Spagna 1937: l'esito
tragico di una rivoluzione
Guerra
civile spagnola e politica dei fronti popolari
Ruggero
Mantovani
La
rivoluzione che a metà degli anni Trenta si sviluppò in Spagna, se da un lato è
riconducibile ad un movimento operaio e contadino che seppe coniugare la lotta
al fascismo con la rivoluzione proletaria, dall'altro s'intreccia con la crisi
della direzione politica del proletariato internazionale, che vide la
burocrazia staliniana passare dal "centrismo burocratico"
(consolidatosi attraverso la dissoluzione delle strutture operaie dello Stato
rivoluzionario e la repressione dell'opposizione di sinistra in seno alla III
Internazionale Comunista), al "riformismo contro-rivoluzionario",
espresso con la politica dei "fronti popolari", che tagliò le ali ad
una rivoluzione nata nel cuore dell'Europa imperialistica.
Il quadro
sociale e politico della Spagna e la necessità della rivoluzione proletaria
A
metà degli anni Trenta la
Spagna era, ad eccezione della Catalogna e dei Paesi Baschi,
essenzialmente un paese agricolo. La sua economia, caratterizzata dalla
proprietà latifondista della terra, destinava ai contadini poveri piccoli
appezzamenti da utilizzare per la loro sopravvivenza. Una struttura semi-feudale
dell'economia che produceva effetti tragici per il proletariato: analfabetismo,
mortalità infantile e un reddito pro capite tra i più bassi d'Europa. Proprio
in quegli anni, Trotsky, prevedendo la politica di fronte popolare imposta
dallo stalinismo, ammoniva che "la catena del capitalismo minacciava di
rompersi di nuovo nel suo anello più debole: è la volta della Spagna. Il
movimento rivoluzionario si sviluppa in questo paese con una forza tale da
togliere in anticipo alla reazione mondiale la possibilità di credere al
ristabilimento dell'ordine nella penisola iberica (...). Attualmente è
impossibile una rivoluzione contadina al di fuori della rivoluzione proletaria
(...). Ma lungi dal contrapporre la rivoluzione operaia e contadina alla
rivoluzione proletaria, le assimiliamo l'una all'altra. È il solo modo di porre
la questione come si conviene (...). Non è il potere borghese che si trasforma
per ipertrofia in potere operaio e contadino e, successivamente, proletario;
no, il potere di una classe non si trasforma nel potere di un'altra classe, lo
si deve strappare con le armi in mano. Ma dopo che la classe operaia ha
conquistato il potere, i compiti democratici del regime proletario si estendono
inevitabilmente sino a divenire compiti socialisti. Il passaggio organico, e
per evoluzione, dalla democrazia al socialismo è possibile solo sotto la
dittatura del proletariato. Ecco l'idea centrale di Lenin. Gli epigoni hanno
snaturato tutto questo, hanno confuso tutto, tutto falsificato e oggi
avvelenano con le loro false idee la coscienza del proletariato internazionale"[1].
La
struttura dell'economia spagnola incise inevitabilmente sulla stessa
composizione delle classi sociali: se da un lato i possidenti si insediarono
nelle principali istituzioni sociali, tant'è che i rampolli della borghesia
intraprendevano spesso la carriera clericale e militare, dall'altro il
movimento operaio e contadino fu egemonizzato dagli anarchici organizzati nella
Fai (Federación Anarquista Iberica) che costituiva la direzione politica della
più imponente confederazione sindacale: la Cnt ( Confederación nacional del trabajo). Oltre
alla Fai, in Spagna si sviluppò il partito socialista (Psoe) che a sua volta
aveva la sua centrale sindacale nella Ugt (Unión General de los Trabajadores)
con 200.000 iscritti. Il rifiuto di aderire alle "21 condizioni"
della III Internazionale produsse la scissione dei comunisti, da cui nacque il
Pce. A sinistra, poi, del Pce, nel 1935 nasceva il Poum (Partito Obrero de
Unificacion Marxista), frutto di due scissioni dal Pce: quella guidata da
Andreu Nin (ex capo dell'Opposizione di sinistra) che aveva rotto con Trotsky,
e Maurin che lasciò il Pce, poiché contrario al settarismo del terzo periodo
espresso dalla III Internazionale.
