci rappresentano! Sono le donne borghesi che applicano i
piani di austerità contro la classe lavoratrice. Non soffrono la doppia
giornata perché pagano un esercito di donne per affrontare il lavoro domestico.
Non soffrono le conseguenze dell’aborto illegale perché assumono medici e
cliniche private.Non soffrono la violenza quotidiana, perché assumono guardie
del corpo che si prendono cura di loro.
La maggior parte dei gruppi
femministi sostiene anche che le donne di tutte le classi dovrebbero unirsi in
una confraternita. Non siamo d'accordo. Con le donne borghesi possiamo fare solo
unità d'azione nei confronti di una o di un’altra rivendicazione democratica,
ma niente di più. La lotta di classe ci mette ogni giorno su lati opposti della
barricata, o forse è possibile che le lavoratrici greche si tengano per mano
con Angela Merkel?
La realtà è che il capitalismo,
invece di portare fiumi di latte e miele, sta approfondendo e utilizzando la
discriminazione, l'oppressione di vasti settori della società per scaricare
sulle spalle della classe lavoratrice sempre più sofferenza e sfruttamento, per
riprendersi dalla crisi profonda che lo attraversa in tutti i campi. Sono state
riattivate, sotto nuove forme, tutte le ideologie religiose, culturali e morali
che sono state sostentamento e legittimità del suo potere, e che i lavoratori con
la loro lotta e mobilitazione avevano respinto durante periodi importanti del
XX secolo.
Oggi i progressi democratici
conquistati, come il diritto all'aborto libero e gratuito, vengono pesantemente
ridotti a partire dagli Stati Uniti, passando per l’Europa e l’America Latina.
Oggi, in Europa, così come negli
anni novanta in America Latina, si stanno attuando pesanti piani di austerità
che azzerano i diritti conquistati dalla classe operaia nel suo insieme, e per
le lavoratrici nel campo delle libertà democratiche e sociali, specifiche della
donna. L'ideologia maschilista è utilizzata per dividere la classe operaia e i
lavoratori, come giustificazione della disoccupazione, licenziamenti e tagli di
bilancio in materia di diritti sociali.
Austerità: sinonimo di guerra sociale
Nessun Paese del mondo capitalista è
sfuggito ai piani di austerità. In alcuni sono stati applicati in modo più
profondo, in altri più lentamente. Il capitale imperialista attraverso i suoi
organismi multilaterali FMI, Troika, OCSE, si è dotato di una politica per
riprendersi dalla crisi economica apertasi nel 2007, producendo dei veri e
propri disastri sociali come ad Haiti e in Grecia.
I lavoratori degli Stati Uniti e dell'Europa
sviluppata non potevano credere che avrebbero potuto essere vittime dei piani
attuati nelle semicolonie dell’America Latina, dell’Asia e dell’Africa.
Un recente rapporto della Lobby
europea delle donne (EWL) sull'impatto delle politiche di austerità in materia
di diritti delle donne afferma: "...le politiche di austerità in Europa,
minano i diritti delle donne, perpetuano le disuguaglianze di genere esistenti,
ne creano di nuovi e ostacolano le prospettive di sviluppo economico... ".
Inoltre i tagli drastici alla spesa
pubblica hanno portato al licenziamento dei lavoratori del settore in cui le donne
sono circa il 70%. Hanno portato a tagli alla spesa sociale che colpiscono i
servizi sanitari e l'istruzione. Hanno ridotto i diritti che tutelano la
maternità come licenze e permessi retribuiti, tagliato gli assegni per i figli,
ridotto i diritti alla pensione, eliminato i programmi per sostenere la cura di
bambini e anziani, e aumentato gli oneri fiscali attraverso l'IVA. Le donne che
ottengono un lavoro sono assunte a ore o a part-time, con salari più precari,
senza beneficiare di prestazioni sociali.