Gli avvenimenti
Nel
1931 le sinistre repubblicane vincevano le elezioni politiche in molte
municipalità della Spagna governata dal re Alfonso XIII, determinando la
disfatta della monarchia che, costretta dagli eventi, abbandonò il Paese. La
nuova struttura repubblicana fece emergere, nel movimento operaio spagnolo,
legittime attese di cambiamento: un grande entusiasmo riscosse, ad esempio, la
nuova costituzione. Ma come spesso è accaduto nella storia moderna e
contemporanea, le costituzioni espresse dalla borghesia liberale sono state la
cornice formale e il tratto ordinamentale con cui i gruppi dominanti hanno
sistematicamente tentato di mascherare il conflitto di classe.
Al
di là dei camuffamenti normativi, i governi della borghesia spagnola
espressero, nei primi anni Trenta, misure legislative organicamente
antioperaie: si pensi, ad esempio, alle leggi denominate "in difesa della
Repubblica", con cui vennero intaccati i principali diritti dei
lavoratori, ad iniziare dal diritto di sciopero, definendo, ad esempio, "atti
di aggressione" gli scioperi non concordati otto giorni prima con le
istituzioni.
Una
politica antipopolare che si espresse, nel gennaio 1933, con uno spietato
massacro di scioperanti a Casas Viejas messo in atto dalla vecchia Guardia
Civil che, avvalendosi della spietata Guardia d'Assalto, di lì a poco divenne
il braccio armato della borghesia spagnola. La politica liberticida contro il
movimento operaio e contadino costituì il principale motivo del disfacimento
del governo repubblicano ma, al contempo, mise ben in evidenza la crisi di
direzione dei partiti operai: sconforto e disorientamento favorirono l'ascesa
della destra e l'inizio di quello che passò alla storia come il "Biennio
Negro".
Nel
novembre del 1933 alle elezioni delle Cortes la destra prevalse e Lerroux formò
un governo composto da radicali e una confederazione delle destre (Ceda), il
cui leader Gil Robles, nella Spagna prefranchista, si ritagliò un ruolo
centrale nella mediazione degli interessi, spesso contrapposti, espressi dal
latifondismo e dal capitalismo industriale. Ma la vittoria della destra, lungi
dall'arrestare le mobilitazioni, coincise con l'avvio di un ciclo di lotte più
radicali, di cui i minatori delle Asturie furono i protagonisti. La reazione
dell'esercito non si fece attendere: malgrado un'eroica resistenza delle
milizie operaie, il governo realizzò spietate repressioni (guidate dalla
sanguinosa Legione Straniera con un ruolo centrale del generale Francisco
Franco), che lasciò sul campo circa 3.000 proletari morti e migliaia di
arrestati. In particolare nel 1934-35 in Spagna si realizzò un fenomeno simile a
quello austriaco: una fascistizzazione del Paese in assenza di un formale
regime fascista.
La
mancanza di una direzione conseguentemente marxista dei partiti operai fece
emergere l'inadeguatezza delle burocrazie centriste e riformiste a porre un
argine politico all'ascesa liberticida delle destre: paradossalmente, il
governo entrò in crisi nel febbraio del 1936, non sotto la pressione della
sinistra spagnola, ma a seguito di uno scandalo finanziario che travolse il
Ministro Lerroux, imponendo nuove elezioni politiche.
Il
15 gennaio del 1936 i partiti operai (Partito comunista, Poum e Partito
Sindacalista), sottoscrissero con i due partiti repubblicani (l'Unione
Repubblicana e la Sinistra
repubblicana di Azana) un programma comune per le elezioni delle Cortes. I
partiti repubblicani, malgrado ridotti a "fantasmi della borghesia"
(così li definiva Trotsky), da quella coalizione uscirono profondamente
rafforzati. Furono i partiti della borghesia liberale, in definitiva, a
stendere il programma del "fronte popolare", un programma tutto
arroccato a difesa della proprietà privata e della rendita agraria, che, al di
là della promesse di una maggiore razionalizzazione della gestione delle
istituzioni pubbliche nel campo delle finanze e delle municipalità, escludeva
qualsiasi ipotesi di nazionalizzazione delle terre e del controllo operaio sul
capitale industriale.
Il fronte
popolare e il golpe franchista
Nel
febbraio del 1936, la coalizione espressa dal Fronte Popolare ebbe la meglio
sulla destra, anche grazie alla posizione assunta dagli anarchici organizzati
nella Fai, i quali, benché avvezzi al boicottaggio elettorale, pur non
partecipando alle elezioni, diedero indicazione di voto per le sinistre
spagnole, permettendo, di conseguenza, la vittoria del Fronte Popolare. All'indomani
delle elezioni, si formò un esecutivo composto da radicali e repubblicani con
l'appoggio esterno dei partiti del movimento operaio: Casares Quiroga fu eletto
primo ministro e Azana (leader della sinistra repubblicana) divenne Presidente
della Repubblica subentrando ad Alcala Zamora.
La
burocrazia staliniana, dal canto suo, incoraggiò la politica di "fronte
popolare" sia in Spagna e sia in Francia, tentando di teorizzare un
fantomatico, quanto incomprensibile, "fronte unico di allargamento
proletario". Ma, al di là della fuorviante concezione staliniana sul
fronte unico e le pericolose illusioni coltivate dai partiti della sinistra
spagnola, il movimento operaio riavviò un ciclo di lotte più radicali arrivando
a liberare manu militari i
prigionieri delle Asturie: in particolare, i contadini, non vedendo né
annunciata né tanto meno realizzata una riforma agraria contro il latifondismo,
occuparono le terre, dimostrando che solo il proletariato organizzato poteva
risolvere i problemi che assillavano le classi subalterne spagnole. Un
protagonismo del movimento operaio e contadino a cui la borghesia guardò da
subito con grande preoccupazione, al punto di sostenere il golpe preparato, tra
l'altro pubblicamente, da un gruppo di generali con a capo Francisco Franco: un
golpe che si avvalse della complicità del fascismo italiano, tedesco, oltre che
della Chiesa cattolica, ossessionata dal viscerale anticlericalismo che
caratterizzava il movimento operaio spagnolo.
Il
putsch venne realizzato con
sanguinosi massacri in particolari ad opera dei mercenari assoldati tra le
truppe marocchine (i terribili "moros"), che si vendicarono
crudelmente delle violenze subite durante la dominazione coloniale: una
politica, quella coloniale, tra l'altro, mai messa in discussione dal governo
di "fronte popolare".
Il
17 luglio del 1936 Francisco Franco realizzava il golpe, ma, tra il 19 ed il 20
dello stesso mese, in molte località della Spagna le avanguardie operaie e
contadine decisero di passare alle armi: a Barcellona, Guadalajara, Toleda
Cuenca nascevano organismi di autogoverno operaio e contadino (i consigli), con
vere e proprie milizie armate. Organismi di potere proletario che si
contrapponevano al democraticismo borghese del governo espresso dal
"fronte popolare", il quale, sperando di trovare un accordo con i
generali, minimizzava il golpe rifiutando di consegnare le armi alle milizie
operaie, le uniche che, con azioni di guerriglia, avevano (malgrado le enormi
perdite di vite umane) dimostrato di poter vincere la reazione golpista.
Ma
le direzioni delle organizzazioni operaie - Poum e Fai comprese - erano, seppur
in forme differenti, bloccate dal rapporto con il governo: una dipendenza
politica dalla borghesia liberale che rese impossibile una direzione autonoma
del movimento operaio; l'unica che avrebbe permesso di vincere la reazione
golpista e realizzare una rivoluzione che avrebbe sconvolto l'Europa
imperialista e la stessa burocrazia staliniana.