Lottare uniti, combattendo contro le ideologie borghesi
In Spagna, lo scorso anno migliaia
di lavoratori, con le donne in prima linea, per le strade, hanno ottenuto una
grande vittoria. Hanno sconfitto la proposta del governo e del suo ministro
Gallardón, di limitare il diritto all'aborto. Non solo hanno affossato la
legge, ma il ministro ha dovuto anche dimettersi. Questo è il percorso, i
diritti democratici delle donne non sono solo un problema delle donne. E' necessario
che la classe operaia prenda posizione non solo contro lo sfruttamento e
l'austerità, ma anche nella lotta contro tutte le forme di oppressione
capitalista. E' necessario che la classe operaia e le sue organizzazioni mettano
in atto un programma che unisca la classe e tutti i suoi settori. Le ideologie
come il sessismo, la xenofobia, l'omofobia e il razzismo sono pregiudizi che la
borghesia impianta nella società, perché sono funzionali allo sfruttamento
economico e all'oppressione politica. Sono ideologie dannose che dividono e che
mettono in contrapposizione i lavoratori, impedendo loro di lottare per i loro
interessi comuni contro lo sfruttamento capitalistico, impedendo il loro
riconoscimento come classe.
Le donne sono la metà della classe
operaia e nei settori di lavoratori dei servizi, come l’istruzione e la salute,
arrivano a cifre vicine al 70%. La disuguaglianza salariale si esprime qui come
disuguaglianza di tutti i lavoratori del ramo, servendo così come pressione al
ribasso generale dei salari.
I sindacati devono includere le
rivendicazioni del proletariato femminile come l’equità salariale, la cura dei
bambini, i diritti pensionistici, i programmi di assistenza all'infanzia e agli
anziani, la tutela della maternità e la cura condivisa dei figli, le mense
sociali, la socializzazione del lavoro domestico, il diritto di decidere sulla
maternità, il diritto all'aborto libero e gratuito, il diritto all'adozione da
parte di coppie omosessuali.
E’ necessario lottare perché le
donne possano accedere alla direzione nei sindacati e nelle organizzazioni operaie,
fornendo tutti gli strumenti necessari per raggiungere lo scopo. E’ necessario
combattere contro il sessismo e tutte le sue espressioni, contro la violenza
domestica e sociale, contro il concetto della donna come oggetto sessuale.
Lottiamo per il socialismo
Il sistema capitalista offre ai
lavoratori solo crisi e guerre, sfruttamento e oppressione. Mostra il suo vero
volto e conferma che il progetto di "umanizzare il capitale" o
conseguire miglioramenti permanenti senza cambiare rotta, che aumentano la
"democrazia radicale" o il falso socialismo castro-chavista, sono in
sostanza illusioni effimere
Noi, donne socialiste, vogliamo la
rivoluzione! Vogliamo lottare insieme ai nostri fratelli di classe di tutto il
mondo, al di là delle barriere razziali, al di là delle frontiere nazionali per
trasformare il mondo. Ogni conquista, ogni progresso parziale conquistato dalle
donne, dalla classe operaia, dai settori emarginati, è in pericolo fin dal
giorno dopo.
Non c’è nulla di duraturo per i
lavoratori. La logica sfruttatrice del capitalismo sta mettendo in pericolo
tutto il nostro pianeta.
Vogliamo lottare per consegnare alle
generazioni future un mondo migliore. Lottiamo per una società senza
sfruttatori né sfruttati, senza oppressori né oppressi, per una società
socialista, ma non quella del socialismo burocratico e totalitario che ha
costruito lo stalinismo e che ha deformato le gigantesche conquiste ottenute nei
primi anni della Rivoluzione d’Ottobre del 1917, che ha concesso
alle donne diritti che neanche lo Stato capitalista più avanzato è stato in
grado di dare. Né vogliamo come strategia il programma di "riforme del
capitalismo" che oggi professano la maggior parte delle organizzazioni di
sinistra. Lottiamo per le riforme, sì, per i diritti democratici, per le
libertà, ma il nostro percorso è il socialismo. Questo è il nostro grido di
battaglia in questa giornata internazionale della donna lavoratrice, e questo è
il nostro appello agli uomini e alle donne, lavoratori, proletari, oppressi. Lottiamo
per costruire il partito mondiale della rivoluzione per riuscire a realizzare
questo obiettivo.
Viva la giornata internazionale della donna lavoratrice!
(traduzione di Laura Sguazzabia dall'originale in spagnolo)