L'opportunismo
espresso dalle direzioni dei partiti operai vide Trotsky, in controtendenza a
tutte le direzioni del movimento operaio internazionale, attaccare duramente le
"illusioni" sul governo di fronte popolare, ricordando come l'esempio
più alto di Fronte Popolare si ebbe con la rivoluzione di febbraio del 1917 ..."
e come all'alleanza con il partito cadetto i bolscevichi contrapposero "un
vero e proprio governo operaio e contadino"; ed ammoniva a porre "la
borghesia fuori dal Fonte Popolare (Lettera
al Partito socialista rivoluzionario, Belgio, luglio 1936).
La
collaborazione di classe con la borghesia rappresentò, in definitiva, un
gravissimo errore: la borghesia liberale, legata al capitalismo industriale,
aveva, nelle specifica condizione della Spagna, necessità di costruire un
proprio Stato, simile a quello dei Paesi capitalistici più avanzati; ma,
trovandosi a fronteggiare sia la reazione dei latifondisti (ben rappresentati
dal generale Franco), sia il movimento operaio (che con le sue lotte radicali
metteva a rischio l'organizzazione capitalistica dell'economia), ritenne di
inglobare la direzione del movimento di massa, assegnando, non a caso,
l'esecutivo a Caballero, storico rappresentante della sinistra del Psoe, che,
malgrado le sue ambiguità (sul finire degli anni Venti era stato consigliere
del dittatore Primo de Rivera), aveva lealmente solidarizzato con gli insorti
delle Asturie, pagando la sua scelta, come d'altronde decine di migliaia di
proletari, con il carcere.
La comune di
Barcellona
Un
secondo momento significativo della guerra civile spagnola è senz'altro quello
compreso tra settembre 1936 e maggio 1937: dalla formazione alla caduta del
governo Caballero. L'Urss, dopo non poche esitazioni, inviava in Spagna armi
per combattere Franco. In verità, la burocrazia mandava meno armi di quanto
realmente ne servissero e con una discutibile efficacia: non è un caso che i
vecchi fucili che implodevano dopo qualche sparo erano destinati alle milizie
non controllate dagli stalinisti. La situazione, nel 1937, mostrava ancora una
grande potenzialità per la guerra rivoluzionaria in Spagna: i militanti
internazionalisti che giunsero da tutto il mondo, oltre ad imbracciare i
fucili, spesso inutilizzabili, avviarono una propaganda politica tra i
proletari "in camicia nera": il risultato fu straordinario oltre a
conquistare Guadalajara, moltissime di quelle "camicie nere" si
arresero senza sparare neppure un colpo di fucile.
Ma,
in controtendenza ai sentimenti di molti militanti internazionalisti e delle
milizie operaie, il secondo esecutivo del governo di "fronte popolare",
sostenuto da repubblicani, comunisti, anarchici e Poum (quest'ultimo ne fu
escluso nel dicembre 1936), prese misure che lo fecero entrare in rotta di
collisione con il movimento di massa: negazione delle collettivizzazioni nate dalle
insurrezioni popolari, rifiuto di concessioni alle rivendicazioni anticoloniali
del proletariato marocchino, trasformazione- in combutta con i vertici del
Cremlino e del Pce - delle milizie operaie in un esercito a disciplina
borghese. D'altra parte l'influenza dello stalinismo spagnolo era
obbiettivamente amplificata dal peso internazionale dell'Urss, ma anche
dall'apporto di molti militanti che provenivano da tutto il mondo per
combattere nelle Brigate internazionali.
In
queste condizioni lo scontro nello schieramento antifranchista fu inevitabile. Nella
primavera del 1937 il governo di "fronte popolare" mostrò chiaramente
la sua natura di classe: Negrin, socialista di destra sostenuto e voluto dagli
stalinisti (succeduto a Caballero), sostituì, ai confini della Catalogna, le
guardie anarchiche con militari fedeli al governo, causando inevitabilmente
scontri armati; nei confronti di Cnt-Fai e Poum avviava una campagna
diffamatoria che, in linea alla peggior invettiva staliniana, definì queste
organizzazioni "la quinta colonna del fascismo", mettendo, tra
l'altro, al bando i loro organi di stampa e radiotelefonici; dichiarò illegale
l'uso delle armi, ovviamente per i dissidenti del "fronte popolare",
dando vita ad una sanguinosa repressione delle milizie operaie.
L'evento
più significativo del 1937 è sicuramente quello che passerà alla storia come la
"rivolta di Barcellona": la legittima resistenza dei consigli operai
armati, che fin dal luglio 1936 occuparono e fecero funzionare la centrale
elettrica, contro i continui tentativi di allontanarli con l'uso della forza da
parte della polizia del governo di fronte popolare (Asaltos), in cui erano
presenti ufficiali staliniani. Malgrado un'eroica resistenza e le barricate
erette in tutta la città, con la
Cnt-Fai e il Poum incapaci di una reale direzione delle
lotte, gli operai in rivolta contro il governo furono repressi duramente nel
sangue. Dopo la mattanza a Barcellona iniziò una dura repressione staliniana.
Gli
anarchici Berneri e Barbieri furono uccisi e grazie a Negrin iniziò la caccia
agli anarchici non governativi e ai "trotskisti". I principali
dirigenti del Poum vennero arrestati: Andreu Nin scomparse in un carcere
clandestino staliniano; altri dirigenti furono condannati a morte per alto
tradimento; il Gruppo bolscevico-leninista legato a Trotsky venne polverizzato
con l'accusa di aver assassinato un agente della Gpu. A quel punto l'avanzata
franchista fu inarrestabile: nel giugno 1937 cadde Bilbao, nel febbraio 1938
l'Aragona, nel 1939 fu la disfatta per Barcellona. Nel marzo del 1939 il
colonnello Casado e il generale Miaja, i socialisti di destra Besteiro e
Welceslao e l'anarchico Cipriano Mera, realizzarono una giunta che escluse i
comunisti, tentando di trattare con Franco una resa. Ma il 31 Marzo 1939
Franco, ormai vittorioso, non accettò nessun compromesso con ciò che rimaneva
del fronte popolare e diede l'avvio al regime fascista spagnolo.
Conclusioni
L'esperienza
spagnola non è stata il frutto di errori contingenti e imprevedibili. Al
contrario, essa è la rappresentazione autentica della linea politica seguita
dal Comintern, riproposta in Francia e qualche anno dopo - nello spirito di
Yalta - durante la resistenza, in Italia e in Grecia. In tutte queste
esperienze si svilupparono straordinari movimenti di massa, dimostrando che
solo la lotta rivoluzionaria per il socialismo avrebbe sconfitto la reazione. Il
fronte popolare spagnolo è stato, da questo versante, il prodotto politico più
aberrante della linea controrivoluzionaria della burocrazia moscovita: non solo
per la particolare crudeltà con cui venne repressa la rivoluzione, ma
soprattutto perchè quella rivoluzione avrebbe incendiato l'Europa occidentale,
riattualizzando la necessità della rivoluzione in Europa come preludio della
rivoluzione mondiale.
La
tragedia spagnola ha messo ben in evidenza che malgrado gli eroici tentativi
del proletariato, mancò una direzione rivoluzionaria: mancò un partito
autenticamente marxista capace di mantenere la barra dell'autonomia dalla
borghesia e risolvere il dualismo di potere (governo di fronte popolare da un
lato e consigli operai e contadini dall'altro) nella prospettiva di assegnare
tutto il potere ai soviet. Il tentativo sistematico da parte stalinista e
riformista, di eliminare nella memoria storica del proletariato la disastrosa
tattica dei fronti popolari in tutti i Paesi dove è stata perseguita, conferma
ancora una volta che il compromesso di classe fra gli "agenti della
borghesia" nel movimento operaio, di ieri e di oggi, e la borghesia
liberale ha costantemente generato grandi sconfitte per la classe operaia
internazionale e che in assenza di una prospettiva socialista il proletariato
rimarrà costretto nelle catene della barberie del capitalismo.
[1] L. Trotsky, La rivoluzione spagnola e i compiti dei comunisti, in Lev Trotsky, Scritti 1929-1936, Milano, Mondadori,
1970.